Le lunghe sere del Pardo di Sandro Viola

Le lunghe sere del Pardo LA SPAGNA A TRENTACINQUE ANNI DALLA "CROCIATA,, Le lunghe sere del Pardo Da anni si dice che Franco è malato e perde la memoria; ma i fatti dimostrano che, a 79 anni, egli regge ancora il Paese da padrone assoluto: «Il giorno che morirà, nelle strade ci sarà un silenzio terribile, da Apocalisse» - Gli americani, i ministri dell'Opus Dei, la corte di famiglia non possono nulla sul Generalissimo - Ha definito in ogni particolare la successione - « Il ;"rimo governo dovrà funzionare bene, altrimenti ci penseranno i militari» (Dal nostro inviato speciale) Madrid, ottobre. Le voci sono le stesse da anni. Franco è malato, il maquillage e gli antisintomatici non bastano più a celarlo. Subisce improvvisi cali dell'attenzione, si è fatto querulo, la sua memoria declina. Le voci di sempre ripetute dalla gente di sempre, l'avvocato, il professore universitario, il conte, la così detta opposizione legale. Una sola è nuova, ed è la più fantastica di tutte. Ottobre '70: Nixon arriva a Madrid con un celebre neurologo camuffato da suo medico personale per accertarsi delle condizioni di Franco. Il neurologo partecipa ai ricevimenti ufficiali senza mai togliere gli occhi dal Generalissimo, studiando il passo, le mani, il battito delle palpebre. Poi redige un rapporto segreto, e il rapporto è secco: Parkinson, morbo di Parkinson. Vita e chiarezza Ma contro le voci ci sono i fatti, e il fatto sicuro è che a 79 anni Franco regge ancora la Spagna da padrone assoluto. A ritirarsi, lo ha detto venerdì scorso, non ci pensa neppure. « Sinché Dio mi darà vita e chiarezza di mente », ha detto, « resterò al timone dello Stato ». La frase è calata sulla piazza d'Oriente gremita di centinaia di migliaia di spagnoli, e subito sì è levato un grido possente: « Siempre contigo, siempre contigo ». Perché una grossa parte della Spagna, questo è sicuro, è ancora con lui. « II' giorno che morirà », mi dice un oppositore che conosce la Bibbia, « nelle strade spagnole ci sarà un silenzio terribile, il silenzio dell'Apocalisse ». Certo, la voce e l'andatura del vecchio generale si sono fatte senili. Certo, altri statisti famosi sono arrivati agli ottanta più prestanti di lui. Ma sotto alcuni aspetti Franco è assolutamente lo stesso di trentacinque anni fa: l'imperscrutabilità, per esempio, l'impermeabilità a qualunque pressione, sono ancora quelle che provocarono in Hitler fa Hendaye, l'ottobre '40) l'impeto irrefrenabile di rabbia passato negli archivi del Terzo Reich. Lo sa il suo entourage familiare (il gruppo ristretto di persone con cui trascorre le serate), lo sanno gli americani. Gli americani volevano che Franco si ritirasse, e che abbiano fatto qualche pressione — alcune anche maldestre — è ormai fuor di dubbio. Sono in molti, a Madrid, a mettere in relazione la prossima partenza dell'ambasciatore degli Stati Uniti Hill con gli articoli usciti tra luglio e agosto sui giornali americani circa il declino di Franco e l'imminenza della successione. Hill era a Madrid da poco più di due anni, aveva negoziato con successo il rinnovo degli accordi di cooperazione militare, niente faceva pensare che dovesse lasciare l'incarico. Ma improvvisamente, subito dopo il discorso in cui Franco ha riaffermato l'intenzione di non lasciare il potere (e quel significativo accenno alle swe1 facoltà mentali, messe così apertamente in discussione dalla stampa americana), ecco la notìzia che l'ambasciatore verrà richiamato in patria alla fine del mese. Le incognite Hill aveva fatto discorsi troppo scoperti circa le preoccupazioni dei responsabili politici statunitensi? Si dice. Si dice che anche Nixon, anche Spiro Agnew avessero tentato un'opera di convincimento sul Generalissimo. Ma queste sono voci, e neppure tanto plausibili, dato che è molto difficile immaginare il Presidente degli Stati Uniti suggerire al Caudillo de Espana di andarsene in pensione. La cosa certa è che ci sono stati dei sondaggi, e che da essi trapelavano chiaramente le preoccupazioni di Washington. Il ragionamento americano è semplice. Se Franco dovesse morire ancora al po¬ tere, la successione si presenterebbe incerta. Ci sono le istituzioni, è vero, le carte costituzionali che prevedono l'instaurazione della monarchia ed il regno di Juan Carlos di Borbone. Ma restano troppe incognite: la piazza, la Falange, che potrebbe avere un ultimo sussulto (un ritorno alle origini repubblicane, come succede ai fascismi agonizzanti), e soprattutto l'esercito. L'esercito è un enigma, il solo elemento sicuro è la sua fedeltà a Franco, non gli disubbidirà mai. Così, la successione ideale dovrebbe svolgersi in un altro modo: Franco che instaura il re da vivo, ancor vegeto e perciò in condizioni di controllare con la sua esperienza (più il carisma, più la proverbiale sottigliezza galiziana) gli avvenimenti. Allora non ci sarebbero sorprese, tutto si assesterebbe nel corso di un anno o due, gli Stati Uniti non dovrebbero preoccuparsi per le loro installazioni strategiche in Spagna, divenute ormai così vitali. Questo è il ragionamento, e gli americani devono averlo esposto con il peso che hanno in Spagna, il peso immenso che viene loro dall'essere stati i primi a rompere l'impegno di Potsdam (secondo il quale la Spagna avrebbe dovuto essere iso¬ lata, boicottata sino alla caduta del