Per un maestro dell'ermetismo

Per un maestro dell'ermetismo Per un maestro dell'ermetismo Studi in onore di Leone Traverso, « Studi urbinati », n. 1-2, 1971, a cura dell'università di Urbino, pag. 565, lire 12.000. a a i e s o o t o i e n edi aea La stagiojne ermetica, quella stagione della letteratura italiana compresa fra i tardi Anni Trenta e i primi momenti della guerra, dovrà essere ricordata per il desiderio di conoscere e assorbire le grandi esperienze poetiche del de cadentismo europeo. Qualche anno fa andava di moda dire che a quel tempo la letteratura italiana si era mantenuta dentro i limiti di un ottuso provincialismo, anche in quegli esempi che al provincialismo fascista si opponevano. Era un'affermazione di puro comodo polemico, ed ebbe senso solo se servì a qualcuno per liberarsi da troppo martoriami dipendenze intellettuali. Dunque, si disse che durante gli anni dell'ermetismo la letteratura italiana non aveva fatto altro che coltivare il piccolo orto di casa. Ebbene, se si vuol dire che la migliore poesia di quel tempo si era tenuta fedele all'asse petrarchesco si dice senza dubbio qualcosa di assai penetrante, ma non si dice tutto. Se il petrarchismo, cioè il canto solitario dell'anima, fu un modo per opporsi e anche resistere, sul piano dell'espressione, all'aggressività della dittatura, e un modo per riproporre, in termini di prestigio formale, l'irrisolvibilità della condizione esistenziale, tutto ciò fu possibile perché esso (il petrarchismo, dico) fu nutrito di apporti e stimoli del tutto europei. I poeti ermetici e i loro critici lessero molto, e molto importarono in Italia, non solo dalla vicina e frequentatissima area francese (potremmo parlare di una inflazione di Paul Valéry), ma anche da zone più lontane, la tedesca e l'inglese. Direi che, proprio per queste visite in terre straniere, la scorza dell'ermetismo si potè rompere: si potè rompere cioè il vizio metafisico di quel cenacolo. Comunque, patroni a quelle visite furono alcuni scrittori come Vittorini e Pavese, ma anche alcuni critici cui non deve mancare il tributo. Leone Traverso fu uno di questi. Professore di letteratura tedesca all'università di Urbino dal 1951 al 1968, viene oggi ricordato « post mortem » da quell'ateneo per la sua singolare carriera di studioso, traduttore, sollecitatore di cultura. Lo dicono le testimonianze nel volume, di Bigongiari, di Bilenchi, di Ferrata, di Zampa, di Sereni, di Luzi e Landolfi; e anche Gottfried Benn in alcune preziose lettere; e Montale, Jorge Guillén e Alien Tate in versi dedicati alla memoria dell'amico. In un ampio saggio Oreste Macrì descrive la parabola di Traverso in parallelo a quella dell'ermetismo: « Addetto, nella distribuzione dei nostri compiti generazionali, alla specula ellenicoger manica (con qualche mirino sui nostri trecentisti, sul barocco di Góngora, sui cigni, selvaggi di Yeats, sulla "torma prediletta" del surreale eluardiano, sul mare crepuscolare di Juan Ramon, stili'Atteone di Ezra Pound...), ci costruì — per critica, traduzione, mimesi originale — le tre triadi fondamentali di quell'avventura romantico-simbolista fino al reale rovesciato dell'espressionismo.. ». Aggiunge Carlo Bo: « Traverso è sialo un maestro della lettura e nel segna della lettura era riuscito a formarsi una biblioteca ideale, una specie di pianeta spirituale in cui si muoveva con tutte le carte in regola e con la taciuta ambizione di modellare la sua esistenza su quei testi che costituivano per lui la sola immagine della verità ». Ricco di interessi che scavalcavano la sua specializzazione, Traverso percorse i classici greci e i grandi romantici tedeschi con una medesima passione, fino a tradurre passi dai Quartetti di Eliot e liriche di Octavio Paz. Tutto ciò non va visto soltanto all'insegna della versatilità (che pure egli ebbe, e molta), ma va iscritta al bisogno di definire e descrivere i confini di un orizzonte che permet¬ dpaspdmldd«sèdplrsdci vdepiam tesse alla poesia (quella degli amici cui si dedicava con amore, quella di Luzi in primo piano) di acquisire un superiore respiro. Quanto a Petrarca, poi, il sole del pianeta che egli .andava plasmando, si veda una pagina dedicata a una visita ad Arquà, in cui Traverso segna i termini che più lo rapiscono nel Canzoniere: « Il dubbio costante che non ammette evasioni definitive », « I limili di ricordo e di attesa, di sgomento e speranza, di desiderio e pentimento », e il « riflusso lagunare » di ogni sonetto, « dove ogni arresto è solo sospensione imposta da un dolce esaurimento, una pausa prima della ripresa ». Traverso era dunque per l'interiorizzazione della cultura e della poesia, per il nasconder le tracce e i tramiti dell'ispirazione. In un mondo come il nostro, dove invece i cartellini della moda mutano velocemente, ma ambiscono di essere puntigliosamente esibiti, il suo atteggiamento può perdersi come si perdono i segni abituali del passato, o, affacciarsi come un avverti- mento Enzo Siciliano

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