Roma: perché la posta è come una "lumaca" di Francesco Santini

Roma: perché la posta è come una "lumaca" Gli abitanti esasperati dai forti ritardi Roma: perché la posta è come una "lumaca" Una lettera arriva a destinazione dopo 5-6 giorni, invece delle 56 ore regolari - Il frenetico lavoro dei cottimisti e l'aumento degli straordinari (60 miliardi l'anno) - La crisi aggravata dalla distribuzione di pubblicità - I portalettere: «Siamo diventati delle bestie, da soma» (Nostro servizio particolare) Roma, 24 settembre. « A Roma, ricevere una lettera è come ottenere una grazia ». Così afferma Lamberto Filisio. 36 anni, segretario provinciale della CgilPP-TT; critica l'ultimo sciopero delle poste romane, quello dei portalettere del quartiere Appio che, scavalcati i rappresentanti sindacali, per sei giorni si sono rifiutati di consegnare lettere, cartoline, stampe e raccomandate ai seicentomila abitanti della zona. « Siamo riusciti a riprendere in mano la situazione e a giungere ad un accordo quando la tensione nel quartiere, specie tra i commercianti, era arrivata al limite di rottura: un'ora prima di concludere le trattative gli uffici erano sul punto di essere invasi: la {olla è stata trattenuta a stento dalla forza pubblica ». I sindacati di categoria non hanno condiviso l'agitazione dell'Appio «perché, sebbene la base abbia ragione, chiedere isolatamente due ore al giorno di straordinario, dicono, non risolve il problema di una borsa che pesa 40 chili. Il portalettere, anche se pagato meglio, continua infatti a fare il somaro per poche centinaia di lire in più». Risolvere il problema, a parere dei sindacalisti, significa ristrutturare il servizio «evitando che una lettera invece di 36 ore dall'impostazione, impieghi, di regola, 5-6 giorni per arrivare a destinazione». Vuol dire impedire le 10-12 ore di straordinario compiute in alcune giornate da un cottimista dell'ufficio «Arrivi e distribuzione». L'irrazionalità del servizio è dimostrata dai 60 miliardi l'anno che l'amministrazione spende per gli straordinari. «Lo straordinario va abolito, sostiene Mario De Paolis, che ha contribuito a risolvere la vertenza all'Appio, ma l'amministrazione deve provvedere con nuove assunzioni. I 1200 portalettere di Roma sono insufficienti. La città, con 36 mila strade e tre milioni di abitanti, ha esattamente le stesse strutture postali di 20-25 anni fa, quando aveva un milione e mezzo di persone». I cottimisti da 10-12 ore al giorno di straordinario sono, a Roma, una trentina. Lavorano nei sotterranei della stazione Termini, nell'ufficio «Avviamento e distribuzione» di «Roma-Ferrovia». Nella primavera scorsa i locali furono visitati dal «pretore degli inquinamenti», Gianfranco Amendola, chiamato sul posto da un improvviso sciopero per due casi di epatite virale. Ispezionati gli uffici, il dottor Amendola ne riscontrò la «piena inadeguatezza igienica ed ambientale». Se ne andò verbalizzando due contravvenzioni: al direttore dell'ufficio, Sciamilo, e al direttore provinciale Francesco Marina. In piedi, davanti a un casellario ad undici spazi, tanti quanti sono i palazzi postali di Roma, i cottimisti lavorano a ritmo frenetico. Da una cassetta in legno che contiene un chilo e duecento grammi di posta (pari a ottocento pezzi) estraggono la corrispondenza e, letto l'indirizzo, la lanciano in una delle undici caselle. Per ogni cassetta l'amministrazione postale calcola un'ora di lavoro; smistate sette cassette, comincia lo straordinario. «Un buon cottimista, in un'ora può anche arrivare a due cassette, dice Filisio, ma alla fine della giornata è uno straccio. Letto l'indirizzo, deve selezionare automaticamente le 36 mila strade romane per lanciare la busta in una delle undici caselle». Il lavoro è massacrante, molti sono gli esaurimenti nervosi, moltissimi gli sbagli. A Roma Ferrovia viene convogliata tutta la corrispondenza della capitale: quella arrivata durante la notte negli aeroporti e quella giunta in treno. « E' il cuore del servizio postale: basta uno sciopero dei trenta cottimisti per paralizzare il servizio». Alla Stazione Termini, ove ha inizio il disservizio postale romano, mancano perfino i carrelli per scaricare un treno in partenza. Per iniziare il lavoro si deve aspettare che un'altra squadra di operai abbia concluso il proprio compito. Non è raro il caso che si assista, sotto le pensiline della stazione, ad una contrattazione tra capo ufficio e squadra di impiegati per lo scarico di un vagone. La crisi del servizio non è recente, ma, negli ultimi anni, la situazione si è aggravata con il proliferare delle stampe. «Il sessantasettanta per cento della posta che smisto e che quindi finirà nella borsa del portalettere, dice un cottimista, è costituito da stampe. Per una stampa eseguo lo stesso lavoro richiesto per una lettera e la stessa fatica sarà compiuta dal postino: ucqiNsdmlal'uclpfssl«pvsdtmltrliisbbgMddsadttAsscècpspi una lettera però è affrancata con un francobollo da cinquanta lire: una stampa paga invece soltanto cinque lire. Negli ultimi due anni l'afflusso delle stampe è cresciuto del 20 per cento; noi facciamo il venti per cento del lavoro in più, ma né noi né l'amministrazione incassiamo una lira di più». «Le stampe, dicono i sindacalisti del settore, prendono l'aereo come le lettere». Gran parte della posta viaggia infatti con voli notturni e non sempre la quantità dei manoscritti è sufficiente a riempire la stiva di un apparecchio. «Si. caricano quindi stampe per riempire gli aerei. Ma i voli, in alcuni casi, si dimostrano inutili: è infatti assodato che una lettera impostata a Monza alle sette del mattino di lunedì prenderà l'aereo per Roma nella notte tra martedì e mercoledì. Arriva nella Capitale il mercoledì mattina, viene smistata il giovedì e arriva a Viterbo il venerdì col treno, per essere recapitata, se tul'o va bene, nelle prime ore del sabato: ecco un esempio di sei giorni di viaggio». Francesco Marina, direttore provinciale delle Poste romane, ci fa vedere una cartolina spedita ai suoi colleghi da Rimini il 19 agosto: «Anche a noi capita di sesere mal serviti: la cartolina è arrivata il 20 settembre». La vertenza del quartiere Appio, risolta in extremis dai sindacati, minaccia di ripetersi estendendosi a tutta la città. Alla base dell'agitazione è il problema delle stampe che riempiono la borsa del postino costringendolo ad un superlavoro. «Consegnare una lettera, dice Emidio Rossi, portalettere, è sempre una bella soddisfazione: si tratta di una grande responsabilità; ili llllttillitl Itllll iiiillllllllllllllllllllinillll recapitare una slampa è invece una mortificazione: siamo diventati bestie da soma per fare gli agenti pubblicitari. Una pubblicità che poi nessuno guarda e che ritroviamo l'indomani nella cassetta delle lettere». Francesco Santini

Persone citate: Amendola, Emidio Rossi, Gianfranco Amendola, Lamberto Filisio, Mario De Paolis