Petroliere a Venezia di Francesco Rosso

Petroliere a Venezia Petroliere a Venezia (Una Rotterdam adriatica?) Venezia, settembre. Non passa giorno senza clic qualcuno, a Venezia ed a Roma, rimetta in circolazione la voce clic la li.irtli per csblcgge sui salvare mi- sla Serenissima dal disastro è. sul pillilo eli essere approvala dal Consiglio dei ministri per essere poi discussa con urgenza dal Parlamento. Poi le voci si disperdono fra lo stormire dei colotnlti e gli ut ti in i turisti che si attardano in questo languido line settembre, stagione aderente come una pelle alla Venezia dei decadenti. Vediamo di chiarire una situa/ione quanto mai complessa. Da Roma giungono voci su una .rimanipolaziorie della legge speciale per Venezia da presentare in ottobre al Parlamento; a Venezia, il consiglio regionale nei giorni scorsi ha dichiarato, come il consiglio comunale, di voler concretare una scric di suggerimenti da sottoporre al governo prima che la legge per Venezia passi alle Camere. Dunque l'antico bisticcio fra potere centrale, Regione e Connine continua, con la conseguenza che finiscono |kt paralizzarsi l'uno con l'altro. In una sua lettera al nostro giornale il professor Sergio Dalla Volta, consigliere repubblicano alla Regione, afferma giustamente: « II problema immediato ili salvare Venezia presuppone leggi valide e volontà polìtica di bene operare ». Ma, a quanto pare, olire alla mancanza di leggi valide, ciò che più (biella è la volontà politica di salvare Venezia dal disastro. La colpa non c tanto dell'innegabile inerzia dell'amministrazione comunale, e di quella, clic già si profila, della Regione, ina soprattutto di Roma. Se a Venezia si scontrano, paralizzando ogni cosa, la corrente di forze nuove (la sinistra c in maggioranza nel capoluogo) e quella ex dorotea di Iniziativa popolare, che domina tutto il Veneto, a Roma tali contrasti assumono dimensioni drammatiche lasciando sos|iettare, come afferma il professor Dalla Volta nella sua lettera, che non si voglia concedere a Colombo il inerito di aver varalo la legge per Venezia, e che la Serenissima sia addirittura uno degli atout nella corsa al Quirinale. Come e già stato scritto più volte, il dissidio si accentra su due tendenze di grande interesse economico: sviluppare ulteriormente Marghera con la « terza zona industriale », oppure lasciar perdere tutto e costruire dal nulla un grosso porlo ed un ciclopico complesso industriale alla foce del Po. Per la prima soluzione si trovano pienamente d'accordo la destra economica c tutta la sinistra, dai comuni sti ai forzane/visti della de; per la seconda, padrini autorevoli sono l'onorevole Risaglia, di Rovigo, ed il segretario regionale della de, Risson, di Venezia, appartenenti agli ex dorotei che l'anno capo a Rumor. Occorre ascoltare little le voci per trarre qualche conclusione. Vladimiro Dorigo, fuori dalla tic ma assai ascollato dalla corrente di Forze nuove, dichiara senza reticenze che la «terza zona industriale» rappresenta la vita per Venezia. « Se non ci lasse Marghera, quei 40 mila operai che vi hanno trovato lavoro sarebbero finiti a Milano e 't'orino ». L'ingegner (ìiavi, presidente del consorzio per il porto di Marghera, afferma con altrettanta sicurezza che, senza alcun pregiudizio per il centro storico, ne diretto né indiretto, si può sviluppare l'industrializzazione di Marghera. Anch'egli è convinto che, senza Marghera, i -10 mila operai avrebbero cercalo lavoro altrove. Ma la loro occupazione c un prezzo che vale la distruzione di Venezia, sommersa dagli inquina menti atmosferici e delle ac qiic lagunari? Su questo pun lo l'accordo della destra economici e della sinistra è assoluto; semmai, dicono, e Ve nezia che inquina Mestre e Marghera, perché il vento spi ra sempre dal mare verso terra, e inai viceversa. L'ingegner Usigli, prcsiden te della Camera di Commer-leimlazscbfluclcleglpnlrtsbOtc ciò, ha una stia