Affari d'oro con il "Prestito Pinay,,

Affari d'oro con il "Prestito Pinay,, Affari d'oro con il "Prestito Pinay,, L'ex presidente del Consiglio nei '52 lanciò l'operazione per rinsanguare l'economia francese - Ma i « buoni », esenti anche dalla tassa di successione, hanno permesso una sequela di frodi legali al fìsco (Dui nostro corrispondente) Parigi, 19 ottobre. Il corrispondente parigino del Guardian inglese ha scritto stamane con pungente malizia che la Francia ha non uno, ma due simboli sacrosanti di stabilità finanziaria: uno è l'oro, definito da De Gaulle come «il valore eternamente e universalmente inalterabile e degno di fiducia», l'altro è Antoine Pinay, l'anziano ex presidente del Consiglio e ministro delle Finanze in tempi difficili della Quarta Repubblica. In nome della lealtà dello Stato verso il cittadino che gli fa credito, Pinay ha favorito, senza rendersene conto, una sequela di frodi legali al fisco che durano da quasi un ventennio. Oggi, esaminata la questione, il governo si trova di fronte ad un dilemma amletico: se sia meglio continuare a chiudere gli occhi sull'abuso, oppure mettervi fine, rischiando di sminuire la fiducia dei francesi nelle promesse dello Stato. La storia risale al 1952. La Repubblica era allora nella morsa di una inflazione galoppante, le sue finanze erano esauste. Antoine Pinay trovò una via d'uscita lanciando un prestito nazionale a condizioni specialissime. I «buoni Pinay» — come furono chiamati — davano un interesse del tre e mezzo per cento appena, ma erano ancorati all'oro ed erano esenti da tasse, in particolare da quelle sulla successione. Orbene, tra i francesi, sensibilissimi ad ogni prospettiva di aggiramento del fisco, non ci volle molto per afferrare che il prestito era una benedizione per ogni erede in attesa del trapasso di un parente ricco. Le modalità di applicazione della scoperta sono d'una semplicità lapalissiana. Immediatamente dopo, o in vari casi immediatamente prima, della dipartita di un possidente, la sua fortuna in beni o denaro viene trasformata in buoni del «prestito Pinay», non lucrativi, ma inespugnabili agli agenti delle tasse. In questa maniera legalissima si calcola che un terzo delle eredità francesi sia stata messa al sicuro per i discendenti. Di recente Edgar Faure, ex ministro delle Finanze pure lui, ha richiamato l'attenzione della Camera su tali eventi, osservando che a lungo termine sarebbe stato forse più conveniente per il governo rimborsare il prestito. Ma il salasso immediato sarebbe enorme e implicherebbe il lancio di un altro prestito a condizioni mutate. Un altro gruppo di deputati, capeggiato dal gollista Jacques Marette, ha proposto invece un emendamento alle promesse del '52, nel senso che l'esenzione dalle tasse di successione diverrebbe applicabile solo sui «buoni Pi- nay» detenuti per almeno due anni. Ciò è bastato a far precipitare i buoni in Borsa — dove rappresentano oltre un decimo degli affari — del dieci per cento. Antoine Pinay, ora ottan- tenne, pur ammettendo che in origine non si erano valli tate le qualità antifiscali del suo prestito, è insorto vivacemente contro ogni idea di modifica: lo Stato, egli dice, non può rimangiarsi la parola, perché farebbe crollare rovinosamente il proprio credito. La questione è adesso all'esame del Parlamento. Ma l'attuale ministro delle Finanze, con una dichiarazione che ha risollevato lo spirito dei possessori di «buoni Pinay». si è allineato sulle posizioni dell'ex presidente del Consiglio. Per il momento la frode legale a beneficio degli eredi può continuare. Le Monde sugge risce stasera di ancorare i mercati monetari inquieti al «tallone Pinay». c. c.

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