Il football con l'elmetto di Giovanni Arpino

Il football con l'elmetto Il football con l'elmetto Nuvole di «matta bestialità» si radunano nei cieli del mondo calcistico, e non vale ripararsi gli occhi con lenti affumicate o cercare di proteggere il capo con ombrelli demagogici. La lattina di Moenchengladbach è solo l'esempio più clamoroso, il tuono e il fulmine più appariscenti nel buio di quei cieli, j La legalità del calcio — e cioè la sua necessità, il suo svolgersi, il suo consistere — è minacciata a destra e a sinistra. A destra da regolamenti lacunosi, a sinistra da intemperanze di protagonisti e spettatori. Ha ragione Lo Bello, che di regole se ne intende, quando afferma che la partita Borussia-Inter deve essere risolta a tavolino, altrimenti ogni autorità disciplinare frana e lascia vuoti disgregatori. E hanno ragione coloro che, di fronte al «fattaccio» di mercoledì scorso, temono ormai che qualsiasi soluzione (compresa un'ipotetica ripetizione della partita, panacea plateale ma tutt'altro che «sportiva» come alcuni la vogliono intendere) inquini e scontenti il mondo del calcio europeo, spaccandolo in due. Il nostro stesso campionato risulta vittima di questo trauma. Già ogni «grande» è I malata o malaticcia o pervasa da tremori febbrili: si chiami la sconfitta Inter o si j chiami Juventus, si chiami j Milan (anche lui in affan- I no contro i tedeschi, benché fortunato) o l'indebitatissimo Napoli. I club di calcio mostrano una faccia di scarsa salute, le vitamine che potrebbero rinsanguarli sono tante, i medici intorno al capezzale paiono persino troppi, la confusione si fa spigolosa naufragando in accademia di parole. Il calcio ha bisogno di lealtà e precisione disciplinari, i calciatori hanno bisogno di un severo e oculato ancoraggio ad una loro magna charta, e il pubblico ha urgenza di riordinarsi, riflettere, maturare. Per un fallo da nulla, per un pallone che sfugge oltre la linea laterale, su tutti i campi si vedono professionisti del football che protestano, alzano disperati le braccia, stringono l'arbitro in una gabbia di urla e gesticolazioni frenetiche. Per ogni parola spesa, in fede convinta, su un giocatore o una fase di gioco, l'articolista riceve telegrammi di insulti, lettere minacciose, che denunciano il clima rovente ' e fetido in cui respira il consumatore del pallone. E' il trionfo dell'isteria, degna di quelle incisioni macabre che, in tempi lontani, mostravano la morte e il diavolo cavalcare tra paesaggi di scheletri e di mostruose apparizioni. Ci ha confidato un calciatore famoso, solo pochi giorni fa: «Non capisco più tanti miei colleghi. Sbraitano, e non avvertono che un loro gesto, nel momento stesso in cui si rivela inutile perché un arbitro non ritorna mai sulle sue decisioni, serve solo ad eccitare il pubblico. Io parlo decine di volte con un arbitro, durante una gara. Ma sema muovere un braccio, senza andargli incontro con corse isteriche. Forse l'arbitro capisce c forse no. Comunque il pubblico, che sarebbe subito dalla mia parte se recitassi la scena plateale, non si accorge di nulla, e la partita continua sui suoi binari. Troppi di noi sembrano matti, rovinati dal temperamento». Non sappiamo quanti calciatori possano sottoscrivere questa dichiarazione: il «teatro» la spunta sempre nelle pieghe dei loro caratteri, contribuendo a creare tensioni irreversibili. E così, dal gestaccio alla fatale lattina, dai petardi alle pistole brasiliane, dai treni rovesciati in Inghilterra all'invasione di campo e al tiro al bersaglio con le fionde, il pubblico, abboccando alle esche dei calciatori incoscier'' rovina l'unico spettacolo . "3r cui prova amore. Si Unirà per andare sulle tribune con gli elmetti, per «cinturare» gli stadi con cordoni sanitari, per curare il pubblico controllandolo tramite visite mediche (è già una proposta inglese)? L'avvenire del calcio passa attraverso questa strettoia di presa di coscienza, di liceità disciplinare, di educazione sportiva. O sarà caos e rovina per tutti. Ogni mortaretto ha già creato lividi e trafitture col corpo maculato del iootball mondiale. E' chiaro però che il mortaretto, pur nato festoso, non è ,più di moda: altre armi entrano in gioco, altre tetre disponibilità rissose stanno per scatenarsi. Chi può scegliere tra questi due interrogativi: il 3 nrldvcgadEpi ismsSatnrrpcuppsfl novembre a San Siro, per il ritorno di Inter-Borussia, Milano darà una prova egregia di educazione sportiva, o invece succederà il finimondo, ci si batterà nella giungla? Il professionista si stravolge in cavallo pazzo, il suo adoratore seduto sta alterandosi come un dottor Jeckill. E intanto il campionato riprende, inesorabile, con tutti i suoi quesiti e le sue piaghe in vista, con tutti i suoi sempre più arruffati dilemmi. Se Milano piange, nessun'altra città può ridere. Siamo alla terza domenica appena, già usura e rabbie traboccano. Se ognuno di noi, dall'alto burocrate federale all'ultimo tifoso sbandierante, dal professionista in pedate al critico, al ragazzo che uria nello stadio, non fa un esame di coscienza, non porta una pietruzza utile a puntellare l'edificio, ben presto il calcio sarà soltanto furore, o un decrepito castello abitato dai fantasmi. Giovanni Arpino

Persone citate: Lo Bello

Luoghi citati: Inghilterra, Milano, Napoli