visione per salxarc Venezia; fornire le tre bocche di porto (li Lido, Malamocco e Chidggia, allravcr- so cui la laguna comunica con , a e e - l'Adriatico, di porte mobili, eia chiudere quando il mare infuria e- spalancare quando il mare è calmo. Si eviterebbero le acque alle- e si lascerebbe alle maree la Iunzione eli spazzine elclla laguna che hanno svolto nei secoli. A Malamocco, la bocca di porlo dovrebbe sempre essere chiusa, anzi, fornita di loclys, in modo che le navi possano entrare ed uscire ceni qualsiasi mare- perché con due paratie stagne il livello elellc acque può essere costante. Però il prezzo dell'operazione, da aggiungere a eptrllo per l'acquedotto e le fognature, assorbirebbe 200 miliardi, e ne rimarrebbero ben pochi per i restauri di cui Venezia ha bisogno urgente'. Tanto l'ingegner Usigli clic l'ingegner Giavi sono del parere che, se il canale elei petroli e l'ampliamento industriale di Marghera fossero bocciati, Marghera morirebbe. Oggi possono giungere al porto industriale navi line) a ventimila tonnellate; col nuovo canale, di cui mancane) 1800 metri scavati solo a eloelici metri di profondila, diventerebbe interamente navigabile per le navi di 65 mila tonnellate; si tratterebbe eli approfondire l'ultimo tratto eli due metri, in modo che le navi possano attraccare anche alla seconda e terza zona industriale. Contro questa soluzione sono « Italia Neislra » ed in buona misura i repubblicani i epiali, per entrare nella giunta municipale con l'assessore all'ecologia avvocato Scassettati, hanno preteso ed ottenuto dalla de veneziana il blocco della «terza zona* al limite attuale, cioè all'imbonimento eli bare-ite per 1^00 ettari, con la rinuncia di strappare alla laguna altri 2500 ettari, conservando a Marghera gli attuali livelli di occupazione. Hanno consentilo allo scavo completo del canale-. « Siamo convinti clic il cornile ili danni ne ha giù arrecati, dice Jl dottor Luigi Senno elei pri, e clic ne arrecherà ancora, ma non I sono le ulliine opere di scavo di quei 1800 metri che potranno essere fatali a Venesi il ». In sostanza, si vorrebbe la «terza zona industriale» non solo per potenziare 'Marghera, ma per alleviale le attuali condizioni di disagio del centro storico. « Nella terza zona, dice l'ingegner Usigli, noi trapianteremo le industrie ormai vecchie e puzzolenti della prima zona, allontanando un poco fumi e odori da Venezia e du Mestre, e le sostituiremo con industrie ad alto livello tecnologico, perciò non inquinanti*. K sulle superfici che si renderanno libere nella prima zona sorgeranno altri orribili agglomerali urbani, paragonabili a Mestre? « No, risponde l'ingegner Usigli, ne faremo giardini, piscine, stadi, un grande complesso per il tempo libero». Sono tutte buone intenzioni, o progetti condannati a rimanere tali? Intanto la strada d'Alemagna clic dovrà congiungere Monaco di Baviera a Porlo Marghera va avanti, perché quest'ultimo, elice l'ingegner Usigli, interessa soprattutto ai tedeschi. «Oliando una cnnimissione di esperti industriali tedeschi sono venuti a visitare Marghera, dice ancora, sono rimasti stupiti. Ma questa è un'alt ni faccia di Venezia, hanno esclamalo, non ci sono solo Piazza San Marco ed i t olombì ». Nonostante le mólte assicurazioni, c quasi certo che il canale elei petroli sarà esiziale per Venezia, perche consentila la eie-azione a Marghera di industrie petrolchimiche respinte anche dai comuni che non hanno tesori da salvare. Bisognerebbe trovare il modo di salvare quelle industrie che non arrecano danno al centro storico c nello slesso tempo inventale nuove attivi» che rivitalizzino la Serenissima. Senza eli questo, si possono erigere tutte le dighe possibili per I renare le inaree, Venezia, già mezzo spopolata e sclerotizzata, morirebbe comunque d'inedia. Francesco Rosso (

Persone citate: Dalla Volta, Luigi Senno, Rumor, Sergio Dalla Volta, Usigli, Vladimiro Dorigo