franchismo), i primi a consigliare agli alleati occidentali « di astenersi », come scrisse James Forrestal nel '47, « dal discreditare il regime militare spagnolo». Tace sempre Ma tale influenza, e l'innegabile praticità del ragionamento, non hanno avuto su Franco la minima presa. L'uomo resta estraneo ai tentativi altrui di condizionarne le scelte, e la leggenda vuole che non abbia bisogno di dire di no, che faccia ancora come con Hitler ad Hendaye: cioè taccia, semplicemente. Così col suo entourage, J,a corte del Pardo è ristretta, sempre la stessa da tanti anni, quasi tutti militari (perfino il capo della Casa civile) e rarissimi civili. Il gruppo dei Polo (parenti di donna Carmen), quello dei Villaverde (i parenti acquisiti della figlia di Franco, Carmencita), il medico Vicente Gii, l'intendente del Pardo, le amiche di donna Carmen (la moglie del sindaco di Madrid, Arias Navarro, la vedova dell'ex ministro degli Interni, Alonso Vega), e il « giro » di Nicolas Franco, fratello del Caudillo. Tutto questo gruppo di persone non ha alcuna sim- patìa per Z'équipe cosiddetta dell'Opus Dei, i « tecnocrati », gli « europeisti », gli «aperturisti», raccolti attorno ai ministri Lopez Rodo e Lopez Bravo. Le loro preferenze vanno comprensibilmente (data l'origine, l'età media, gli interessi) agli uomini della vecchia struttura dello Stato franchista, i membri del Consìglio del regno, i dirigenti del Movimiento e dei sindacati, la gente che l'opposizione definisce col termine sbrigativo di « falangisti ». Nelle lunghe sere del Pardo, nella propizia atmosfera delle festività familiari, la corte del Generalissimo ha fatto le sue démarches, ha tentato il tentabile per limitare il potere crescente degli « opusdeisti ». Ma i tentativi non sono serviti a niente e il gruppo Opus rafforza la sua presa sul potere. Con l'elezione dei 104 deputati (un quinto dell'assemblea), che vengono eletti a suffragi diretti, ha migliorato la sua posizione alle Cortes. Le previsioni vogliono che la migliorerà presto anche all'interno del Consiglio del regno, dove i suoi avversari sono numerosi e potenti. Ma, soprattutto, il gruppo è riuscito a togliere di mezzo l'affare Matesa, il grande scandalo finanziario che minacciò due anni fa di travolgerlo. Lo scandalo era già stato svuotato di molta della sua pericolosità e ora — dopo l'amnistia concessa il 1" ottobre — è una bomba disinnescata per sempre. Ma neppure l'Opus, pure così sull'onda, può molto contro le convinzioni di Francisco Franco. C'era il progetto di legge sulle « associazioni » previste dalla Ley Orgànica (l'ultima carta costituzionale spagnola), e il gruppo « europeista » del governo era interessato naturalmente alla sua approvazione, bisognoso com'è di patenti da mostrare ai partners occidentali: qualche segno, magari vago, di cambiamento; ecco, vedete, non abbiamo partiti politici ma abbiamo le « associazioni ». Tutti lo sanno Il progetto era d'una cautela assoluta. Per costituire un'« associazione » erano necessarie diecimila firme e l'adesione ai principi del Movimiento, la struttura politica (specie di partito unico) spagnola. Ma quando il Consiglio nazionale del Movimiento, cui toccava di redigerlo, lui passato il progetto al Jefe del Movimiento, cioè Franco, il progetto è stato come inghiottito nei meandri del Pardo, l'antico casino di caccia dei monarchi spagnoli, e nessuno ne ha saputo più nulla. Non gli americani, dunque, non i compagni delle lunghe sere del Pardo, non i ministri dell'Opus possono qualcosa su Francisco Franco. Nessuno fuori che lui peserà sul futuro della Spagna, almeno il primo futuro, quello che si aprirà con la sua scomparsa. La successione l'Iia progettata, decisa, definita in ogni parti¬ colare lui. « Essa si svolgerà », dice Rafael Calvo Serer, leader dell'ala sinistra dell'Opus Dei, cervello e manager del giornale Madrid, « tranquillamente. Tutti i politici responsabili, compresi quelli dell'opposizione, sanno una cosa: che semmai dovesse incrinarsi la legalità istituzionale (vale a dire il pacchetto delle decisioni prese da Franco), ci sarebbe l'avvento d'una legalità marziale ». Il futuro re Così che non è difficile immaginare in concreto la prima Spagna dopo Franco. E' pronto tutto, manca solo un dettaglio che tutti prevedono però per molto presto, forse tra poche settimane: la nomina del principe Juan Carlos a Capitan General, il massimo grado dell'esercito spagnolo, ora tenuto (dopo la morte di Munos Grande e Alonso Vega) soltanto da Franco. Il grado dovrebbe fornire al principe divenuto re l'ascendente gerarchico necessario ad affrontare eventuali resistenze all'interno delle Forze Armate. « Il primo governo dopo Franco », dice un membro dell'Opus Dei fra i più addentro nel meccanismo del potere, « sarà quasi sicuramente un governo civile presieduto da un militare. Esso dovrà funzionare bene, perché se non funzionerà ci sarà subito un secondo governo, questa volta composto tutto da mdilitari». Il dopo Franco immaginato tante volte dalla sinistra europea, la fine dell'incubo autoritario, il prorompere della duilettica democratica, la cancellazione del franchismo come concezione e metodo politici, è quasi sicuramente un sogno. Sandro Viola Madrid. I militari e i borghesi: l'esercito è un enigma, solo elemento sicuro è la sua fedeltà al Caudillo (Foto Carrubba e Annamaria Marinelli)