Truffano un industriale con un "ordine" di trecentomila paia di scarpe militari di Livio Zanotti

Truffano un industriale con un "ordine" di trecentomila paia di scarpe militari Un ragioniere e due mediatori sono stati arrestati a Roma Truffano un industriale con un "ordine" di trecentomila paia di scarpe militari Per compiere il raggiro, i tre si sono serviti della firma falsa del ministro della Difesa - L'«affare» avrebbe fruttato 150 milioni - Otto autotreni con un primo contingente di scarpe (30 mila paia) erano già arrivati nella Capitale (Nostro servizio particolare) Roma. 22 settembre. Con un fascio di documenti fabbricati ad arte e sottoscritti dalla firma falsa del ministro della Difesa, Tanassi, un ragioniere e due mediatori d'affari hanno raggirato un industriale calzaturiero ordinandogli per conto dell'Esercito italiano 300 mila paia di scarpe. Il ragionier Baldassarre Molinari, dipendente del ministero della Difesa, e i titolari dell'agenzia Ibe, Santo Rosati e Francesco Cimino, hanno inventato così un affare da due miliardi e mezzo, lo hanno ceduto all'imprenditore Marcello Masi per 150 milioni, ma infine si sono trovati a fare i conti con i carabinieri che li hanno chiusi nel carcere di Regina Coeli. I tre arrestati hanno organizzato tutto nella convinzione di poter ottenere dalla società di assicurazione torinese «Toro» un anticipo sulla tangente richiesta all'industriale. Ma la compagnia torinese, dopo aver esaminato l'intera documentazione dell'affare e averla trovata del tutto regolare, ha comunque preferito non tirare fuori una lira. Il raggiro, quindi, ha soltanto procurato un danno notevolissimo all'industriale truffato, ma non ha fruttato niente al fantasioso terzetto. Adesso, la prima partita dell'ordinazione — 30 mila paia di scarpe — sono a Roma su otto autotreni che dalle fabbriche l'avevano trasportata alla presunta destinazione. Nessuno sa che cosa I farne: l'esercito ha comuni¬ cato di non averne bisogno, ha i magazzini della Cecchignola pieni; l'industriale non riesce a trovare altri acquirenti, perché si tratta di calzature pesanti, non adatte al normale mercato. I particolari non sono ancora noti. Di certo c'è che il sostituto procuratore della Repubblica, Domenico Sica, ha ordinato la carcerazione del terzetto dopo che il colonnello Alterano, del nucleo di polizia giudiziaria dei carabinieri, aveva compiuto attente indagini. Si sa che Rosati e Cimino avvicinarono il signor Marcello Masi, proprietario di un calzaturificio a Firenze e di un altro a Treviso. Gli raccontarono di avere la possibilità di fargli ottenere una favolosa commessa, ottenendone il suo in- teressamento. Tutti d'accordo, fissarono un appuntamento: l'industriale voleva avere delle garanzie; l'affare non era del tutto chiaro. All'incontro, Rosati e Cimino si presentarono con il ragionier Molinari, il quale portava con sé i documenti che lo autorizzavano a trattare. Sembrava una cosa seria: fu firmato un compromesso che impegnava il Masi a fornire entro sei mesi 300 mila paia di scarpe al ministero, per la cifra' di 2 miliardi e 800 milioni di lire. Ai due mediatori sarebbe andata una percentuale del 2 per cento, poco più di 150 milioni. Il contratto venne poi perfezionato davanti ad un notaio, al quale l'imprenditore dovette versare 800 mila lire di parcella. Altri 15 milioni, il Masi li pagò all'ufficio del registro per la registrazione del contratto. «Voglio che sia tutto in regola», aveva detto ai mediatori. Quindi andò a Firenze e a Treviso per predisporre il lavoro; acquistò le pelli e il cuoio necessari, sollecitò la consegna di alcune macchine che aveva già ordinato da tempo. Era convinto di avere fatto un ottimo affare; neanche per .un momento aveva pensato che forse 300 mila paia di scarpe ì erano troppe anche per l'eser| cito, che tanti uomini cosi I non li ha mai avuti dalla fine j della guerra in poi. Santo Rosato e Francesco \ Cimino, intanto, si precipitaI rono a Torino per ottenere | dalla « Toro » un sostanzioso I anticipo sulla percentuale che dicevano di dovere ottenere. Ai funzionari della compagnia assicuratrice mostrarono una quantità di documenti, tentarono anche di blandirli: «E' un aliare anche per voi; sapete, lo Stato paga con lentezza, ma è un cliente sicuro. Voi ci anticipate 50 milioni e aspettate sul velluto». Ma gli assicuratori preferirono rinunciare all'affare, non se ne conoi sce la ragione. Non si sa neppure se Rosati e Cimino abbiano tentato di avere anticipi da altre società. Comunque non fuggirono, né si nascosero con molta convinzione; ed è un altro aspetto di questa storia difficile da spiegare. Fabbricate le prime 30 mila paia di scarpe, Marcello Masi decise di consegnarle subito. Forse sperava anche lui di ottenere un anticipo; la fornitura era eccezionale e aveva affrontato delle spese grosse. Affittò otto autotreni e venne a Roma con le scarpe. Ma al ministero caddero dalle nuvole, non sapevano niente di questa ordinazione; fu la stessa accoglienza anche alla Cecchignola, dove il Masi credeva di potere trovare il committente. Livio Zanotti

Luoghi citati: Firenze, Roma, Torino, Treviso