Donat-Cattin si difende di Arrigo Levi

Donat-Cattin si difende LA "tassa pinixon" la nostra congiuntura Donat-Cattin si difende Riceviamo dal ministro del Lavoro, Carlo Donat-Cattin, la seguente lettera, che volentieri pub. buchiamo: Egregio Direttore, voglia perdonare se ho tardato qualche giorno per una nuova replica ad Arrigo Levi sulla questione delle ripercussioni occupazionali in Italia delle misure monetarie e commerciali americane, ma 11 tempo libero è diventato un desiderio che mi riesce raramente di soddisfare. Voglio parlare, in primo luogo, dell'errore nel quale avrebbe amato sorprendermi la segreta vocazione di Levi a calcare sul rogito la matita blu dell'insegnante di liceo. L'errore consisterebbe nell'avere citato — dal rapporto Cee del 15 settembre in argomento — le misure Usa, trascurando (non per malizia, ma per candida ignoranza) 1 movimenti nei rapporti di cambio. Sarebbe come dire che i movimenti nei rapporti di cambio In esame sono un elemento indipendente, estraneo alle misure americane: come invece non è. Quelle variazioni sono un contenuto, sono conseguenza fondamentale delle decisioni di Nixon. SI può eccepire che la fluttuazione del marco risale a maggio, ma è pur chiaro che quell'anticipazione è assorbita negli annunci del 15 agosto. L'indicazione della Cee (« mouimenii già verificatisi nel rapporti di cambio ») non è una specificazione aggiuntiva, ma, come ben risulta, cautelativa: i commissari di Bruxelles hanno messo le mani avanti per il caso in cui, dopo il 15 settembre 1971 (data dei loro documento), i rapporti di cambio avessero dovuto subire significative modificazioni. Col sofisma dialettico usato da Arrigo Levi ci si può togliere il gusto di partecipare in non brillante compagnia ad una campagna dendgratoria nei confronti di un gruppo politico, di una persona, insistendo nell'invettiva Che risulta gratuita, ma non si intacca l'azione seria e responsabi le che ritengo di condurre insieme col mio ministero. /I rapporto Cee Quali mal informazioni e notizie sono, state riservate al redattore de La Stampa sull'andamento della bilancia commerciale con gli Usa dagli « organi statali direttamente impegnati » nel nostro commercio con l'estero? A noi, il ministero del Commercio con l'estero e l'Ice hanno risposto con un rinvio ai bollettini Istat contenenti notizie fino ad agosto; qualche persona ha aggiunto, impressioni soggettive e congetturali, senza alcuno studio del rapporti tra la produzione nazionale e le tendenze determinate dalle misure americane. Il ministero del Lavoro, avendo responsabilità primarie in ordine alla politica dell'occupazione, doveva forse rimanere inerte, senza cercar di formulare previsioni e di proporre provvedimenti capaci di fronteggiare la situazione? Il mistero sul modo col quale siamo giunti a elaborare ed a rendere nota una prima previsione di massima — dando nello stesso tempo la notizia che avevamo affidato il compito di un'indagine più approfondila ad un noto istituto di ricerche — è esistito soltanto per chi ha voluto polemizzare ad ogni costo. Bastava che Levi leggesse il bollettino delle Commissioni della Camera dell'8 ottobre e avrebbe avuto i chiarimenti che è andato cercando ben dopo quella data. Sono io a dover chiedere se sia corretta la polemica a proposito di un discorso conosciuto soltanto per sentito dire, e non nel documento, per nulla clandestino, che lo pubblicai Ed è poco persuasivo a questo punto — quando si viene a sapere che la contestata indicazione prevlsionale si aggancia ad un rapporto della Cee — segnalare errori (che non ci sono), declassare il rapporto Cee a strumento negoziale, quasi per sottintendere che la Cee negozi con gli Stati Uniti con dati di comodo, e rimproverare il ministero del Lavoro perché manca di una sua elaborazione originate. Per essere precisi, ricorderò che ho citato due atti della Cee: non solo il rapporto del 15 settembre, ma anche la relazione Coppe del 5 ottobre al Comitato permanente dell'impiego. A prescindere dalla considerazione più onesta che io ho dei comportamenti negoziali della Cee, per cui mi sta bene anche il rapporto del 15 settembre, di questa seconda relazione — che conferma sostanzialmente la prima — non si può affermare che sia stata fatta per sede negoziale alcuna. E facciamo qualche