Il marchese comunista di Genova piace ai "franchi tiratori" della dc di Marco Benedetto

Il marchese comunista di Genova piace ai "franchi tiratori" della dcPer un voto il "doge rosso,, non è diventato sindaco Il marchese comunista di Genova piace ai "franchi tiratori" della dc Giorgio Doria, discendente diretto del grande condottiero, è capogruppo del pei al Consiglio comunale - E' proprietario, tra l'altro, del palazzo dovè ha sede l'Unione degli industriali dal corrispondente Genova, lunedì mattina. « Quando si ritiene che una cosa è giusta, la si fa. Leggendo e guardandosi in giro, anzi prima guardandosi in giro, poi leggendo, si capiscono molte cose », dice Giorgio Daria. Parla della sua « conversione »: dalla « Gioventù liberale » al partito comunista, nel 1953, a 24 anni. « Il discorso è lungo », tenta di schermirsi. Poi aggiunge: « Ma perché occuparsi della vita privata di un uomo politico? L'uomo politico andrebbe giudicato per le sue azioni politiche e basta ». Giorgio Doria, 42 anni, libero docente di storia eco nomica (non è laureato, ma ha ottenuto ugualmente la docenza per i suoi studi), marchese, discendente del doge cinquecentesco Andrea Do ria. è capogruppo del pei al Consiglio comunale e, per un voto, l'altra sera non è stato eletto sindaco di Genova: ha avuto 30 voti contro i 31 del democristiano Cattanei. « C'è mancato poco che la eleggessero sindaco », osserviamo. « Non mi sarebbe certa mente piaciuto, a quelle condizioni ». Ma, quando l'altra notte, per la quinta volta il Consiglio comunale di Geno-' va ha votato per eleggere il sindaco, molti democristiani hanno avuto paura: la scelta era tra Doria e il loro candidato Francesco Cattanei. 38 anni, deputato, e presidente della Commissione antimafia. Sarebbe stato eletto chi avesse avuto più voti e, secondo i calcoli, a Cattanei ne sarebbero andati 31, a Doria 30 (i socialisti si sono astenuti). Tutti sapevano che Cattanei si sarebbe dimesso subito, come ha fatto, per dare un'altra settimana di respiro alle difficili trattative per rìiare il Centro Sinistra. Ma sarebbe bastato che si rifacessero vivi i « franchi tiratori », che in due precedenti votazioni, quando, però, era necessaria la maggioranza assoluta, avevano già « sgarrato » scrivendo sulla carta il nome di Doria, perché il « doge rosso » fosse chiamato a ricoprire la carica di primo cittadino. Sarebbe stato un sindaco minoritario, destinato a cadere alla votazione sul bilancio (per la quale sorto richie¬ sti 41 voti): ma avrebbe avuto tutto il tempo per sconvolgere la rete di sottogoverno tessuta da democristiani e socialisti. Nei minuti che hanno preceduta la votazione, la paura ha spinto un autorevole democristiano a chiedere i quattro voti dei liberali, che avrebbero messo al riparo da ogni sorpresa. I liberali hanno risposto di no e solo quando il senatore Gelasio Adamoli. comunista, ex sindaco e presidente dell'assemblea perché ha ottenuto il più alto numero di preferenze, ha letto i risultati (Cattanei 31 voti. Doria 30), sui banchi della maggioranza è tornato il sereno. Alto, distinto, sempre in grigio con la cravatta nera, Giorgio Doria è approdato al pei nel dopoguerra. I compagni di partito gli riconoscono « rigore e serietà in tutte le cose cui si dedica »; gli avversari dicono che « è bravo, ma fa dormire ». In effetti, la sua voce nasale e il tono dimesso non danno ai suoi discorsi il ritmo del tribuno. « Ma sarebbe il sindaco ideale per una città come Genova, dice un consigliere comunista; è un uomo serio e impegnato, che vive per la sua città e ne ha a cuore le sorti ». Ha scritto, tra l'altro, il primo volume di una opera sugli « Investimenti e lo sviluppo economico di Genova alla vigilia della prima guerra mondiale ». Col titolo di marchese, ha ereditato anche i beni della famiglia. Tra questi lo splen dido palazzo di via Garibal di dove ha sede l'Associazio ne degli industriali, che sono quindi suoi inquilini. Lui. pe rò, vive con la moglie e i due figli in un appartamento medio-borghese in via Dei Franzone. nel quartiere residenziale di Albaro. L'alloggio è arredato senza particolare lusso: confortevole, con molti libri, una qualunque casa di un impiegato con buon stipendio. Sull'elenco del telefono è registrato solo come Doria Giorgio, mentre i suoi parenti (rami collaterali) sì fregiano, anche sull'elenco telefonico, dei titoli nobiliari. Per la sua fede politica, in passato, ha conosciuto anche un po' di « bohème ». E' stato quando il padre, per punirlo della sua adesione al pei, lo ha cacciato di casa. Dicono che la madre, alla quale è sempre stato molto legato, lo aiutasse di nascosto. Ma per anni, l'ultimo dei Doria è vissuto in una camera d'affitto, con lo stipendio di funzionario del partito. Poi, grazie anche all'intercessione della madre, padre e figlio hanno fatto pace e Giorgio Doria ha potuto ereditare le sue sostanze (dice un conoscente che « non è ricchissimo », ma. comunque, sta « parecchio bene ». C'è chi dice che il fatto di chiamarsi Doria lo abbia aiutato nella sua carriera politica. Indubbiamente per il pei, che a Genova è il partito più forte (ha avuto il 13 giugno il 35"o dei voti), avere nei suoi ranghi il discenden¬ te diretto del grande condottiero è un bel colpo. Ma la sua nomina a capogruppo in Consiglio comunale non è, dicono quelli del pei, una mossa propogandistlea: «Sono il suo impegno, la sua serietà, la sua attenzione ai problemi di Genova che gli hanno fatto meritare la carica ». Doria è consigliere comunale dal '56: « Lo faccio, dice, perché il partito mi ha dato questo incarico. Non è, però, che mi diverta molto». « Che cosa vorrebbe faret-\ allora: il deputato? ». « Giammai ». Politicamente è «a sinistra » anche all'interno del pei: scettico nei confronti dei socialisti, il suo atteggiamento, dice un suo compagno di partito, « è più lontano dal riformismo che dalla rivoluzione ». Come «lega» l'erede di Andrea Doria con i portuali e gli operai genovesi? Lo stimano, ci dicono al pei, per lu sua preparazione. Non sono prevenuti per il suo cognome e le sue origini. Parla in dialetto e i compagni di partito lo chiamano per nome, in genovese « Zorzo ». Marco Benedetto I Il marchese Giorgio Doria

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