QUALCHE TITOLO IN VETRINA

QUALCHE TITOLO IN VETRINA QUALCHE TITOLO IN VETRINA Tra gli storiografi francesi dell'inizio del nostro secolo, Augustin Cochin è un esponente minore ma significativo di quell'anarchismo scettico, elegante e reazionario che si potrebbe definire in qualche misura longanesiatto: un atteggiamento in cui.la negazione violenta di ogni valore nuovo che emerga dai vecchi si accompagna a un poco realistico auspicio di valori ancora più radicalmente nuovi che, a guardare bene, sono molto simili a quelli ormai travolti dalla storia. Un esempio di questa visione del mondo si ha nel saggio di Cochin Meccanica della Rivoluzione (Rusconi, L. 1800), che è una filippica antigiacobina. L'autore sostiene che la grande vicenda rivoluzionaria iniziatasi nel 1789 fu manovrata da pochi individui, scaltri nel presentarsi come interpreti della volontà popolare, ma in realtà - animati dal desiderio di esautorare il popolo da ogni funzione, sottoponendo il suo slancio alle direttive di una « macchina » impersonale e spietata. Il bersaglio è in realtà più ampio e universale: è la democrazia parlamentare, in cui l'autore vede * una forma intermedia e bastarda,» della « democrazia pura », identificata con una utopistica età dell'oro. Cent'anni fa, dopo la proclamazione del Reich germanico, l'ormai esangue nobiltà renana, bavarese e turingia guardava ancora agli Hohenzollern come a dei parvenus e a Guglielmo I come a un usurpatore. In realtà questa famiglia di « signori della guerra » si era dimostrata nell'ultimo secolo l'unica pretendente legittima al trono imperiale; e ancor prima aveva domato la riottosa aristocrazia Junker, preannunciando il tramonto della costellazione feudale in cui si era frantumato il Sacro Romano Impero e l'ascesa militare, politica ed economica che avrebbe fatto recuperare alla Germania secoli di ritardo sul divenire storico dell'Europa. La storia della dinastia brandeburghese è narrata magistralmente da Walter Henry Nelson in Gli Hohenzollern, il più recente volume della collana « Grandi famiglie » dell'editore Dall'Oglio (L. 7000). Esaurienti, vivaci e giustamente romanzeschi, come le vicende narrate, sono i capitoli sui grandi unificatori della Prussia, Federico Guglielmo I e Federico il Grande; ma forse la parte più affascinante del lungo studio è quella sul rapido declino degli Hohenzollern dopo i trionfi di Bismarck, fino | all'ultimo Kaiser, Guglielmo 11, « caricatura ipersensibile, quasi estenuata, anche se vanamente minacciosa, di un re-soldato prussiano ». Il dialogo con le altre fedi cristiane e non cristiane, avviato dal Concilio, non ha ancora raggiunto, ina presuppone, lo stadio del confronto aperto con le espressioni più conseguenti del pensiero teologico protestante degli ultimi decenni. Questo confronto implica però, a sua volta, una conoscenza approfondita che ancora non esiste. In Italia, per esempio, l'opera di un Niebuhr, di un Barth, di un Bonhoefjer è poco nota; lo è ancora meno quella di Paul Tillich, il teologo luterano tedesco-americano di cui Mursia pubblica ora uno degli ultimi saggi, Il cristianesimo e le religioni (L. 2000). Meno radicalmente pessimista di Barth e Bonlioefjer. Tillich nega che sia passato il tempo dell'interiorità e della coscienza e che il mondo si avvìi ad un'epoca completamente non - religiosa; egli postula par i cristiani un *coinvolgimento nella storia» che faccia salvi i valori della fede e quelli della cultura, ed auspica un incontro con i non cristiani basato sulla fiducia e il rispetto reciproci. « m. b. *

Luoghi citati: Europa, Germania, Italia, Prussia, Sacro Romano Impero