A colloquio con Kuznets

A colloquio con Kuznets Il nuovo Nobel per l'economia A colloquio con Kuznets Fino a qualche anno fa non | conoscevo le opere di Simon i Kuznets, il nuovo «Nobel» del l'economia, c fino a qualche mese fa non lo conoscevo di persona. Fu quando mi divenne insopportabile l'arroganza degli economisti, che teorizzano tutto e conoscono nulla, che cominciai a cercine qualche autore devolo alla Santissima Realtà (come dice Prezzolimi c amico dei fatti. Non senza vergognarmi della mia ignoranza, scoprii che da tempo Kuznets lavorava per completare un gigantesco inventario mondiale delle conoscenze empiriche in materia economica. Slava collezionando con pazienza una miriade di dati statistici sui fenomeni economici di questo secolo c del secolo precedente, ne vagliava l'attendibilità, li classificava, li interpretava, Anche Colin Clark aveva tentato l'impresa, che dà le vertigini come la biblioteca di Babele fantasticata da Borges, ma Clark era l'uomo del disordine geniale, mentre Kuznets era una mente sistematica. Kuznets divenne per me l'esempio da seguire, e quando andai a trovarlo alla Harvard University fu un pellegrinaggio di ossequio c di espiazione. Sebbene ami poco parlare di se, mi raccontò la sua vita. Cominciò a interessarsi all'economia verso il 1916. stimolatovi dal marxismo (fra le benemerenze eli questa ideologia pongo al primo posto l'aver trasformato in economisti parecchi eccellenti uomini di cultural. Mare, il Sombart studioso del Capitalismo, lo Schumpeter interessato ai problemi dello sviluppo, furono autori che lo convinsero a non abbandonare l'economia, se non per qualche indispensabile escursione nella statistica e nella storia. Lasciata l'Unione Sovietica, dove fino al 1921 era stalo funzionario governativo, fu allievo di Milchell, di Moore c di Knight, che ricorda con molla riconoscenza. Onci che lo stupiva era però che l'economia accademica più in vista fosse traboccante di teorie astraile, mentre non c'era ancora, e non c'è tuttora, una soddisfacente descrizione c spiegazione della Grande Crisi. Si chiedeva per quale aberrazione mentale gli economisti c i politi-ci si azzuffavano sui problemi delle pugile c dei profitti, chi giurando che i profitti avrebbero mangiato le paghe e chi giurando il contrario, senza preoccuparsi di dare un'occhiata ai bilanci delle aziende e alle entrate dei lavoratori. Gli stessi statistici, immersi l'ino al collo in questioni metodologiche, disdegnavano di documentarsi, quasi che il raccogliere dati fosse un'attività vile. Quanto agli storici, consideravano troppo spesso il loro mestiere come una serie di «esercizi intellettuali» (pinole di Kuznets). L'immenso vuoto dell'economia empirica risucchiò Kuznets c pochi altri, come l'italiano Giorgio 1-uà. C'era abbastanza Inveirò per legioni di economisti, ma i più preferirono restare aggrappati alle vecchie tradizioni accademiche. La rivoluzione keyneliana fruttò un certo interesse per la contabilità economica nazionale, ma troppo preoccupala dal breve termine, dalla politica anticongiunturale, trascurò le serie storiche di dati che riguardano lo sviluppo. La rivoluzione econometrica, tanto prc-mettente all'inizio, degenerò inun corporativismo matematico per pochi iniziali. Kuznets, unche se gli sarebbe tacile andare oltre, si ferma all'uso dei mezzpiù elementari della statistica e della matematica: con percentuali, numeri indici e lassi di variazione, si racconta una prolusione di cc^e, che gli econometristi nemmeno immaginanoLgli non è tenero con gli econometristi, Tihbergen compreso, lgiudica pericolosi, e a quanto pare cominciano a dargli ragione gli stessi econometristi. Nel suo campo Kuznels spropone di far progredire la raccolta dei dali da parte di appesili organi pubblici direttamente presso le aziende, cioè alla fonte, con l'ausilio dei «bestioni»clic sarebbero i computers. Cosla scienza economica, che c sempre in rilardo, lo sarà un pomeno, e le sarà meno arduo nòvare sinceri consensi nei governanti, dove si decide ad allo lvello. Dopo si putrii pensare divulgarla, senza paura di raccontar frottole. La causa che Kuznets ha sposalo gli lascia poeu tempo libero. Lgli non la della politica attva, ma si dichiara «democraticliberale», nel senso americanoDel comunismo sovietico lamenta la stupida abitudine di mentre, c ricorda che mtel P)2I e prma non era cos'i». Segue un pola letteratura russa, gli piacciono i romanzi in generale, apprezza l'umorismo del «New Yorkcr». Nella saggistica extrac conomica cerca la storia della scienza c della tecnologia. Con prudenza si avventura nella cpi stemologia, ma Whitchead «è troppo romantico», meglio Carnap o Popper. Non ha scrino nulla lucri dell'economia. Al termine del colloquio mi diede Un suo saggio poco noto pubblicalo a cura del Seminario Teologico Ebraico Americano: è una indagine sul perché gli ebrei scelgono ceni mestieri piuttosto che altri. E' il suo punto di massima distanza da quell'economia che gli ha finalmente portalo il «Nobel». A molti Kuznets sembrerà arido: quest'uomo senza passatempi, che scrive senza preoccuparsi di essere brillante, che racconta quel che gli altri economisti non han degnato di uno sguardo, e perlomeno fuori moda. Ma per il bene dell'economia bisogna augurarsi che diventi di moda prestissimo, c che il riconoscimento degli svedesi serva a far capire ai giovani economisti che il futuro della loro scienza è dulia sua parte. Sergio Ricossa

Luoghi citati: Unione Sovietica