I miei quattro giorni tra i matti

I miei quattro giorni tra i matti Dal nostro inviato in manicomio: una realtà vista "dal di dentro I miei quattro giorni tra i matti Aspettando di firmare la «dichiarazione responsabile» per la sua dimissione, il ricoverato volontario registra una telefonata del direttore dell'ospedale: «Com'è possibile che oggi cinque medici abbiano abbandonato i malati? Con che faccia diciamo agli infermieri che bisogna migliorare il servìzio? » - E' la chiave per capire il manicomio; mentre si è decisi a rendere meno disumana la condizione degli infermi, Io scontro tra nuova e vecchia psichiatria frena il necessario rinnovamento Non e molto semplice uscire dal manicomio di Savoncra. Potrei andarmene insalutato ospite dal cancello principale, sovente aperto. O scavalcare al crepuscolo il non troppo alto muro di cinta. Ma, ricoverato volontariamente quattro giorni fa, non intendo dar segni di maleducazione proprio ora che è venuto il momento del commiato. Chiederò al medico l'autorizzazione di tornare a casa, annunciandogli che mi sento ristabilito. « Dev'essere II direttore a dimetterla » dice l'infermiera del reparto. « Ma vuole andarsene così presto, sema finire le cure? Intanto stamattina dovrà fare l'esame del sangue, stia gut e non esca in attesa del prelievo ». Passerò queste ultime ore a Snvonera passeggiando tra la mia stanza e la piccola infermeria. Un uomo, valigetta sanitaria In mano, giunge verso lo 10 per i prelievi dl sangue. E' un medico, anche se non ha il camice; non credo che appartenga all'equipe dl questo manicomio. Con un altro ricoverato, mi sottopongo al piccolo salasso. Permesso d'uscire Poco dopo ricevo la visita di una psicologa. E' una signora gentile, mette a proprio agio. Mi fa accomodare in una stanzetta accanto all'infermeria. Si preoccupa che io non abbia il solo negli ocelli e mi sistema in una poltroncina al riparo dalla finestra. Vorrebbe « far quattro chiacchiere », indagare sulla nUa personalità. Mi dispiace deluderla, cavallerescamente vorrei accontentarla. Ma perché insistere sulle ragioni clic mi hanno fruttato la diagnosi di « depressione ansiosa » quattro •giorni fa, quando sono stato accettato a Savonera? i( JVoh vorrei più parlarne — le dico — ho chiesto di uscire oggi dall'ospedale mettendo una pietra sul passalo». La stessa psicologa avverte il direttore per telefono. « C'è il signor Giliberto che vorrebbe andarsene ». Mezz'ora più tardi sono dl fronte al prof. Luigi Ferrio. « Non le conviene interrompere così presto le cure, dovrà rimanere qui per altri quattro giorni ». Su un'agenda che appartiene agli infermieri scrive il mio nome e aggiunge: « Trattenerlo in ospedale fino a lunedì ». Obietto che potrei continuare le cure a casa mia. « MI sento tranquillo, rinfrancato, vi ringrazio per i Quattro giorni di ospitalità ». 11 dott. Ferrio sembra irremovibile: « I medici non possono esser considerati degli uscieri... ». Una telefonata interrompo la lieve tensione. « Sci tu Breusa? — dico il direttore a un. collega che lo chiama da un altro reparto di Savonera —. Come si può andare avanti così! E' possibile che. stamattina cinque medici abbiano abbandonalo l'ospedale per andare a stazionare negli uffici dell'Amministrazione, provinciale? E noi qui a dire agli infermieri die bisogna darsi da fare, migliorare il servizio. Con che faccia, se poi mancano i medici? ». Mi rievoca l'immagine del pastore che corre a destra e a manca per ricomporre il piccolo gregge. Non voglio creargli altre difficoltà. Aspetto che finisca la telefonata e dico: n Dottore, se proprio lo vuole, rimango ancora a Savonera ». Ma non ho calcolato che son di fronte a uno psichiatra. Voleva