altra considerazione. Arrigo Levi scrive: a Un'indagine diretta in Italia, quale et saremmo aspettati da una fonte così autorevole, avrebbe accertato », etc. La certezza di Levi, cosi divergente dalle previsioni nostre, è dunque basata su « un'indagine diretta in Italia ». H Mincomes e l'Ice non l'hanno fatta. Ci vorrà raccontare Levi a chi la dobbiamo e come si sia svolta. Se si tratta di colloqui con gli operatori economici, perché imputare, anche qui, un'omissione inesistente dal momento che di colloqui ne abbiamo avuti in abbondanza, scritti ne abbiamo ricevuti, e l'ho Sottolineato alla Camera, l'ho ricordato nella mia prima lettera? Sarà anzi opportuno che Levi, portato per polemica ad ignorare quél riferimenti, abbia più precisa notizia del pensiero del professor Bruno Visentini, altro leggerone evidentemente, al quale mi sono già riferito e che il 2 settembre mi scriveva: « Le comunico nelle pagine seguenti alcuni elementi relativi alla società Olivetti per quanto riguarda i rapporti commerciali con l'estero I e soprattutto i rapporti con gli a o l i a o a a : è e e l a a a onil a acnao a i i adi li o tsi uee aoSfati Uniti. Mi permetto dì richiamare l'attenzione sulla gravità del problemi che si pongono e sulle conseguenze che possono derivarne per la struttura dell'azienda e per i livelli di occupazione ». E, dopo lunga relazione: « Dal dati sopra esposti appare evidente perché i recenti provvedimenti annunciati dal governo statunitense, se non verranno revocati o profondamente modificati nel giro di poclie settimane, rischieranno non soltanto di colpire in modo molto grave (e forse non più sanabile) le risultanze economiche e gestionali per il 1971 del Gruppo Olivetti e dalla Ing. C. Olivetti dr C. S.p.A. in specie, ma anche di incidere in modo preoccupante sulle possibilità di mantenimento dei programmi produttivi e occupazionali della Olivetti in Italia». Vorrei non aggiungere altro, se non» rifiutare nel modo più assoluto il mestiere del minculpop per il quale Levi apre gli arruolamenti, volendo « infondere fiducia » con sorrisi e imbonimenti vari, in luogo del confronto con la realtà e lo studio delle misure capaci di modificarla. Ma non voglio trascurare particolare alcuno e quindi proseguo: 1) Nessun'altra fonte governativa ha elaborato previsioni e, per fornire un ordine di grandezza degli effetti probabili, ho riferito lo due uniche previsioni ufficiali esistenti, quelle della Cee. 2) La valutazione delle opinioni espresse da operatori economici italiani è valsa, insieme con altre considerazioni (ivi compresa quella dei diversi livelli delle nuove barriere create dalle misure Usa), per orientarci nel formulare differenziali per l'Italia rispetto alla media europea delle ripercussioni previste. Le « estrapolazioni » 3) Se si prende per base il 1970, la perdita delle esportazioni italiane in Usa, per anno, da noi prevista è del 18-23 per cento rispetto alla previsione media europea del 33 per cento formulata dalla Cee; se si prende per base 11 primo semestre 1971, da me già ricordato e da Levi sottolineato, la nostra previsione di perdita annua è del 16,5-21 per cento. Ne ho calcolato con metodi consueti e accolti dalla prassi della programmazione le implicazioni occupazionali, non senza mancare di precisare che non si trattava di disoccupati in più, ma di misura di minor occupazione con incidenze diverse (straordinari, orario, licenziamenti); e non senza ricordare che l'effetto non sarà immediato, ma tendenziale e distribuito in modo assai più accentuato sulla produzione di beni strumentali, che hanno da superare una barriera aggiuntiva del 22 per cento (ora ridotta dal Senato Americano al 19) e in modo più lieve nel bend di consumo, con una barriera supplementare nella maggior parte del casti del 12 per cento, anche essa poco agevole per chi lavori all'osso. 4) . Questo è quanto potevamo fare il 5 ottobre: dire che avremmo cercato di meglio individuare le linee di tendenza, mediante rilevazioni e inchieste sistematiche presso le imprese e intanto dare le indicazioni derivanti dai colloqui avuti e da « estrapolazioni ii imperfette sulla base dei pochi parametri noti, ciò che tutti gli economisti del mondo usano per fare previsioni. Mi rimangono un'osservazione sul metodo e l'altra sulla sostanza. E' perlomeno