Romanzo giallo delle monete di Francesco Forte

Romanzo giallo delle monete Romanzo giallo delle monete L'assemblea annuale del Fondo Monetario Internazionale, che comincia domani a Washington, ha un'importanza eccezionale: saranno sul tappeto i problemi del sistema monetario mondiale, clic dòpo le decisioni di agosto di Nixon hanno assunto spesso aspetti drammatici. Nixon ha dichiarato che gli Usa non sono minimamente disposti n ritoccare il prezzo del dollaro in oro. Nonostante che il maggior economista liberista americano, Milton Friedman (di cui molti tra i consulenti di Nixon sono ufficialmente seguaci), abbia dichiarato che il problema in questione è soltanto di facciata («coreografico», come egli ha detto), gli Usa non vogliono «svalutare» il dollaro rispetto all'oro neppure di un pollice. Si attendono tutla la modifica delle parila dagli altri Paesi, sotto l'orma di rivalutazione delle loro monete. In un anno elettorale, Nixon non se la sente di «svalutare», sebbene ciucilo che chiede agli altri, cioè una rivalutazione universale (e massiccia) delie loro monete niente altro sia che la svalutazione del dollaro, attraverso la rivalutazione altrui". Coreografia a parie, la posizione Usa è difficilmente accettabile dagli europei e dai giapponesi. Per cominciare, Nixon non solo non vuole abrogare nel prossimo futuro la'sovrattassà sulle importazioni, ma annuncia sovvenzioni alle esportazioni, di carattere selettivo. Un sussidio uniforme a tutte le esportazioni, assieme ad un'imposta su tutte le importazioni della medesima percentuale — come ha spiegato Kcynes oltre 40 anni fa — è press'a poco uguale ad una svalutazione della moneta, nella percentuale della tassa e del sussidio. Nell'ipotesi 1 di importazioni pari alle esportazioni, il dazio da solo 6 circa la metà di una svalutazione di percentuale uguale: cosi il dazio Usa del 10 per cento e pressappoco eguale negli 'effetti sul commercio internazionale e quindi sulle b lance dei pagamenti, ad una svalutazione del 5 per cento del dollaro o, che è lo stesso, a una rivalutazione di tutte le altre monete del 5 per cento. Circa il futuro del sistema monetario, modifica delle parità a parte, da Nixon poi non s'è udito molto. Ad esempio non si sa fino a che punto il Presidente accetti, come sistema permanente, i cambi flessibili entro una banda di oscillazione, che alcuni auspicano, per i rapporti fra grandi arce monetarie; e fino a che punto accetti di accrescere la l'unzione dei difilli speciali di prelievo, rispetto al dollaro e all'oro, e di accrescere il ruolo degli europei, dei giapponesi o dei popoli del terzo mondo nella creazione e gestione di tali diritti c, in generale, nella gestione della liquidità monetaria internazionale. Il direttore del Fondo Monetario Internazionale ha studiato un assieme di rivalutazioni c svalutazioni da far tremare le vene e i polsi: rivalutazione del 15 per cento per lo yen giapponese, del 12,5 per cento per il marco tedesco e del 7 per cento per la sterlina e via via modifica delle altre parità di conseguenza; in aggiunta a tutto ciò, svalutazione del dollaro (rispetto all'oro e quindi ad ogni moneta) compresa tra il 3 e il 5 per cento. I giapponesi hanno già dichiarato che questo è per loro inaccettabile. Lo yen, in tal modo, sarebbe infatti rivalutalo globalmente del 20 per cento. E del destino della sovrattassà non si parla neppure. Inoltre, i giup ponesi sono disppsti a fare dei sacrifici (non però di tale culi tà) a condizione che si riformi il sistema monetario mondiale ponendovi al centro i diritti spe ciati di prelievo e dando al Giappone, in relazione a tale sorta di moneta mondiale con vcnzionale, un ruolo di primo piano. Gli europei sono uniti soltanto in due cose. Anzitutto la richiesta di abrogazione della so vratlassa del 10 per cento, quindi la richiesta agli Usa di accettare una svalutazione del della io rispetto all'oro e il rifiuto di truppe grosse rivalutazioni delle loro monete. Anche quella richiesta di svalutazione, clic gli europei avanzano, tutto sommato è basata sull'ipotesi clic gli Usa, essendo per loro un'umiliazione, non l'accetteranno. Ciò emerge dalle dichiarazioni dello stesso presidente francese Ponipidou, il quale ha affermalo che la Francia non vuole modifiche della parità del franco, perché esso non è adatto sottovalutalo. Per il reato, la Francia vuole un maudedinonifuspziPaincomdedudazimdeacridepemtatanpraflpsecPluhspdptrpmctenpdlonl'vdpNdatsac maggior ruolo per loto. Vuole ambi fissi, ancorati all'oro, uttavia ammette una modifica del sistema dei cambi, nel senso di una fascia di fluttuazione, non troppo grande. Le ex colonie francesi chiedono però una funzione maggiore dei diritti speciali di prelievo e una posizione, in questo quadro, per i Paesi del terzo mondo. La Germania rifiuta una rivainazione troppo grossa del marco e, attualmente, controlla il marco fluttuante al livello dell'I I per cento di aumento: due terzi della strada calcolata dal Fondo Monetario Internazionale. Vorrebbe, anch'essa come il Giappone, una riduzione del potere del dollaro, mediatile accrescimento di quello dei diritti speciali di prelievo. Anche talia rifiuta la rivalutazione della lira, salvo di una modesta percentuale e auspica una riformo del sistema monetario, basata su una diminuzione d'importanza del dollaro. Le autorità del Mec auspica no che, al suo interno, si trovi al più presto un chiarimento sui rapporti di cambio: le attuali fluttuazioni delle monete hanno paralizzalo il Mec agricolo. Non sembra però che questo dispiaccia mollo alla maggior parte dei Paesi membri, visto che quasi lutti, contro il Mec agricolo, hanno elevalo lagnanze. Né dispiace all'Inghilterra, che considerava il Mec agricolo come il principale ostacolo alla sua entrala nella Comunità Europea. A parole, poi, tutti auspicano una moneta comune europea e il controllo dei capitali vaganti internazionali. Nel frattempo hanno eretto, ciascuno per conto proprio, una particolare barriera difensiva. Sarà interessante vedere, qualora l'assemblea del Fondo Monetario approdi ad un «nulla di l'atto», in un clima non distensivo, che cosa faranno gli europei di fronte all'accentuazione di protezionismo annunciata da Nixon e di Ironie alla ricerca, da parte del Giappone e degli asiatici in genere, di altri mercati. E come fronteggeranno il rischio di stagnazione, connesso al possibile «sgonfiamento» del commercio internazionale. Francesco Forte

Persone citate: Milton Friedman, Nixon