saggiare le mie reazioni a un riliuto; la mia remissivi! à lo convince che sono individuo d'un certo equilibrio. Quando tiggiungo « mt spiace che lei non mi creda se le dico che sono in grado di badare a me stesso », acconsente alla mia uscita dal manicomio. Non è un Lager Però mi chiede una dichiarazione responsabile. Su un foglietto, l'intestazione degli ospedali psichiatrici scrivo: « lo sottoscritto, volontariamente entrato a Suvoliera quattro giorni fa, decido dt uscirne oggi, nonostante il parere contrario del diretiore ». Saluto, vtido a prender le mie poche cose nell'armadietto. Dovrò aspettare mezz'ora prima d'essere accompagnato da un infermiere alla segreteria, per le ultime formalità. Il tempo per pensare al bilancio che devo trarre da questa esperienza. Posso farlo su due binari. Da un lato considerazioni sulla mia testimonianza diretta, individuale; dall'altro argomenti che s'innestino In un discorso generale, sulle carenze dell'assistenza psichiatrica a Torino e in Italia. Ammetto che quattro giorni trascorsi tini dentro non possono far scoprire chissà quali verità. Tuttavia la mia degenza a Savonera è una piccola indagine campione, in cui elementi di assoluta veridicità possono sopperire alla banale registrazione per [orza di cose, di alcuni episodi. D'altro canto, molti fatti descritti in questi giorni si commentano da soli. Il manicomio di Savonera non è un « Lager », le atrocità clic una ricca letteratura ha elencato in materia dl ospedali psichiatrici sono fuori del suol cancelli. Dentro rimangono le carenze dl struttura, anche gravi. Accanto al reparti rinnovati in questi ultimi anni, ve ne sono molli altri penosi, con pavimento di bitume e Infermi accatastati In grandi canteroitl. Non vi e la possibilità di Isolare certi Hill dl malati lievi da altri con la mente devastala dalli- follia-, per I primi il danno è notevole. La promiscuità anagraliea peggiora le cose. Il ragazzo caratteriale di quindici anni (e inulti altri giovani come lui) è a contatto notte e giorno con persone più anziane, lino al non* netto ultraottantemie. Ha tutta la gamma delle alienazioni a portata dl mano, etilisti compresi. SI trova in una palestra di scurrilità c dl manifestazioni incoerenti, che quotidianamente gli vengono ammannite dai compagni dl degenza. Nessun farmaco, nessuna psicoterapia potrà giovargli In queste i muli/ioni. Non sonu cose da poco, anche se non si tratta di elettrochoc o di torture. Non si deve derogare al rispetto con cui ugni uomo ha diritto d'es- scr trattato. La violenza non è soltanto e sempre fisica. E si tenga conto che I cinquecento ricoverati dl Savonera non hanno 1 soldi per farsi accogliere in lussuose case dl cura, riservale al dementi ricchi. In questo quadro occorre ricordare l'assistenza del manicomio che mi ha ospitato. Quella medica, per 1 quattro giorni che mi riguardano, non può esser definita esemplare. So che fra l'equipe di nove psichiatri che conduce il manicomio c'è tensione. Lo stesso episodio della ragazza legata al letto — hanno affermato i sindacali — è matti- rato in questo clima di nervosismo. MI chiedo se possa' considerarsi lecita la mancanza di serenità fra persone alle quali è affidato il compito di rasserenare centinaia di menti sconvolte. E se è giusto che i malati siano I capri espiatori (non es sendo sempre assistiti come do- vrebbero). di una confusa situa zlone ideologico-sindaoale-polltlca Quanto agli infermieri risento no chiaramente di questo stato I d'incertezza. Svolgono 1 loro com- I piti senza stanchezze, anzi sem- | brano coscienti di dover raddoppiare 11 loro impegno a favore I chinastivstcodeL'umanizzazione Allargando il discorso, a voler