strana, in primo luogo, la concezione che Levi ha del rapporto tra Governo e Parlamento. Chiamato dal Parlamento, ho il dovere di riferire sulla base delle conoscenze acquisite, poche o tante, certe o Imperfette. Questo è il primo elemento di fiducia per il funzionamento del sistema, che si narcotizza quando il Parlamento perde tempo su un documento programmatico come il bilancio di competenza e ignora — forse perché si vuole « infondere fiducia » — la più dura realtà del bilancio di cassa. Quanto alla fiducia degli imprenditori (e perché solo degli imprenditori?), penso si possa conquistarsela fornendo senza alterazioni i dati di cui si è in possesso e le valutazioni che si ritengono più fondate. Ho seguito questa linea nella primavera del 1970, quando molti gridavano alla svalutazione della lira mentre la bilancia dei pagamenti era in attivo, e l'esperienza successiva ha dimostrato trattarsi di un attivo stabile. L'ho seguita nell'autunno del 1970, quando la preoccupazione prevalente era quella di deflazionare l'economia ed lo ho fatto presente i rischi di recessione, purtroppo puntualmente verificati. La seguo oggi, sperando per una volta di sbagliarmi, ma non disposto, per sostenere la fiducia degli imprenditori, a nascondere, davvero con leggerezza, dati e valutazioni che ritengo fondate. McoLribmoctrpbndnste pdzeGmspqaqmleL'esempio tedesco E veniamo all'osservazione sulla sostanza. Né io, né i miei collaboratori abbiamo inteso dare alle norme Usa un peso diverso da quello che hanno. Anche qui si veda 11 bollettino della Camera, antecedente alla polemica di Levi e di qualche suo collega. Dovetti ripetere tre volte alla Commissione che una cosa è la previsione sulle conseguenze occupazionali delle misure Usa e cosa diversa è l'esame della situazione economica generale, esprimendo l'avviso che fosse necessaria, per questo secondo esame, una nuova relazione, previa consultazione collegiale del Governo. Ma, in questo quadro, è davvero assurdo e dannoso avallare la tesi secondo la quale le misure Usa non avrebbero alcuna incidenza in Italia. Il Suo giornale, egregio Direttore, partecipa con molti altri, anche se con maggior equilibrio, ad un compianto ormai biennale sulle condizioni economiche italiane. In questa sola occasione — che mi riguarda e perché mi riguarda (il sospetto, per lo meno, ha buone ragioni per insorgere) — diventa di un estremo acritico ottimismo. Del quale coglierà la parte documentata: se nella prima metà del 1971 le nostre esportazioni sono ancora migliorate, vuol dire che i nostri costi — contro le reiterate querimonie e lamentele — continuano ad essere competitivi. dNLptcdicbmtbscucx Ma per 11 resto, credo che occorra essere preoccupati. Proprio La Stampa, lo ricordo ad Arrigo Levi, pubblicava 11 13 ottobre « nere previsioni » dalla Germania: 73 aziende con 14 mila occupati verranno chiuse; 61 altre aziende licenzieranno 7200 impiegati e operai; oltre 114 fabbriche hanno comunicato riduzioni d'orarlo per 77 mila dipendenti. In Germania è mancato l'autunno sindacale, sono mancati gli strascichi del 1970, la disaffezione e altre cose del genere. L'anticipo a maggio della fluttuazione del marco anticipa le conseguenze. Noi non siamo identici alla Germania, ma neppure un altro mondo. Le misure americane non sono un tonico per noi e neppure un fatto indifferente. Per questo motivo credo necessarie azioni d'intervento, mancando le quali a febbraio-marzo 1972 cominceremo purtroppo a verificare le nostre previsioni, con tutto il margine d'imperfezione che sempre hanno le previsioni, e a verificare le certezze dt Arrigo Levi, con tutta la geometrica e fotografica precisione che è propria, appunto, delle certezze. In ogni caso non voglio Indugiare sui motivi che hanno suggerito la polemica contro il comportamento del ministro e del ministero del Lavoro per richiamarlo a modelli d'inerzia e di subalternità. Un modello che, se fosse stato accettato, venendo meno al proprio dovere, m'avrebbe fatto mancare gli elementi sui quali fondo la richiesta di provvedimenti attesi dàlie categorie interessate. Cordialmente. ' Carlo Donat-Cattin P. S. - Voglia perdonare la lunghezza, ma la polemica si è fondata su presunte omissioni. Sono poi a disposizione di Arrigo Levi per un dibattito pubblico a To"rino.