La contessa di Bagnoregio di Renato Ghiotto

La contessa di Bagnoregio La contessa di Bagnoregio Quando, nella folla delle parole, ne incontriamo una nuova o strana, che ci colpisce in quanto ci è sconosciuta, sappiamo clic, poche ore o pochi giorni dopo, probabilmente la ritroveremo di nuovo. A volle, nel diverso contesto, ne indoviniamo il significato; altre volte la parola rara torna a visitarci, insiste, poi scompare, avvolta nel suo ermetico suono. La regola del gioco impone di non cercarla in quei cimiteri delle parole clic sono i vocabolari. Poiché le parole di una lingua sono contate, e i neologismi non presentano misteri, essendo per lo più rozzamente trasparenti, questo ricorrente regalo del caso agisce soltanto sui termini tecnici e sui nomi. Il suo carattere di gratuità c di sorpresa è anzi sensibile soprattutto nei nomi di persona o di luogo, dato che la spuma d'informazioni che c'investe ogni giorno dai giornali o dalla televisione finisce per renderci familiari e press'a poco comprensibili le parole cifrate del linguaggio politico o di quello scientilìco. Inoltre, giornali e televisione riducono il piacere della sorpresa, per la ragione che, contenendo essi di tutto un poco, aumenta la probabilità clic ci versino subito addosso, già svelata o involgarita, la parola clic avevamo creduto difficile o rara. Perché il gioco riesca, ossia perché la parola ci colpisca, ricomparendo per la seconda volta come attratta dalla curiosità clic ha suscitato in noi al primo incontro, occorre che la coincidenza sia imprevista, oltre che non sollecitata o passivamente subita. Questo genere di ' piacere e reso possibile dalle vaste zone d'ignoranza clic assicurano la nostra igiene mentale. La storia, per esempio. Se uno non è uno studioso della materia, s'imbatte continuamente in nomi e fatti ignoti, già rassegnato a che restino tali o appena slìorato dalla curiosità di saperne di più. Chi era il principe Alberico, il cui nome ho visto quest'estate inciso sul marmo di una lontana secentesca in un paesino delle Apuane? L'iscrizione latina gli attribuiva soltanto il merito di aver ordinalo che lì fossero condotte e raccolte le acque sorgive a maggior decoro del luogo c a benefìcio degli abitanti. Mi sarei dimenticato subito di Alberico, lasciandolo ricadere nello sterminato repertorio dei personaggi storici dei quali non è obbligatorio ricordarsi, se la* curiosità non tosse stata stimolata dalle circostanze: la passeggiata notturna per le stradine percorribili solo a piedi, la piazza c la fontana sotto la luna, la gente seduta sui gradini lungo i muri, in conversazione; un paesaggio architettonico che sembrava trovarsi d'accordo con quello umano. Non bisogna, in questi casi, consultare un'enciclopedia; meglio anzi temere che Alberico ricompaia banalmente su un'altra lapide, nella città vicina, intorniandoci del suo casato, dei suoi fatti e gesti, e chiudendo così ogni spiraglio all'inaspettato. Capita allora che, leggendo il viaggio in Italia di Montaigne, si arrivi il giorno dopo al passo in cui l'amabile uomo, vagando da acque ad acque termali nel nostro Paese in cerca di rimedio per i suoi calcoli renali, sosta in quella zona, e non lui, ma una nota in calce c'istruisce su Alberico I Cybo - Malaspina, che eredita dalla madre la signoria di Massa e Carrara e costituisce così un nuovo Stato sovrano; è umanista e mecenate; affetto da un mal della pietra, diverso da quello di Montaigne, costruisce palazzi e fortezze, sicché non c'è da stupirsi clic non perdesse l'occasione di collocare qua e là bellissime fontane. Il piacere è tanto più grande, quanto meno si è cercala l'informazione: essa arriva, rapida, opportuna, seguendo una strada occulta, e trova un'attenzione ancora sveglia, pronta a compiacersi del caso favorevole. E' evidente che qui la conoscenza non entra in causa, non c'importa niente di sapere chi è Alberico: c'incanta soltanto il modo, l'intreccio aereo che guida una fontana ad incrociarsi con un libro di Montaigne. fi gioco e il piacere posso¬ nnntEctecvpiTqvBgiCnsltgcstdlcl no essere ancora più puri; il nome cioè può riemergere «.lai nulla, senza che sia intervenuta né curiosità, né attenzione. E' un nome, in tali casi, che ci è ben noto; il luogo o il testo, in cui inopinatamente esso affiora, sono l'unico meccanismo di questa fortuita avventura. Immeritatamente, c ciò fa parte delle regole, ho ritrovato in questi giorni il paese della Tuscia, nel quale passo da qualche anno un periodo ili vacanze, in un personaggio di Borges. Il paese si chiama Bagnoregio: ed è inevitabile che il nome ricorra nella Divina Commedia, per via di San Bonaventura. I versi di Dame sonò anzi incisi sul campanile del Duomo: « Io son la vita di Bonaventura j da Bagnoregio, clic ne' grandi offici I sempre posposi la sinistra cura ». Dove niente c'intriga, se non l'interpretazione della parola «sinistra»; col solo soccorso del buon senso, non ci vuol molto a capire che il Santo posponeva la cura delle cose temporali a quella delle cose spirituali, che hanno diritto alla destra. Ed ecco che, rileggendo « Pierre Menard, autore del don Chisciotte », uno dei più caviliosamente fantastici tra i racconti di Borges, mi sorprende un personaggio secondario, la contessa di Bagnoregio, citato dall'autore quale testimonio del fatto che Menard non ha trascritto o copiato ma composto, come opera originale, il capitolo nono e trentottesimo, nonché un frammento del capitolo ventiduesimo, del Chisciotte, ricreandoli con le stesse parole del Cervantes. Bagnoregio non esiste come predicato nobiliare e, del resto, la dama immaginaria, clic vive nel principato di Monaco e a Pittsburgh, Pennsylvania, non ha altra I unzione, nel testo, che quella di rendere accessibili al lettore, attraverso segnali umoristici, le vette più alte del paradosso. Nasce un gioco dal gioco: come ha scelto, Borges, il nome di Bagnoregio? L'ipotesi che se ne sia ricordato dalla lettura di Dante o da uno qualunque dei volumi, che non sono pochi, nei quali è citato San Bonaventura, non c soddisfacente, appunto perché ovvia, dato che Borges è più l'abitatore di una biblioteca che un cittadino di Buenos Aires. Preferisco credere che lo scrittore, capace d'inventare una congiura di dotti, intenti a scrivere un'enciclopedia reale di un paese immaginario, abbia spontaneamente e letteralmente ricostruito un nome già esistente, allo stesso modo clic il suo Menard inventava le pagine già scritte da Cervantes. Renato Ghiotto

Persone citate: Borges, Cervantes, Malaspina, Menard, Pierre Menard

Luoghi citati: Bagnoregio, Buenos Aires, Italia, Monaco, Pennsylvania, Pittsburgh