parlare dl Collegno (il più grande ospedale psichiatrico di Torino, quasi duemila ricoverati), bisogna moltiplicare gli scompensi e le deficienze di Savonera per quattro. Prima di 'farmi ricoverare volontariamente, avevo raccolto testimonianze sul suo funzionamento. Rispetto a qualche anno fa, molte cose sono cambiate. Il processo dl « umanizzazione » dell'istituto è in atto e inarrestabile, anche se lento. La stessa cosa avviene un poto tutta Italia. Dicendolo, so di poter avere una smentita da chi in questi giorni, nello stesso Piemonte, sta vivendo esperienze di malato in reparti psichiatrici dove ambiente desolante e mentalità retrive non gli permettono di uscire dall'abbrutimento. Ma ques.e sacche, vergognose per una società civile, non sono destinate a sopravvivere. C'è una volontà di rinnovamento, chiarezza e ordine che fa ben sperare. Come per tutte le radicali innovazioni in Italia, anche-in questo campo saranno necessari « tempi lunghi ». Torino ha gli afo«( per una riforma esemplare. Il presidente dell'Amministrazione provinciale. Borgogno, dichiarando che « il manicomio di una volta deve scomparire e i due terzi degli attuali degenti oggi dovrebbero esser fuori dalle sue mura » non fa un'affermazione demagogica, ma riassume il succo di un programma che la Provincia ha già cominciato a realizzare. Il presidente degli ospedali psi- degli ammalati in questo momen- | amto difficile. Ma è ovvio che non 1 nepossono continuare a tener sulle l e spalle responsablllt'i che non spet- j catano a loro. | chdolaporaroalmserednplimcadoddtrtaqcecoudusoRsstanddCnlase1111 e ì i i i i [ i p 1111111 1111111 11m111 i j r 11 r 111 chiatrici torinesi. Andrea Prole, in carica da pochi mesi, intende assecondare con impegno l'iniziativa. Non vi son dubbi che questo è un periodo di transizione, con prospettive molto meno buie del passato. Ed e proprio ora mi sembra — che i pubblici amministratori dovrebbero discer nere fra medici « contestatori » e « conservatori ». Non dimenìi cando la larga fascia di sanitari che, fra chi grida: « lo non in¬ dosso il camice di fronte ai malati, perché il camice e segno di potere » e chi è fermo alle terapie con l'elettrochoc, vorrebbero lavorare seriamente mettendo al bando ogni estremismo. A Torino è già cominciata, e merita sviluppo, l'assistenza di settore. Quando l'iniziativa sarà resa funzionale, la grande città disporrà dl presidi sanitari esterni, che sostituiranno la maggior parte delle strutture manicomiali. Ma in vista del rivoluzionario mutamento, lascia perplessi l'Incapacità dl provvedere come si deve ai malati ricoverati nei vari ospedali psichiatrici. Cosa accadrà, con l'assistenza di settore da praticare da un capo all'altro della metropoli? All'uscita, mentre aspetto un taxi, mi salutano quattro o cinque ricoverati, da dietro 1 cancelli: « Fortunato le che vai via cosi presto ». « Dammi ancora una sigaretta, l'ultima». « Prendi il mio indirizzo: mi manderai una cartolina? ». Ora viaggio verso la sede del giornale. In corso Regina Margherita, chi guida ha semaforo verde e sta per passare, quando una macchina gli taglia la strada da destra a sinistra, costringendolo a n inchiodare » 1 freni. «Ha visto che disgraziato — sbotta 11 tassista —. Ci sono più matti fuori che in manicomio ». Devo pentirmi d'aver lasciato Savonera? Fianco Giliberto (FINE — I precedenti articoli sono stati pubblicati il 12, 13, li e 15 ottobre). 11111111111111 11 [ 1 i i 11 i 111 i j 111 [ ì i 11 11 Ricoverate dell'ospedale psichiatrico di Savonera: l'autobus non passa per loro

Persone citate: Andrea Prole, Borgogno, Dottore, Ferrio, Giliberto, Luigi Ferrio

Luoghi citati: Collegno, Italia, Piemonte, Torino