Bloch: Bibbia e marxismo di Mario Gozzini

Bloch: Bibbia e marxismo L'opera sconcertante e provocatoria del grande vegliardo Bloch: Bibbia e marxismo o a a r o n a i o i i i¬ Ernst Bloch: « Ateismo nel cristianesimo: per la religione dell'Esodo e del Regno », Ed. Feltrinelli, pag. 336, lire 3000. « Loro rideranno, la Bibbia », rispose Brecht, « che odiava fino alla nausea le nebbie pretine », a chi gli domandava quale fosse la sua lettura più cara. Lo ricorda Bloch, proprio all'inizio di questo libro (uscito nel '68 e tempestivamente tradotto), che potrebbe definirsi un saggio di esegesi biblica, sconcertante e provocatore come tutta l'opera di Bloch, il gran vegliardo marxista perseguitato nella Germania di " Ulbricht come « corruttore della gioventù », tenuto in sospetto da tutti i marxismi, mai salito sul piedistallo della moda, e tuttavia fra le « presenze » della cultura europea più ricche di fascino, specie sui giovani. Per lui la Bibbia è una componente indispensabile del vero illuminismo: « Valida per tutti al di sopra della varietà dei popoli e al di là della lontananza dei tempi ». Anche se le chiese, per i loro legami coi poteri costituiti, se ne sono servite per « colonizzare » la gente, per celebrare la fedeltà e l'obbedienza, per giustificare l'oppressione e « consolare » la miseria. Ma la Bibbia, pur attraverso le manomissioni, le contraffazioni e le edulcorazioni, resta « il libro religioso più rivoluzionario »: dal gran mare del quale emergono, con forza ineguagliata, « Azzorre » non teocratiche, « sovversive », disalienanti, apocalittiche, che chiamano l'uomo a prendere il posto di Dio, a sentire se stesso come una realtà cui non basta esser soltanto natura statica: come qualcosa di ancora non realizzato, e dunque aperto al futuro, a una novità radicale (a ecco, io faccio tutto nuovo »), al Regno escatologico, allo « spirito dell'utopia », in un intimo trascendersi liberato da ogni trascendenza extraumana. « Figlio dell'uomo » Nel testo, un'esegesi di tal genere si appoggia alle immagini dell'Esodo dall'Egitto faraonico (che precede, anche filologicamente, la storia della creazione), del serpente (« eritis sicut deus »), della lotta di Giacobbe con l'angelo, di Caino, di Giobbe ribelle; infine, e soprattutto, fa leva su Gesù che dice di sé « Chi vede me vede il Padre » e « Io e il Padre siamo uno », cioè, secondo l'interpretazione di Bloch, si insedia in Dio come uomo, eredita il regno di Dio e lo fa umano (la nuova Gerusalemme); e il suo stesso titolo dnuiagnpStEncdgdb « figlio dell'uomo », esclusivo della prima comunità cristiana, sarebbe significativo di una visione pienamente atea, incompiuta al massimo, non ancora risolta (il titolo « figlio di Dio » è invece comune alle esperienze religiose pagane e quello di « Cristo Signore » andrebbe ricollegato al culto imperiale). Già Engels distingueva il cristianesimo giudaico e apocalittico, espressione di una ricerca di libertà, e il cristianesimo greco-romano, ideologia del dominio imperiale. Tradizione ereticale Nella storia, Bloch vede il recupero delle « Azzorre » bibliche in una certa tradizione ereticale, dagli Oliti, la setta gnostica che identificava il serpente con Cristo, a Gioacchino da Fiore, a Thomas Munzer e alla guerra dei contadini tedeschi. Ma non manca di sottolineare la carica rivoluzionaria presente anche in un momento forte dell'ortodossia: il concilio di Nicea che sancì, contro Ario, l'omousia, cioè l'eguaglianza, e non la semplice somiglianza, di Cristo « figlio dell'uomo » con Dio: per nessun fondatore di religione fu mai preteso tanto, e ciò fa sì «che l'impulso di Cristo possa vìvere anche se Dio è morto». Lo stile personalissimo di Bloch, già assomigliato a una grande orchestra, che davvero evoca di continuo gli accesi colori di una musica espressionista (quasi sempre i capitoli attaccano con la proposta sintetica di un tema, che poi sparisce, riappare, si contraddice, senz'ordine formale apparente), va preso per quello che è: applicare una. critica rigorosa a questa o quella anàlisi certo discutibile, a questa o quella affermazione certo arrischiata, sarebbe fuori luogo. Quel che conta è la forza visionaria di passione per l'uomo di cui queste pagine grondano; e che, in tutt'altro tono, da tutt'altri orizzonti, richiamano, talvolta alla lettera, le pagine di un grande cristiano (oggi messo da parte un po' da tutti, e qui non citato mai, pur fra tanti teologi chiamati in causa), Teilhard de Chardin. Fra lui, credente nel CristoDio, e Bloch, ateo credente nel Cristo-uomo, c'è un tratto di fondo comune: l'orrore dell'« immobilismo », la fede strenua nella possibilità dell'uomo di uscirne, per muovere ad attingere, costi quel che costi, l'estremo vertice della sua potenza costruendo un futuro più umano. L'ontologia del non-essere-ancora, propria di Bloch, potrebbe agevolmente assumersi come chiave interpretativa dell'evoluzionismo teilhardiano: per l'uno come per l'altro, la metafisica statica fa barriera al reale meta, cioè al futuro che fermenta nel presente, e « la vera genesi non è al principio ma alla fine », il problema non riguarda il « da-dove » ma il « verso-dove » e l'« a-che-scopo ». Teilhard sottoscriverebbe certo la celebre affermazione di Bloch: « Patria è qualcosa in cui nessuno ancora fu» (che perfettamente risponde, del resto, al « non è ancora apparso quello che noi saremo» di Giovanni). A parte le corrispondenze con Teilhard, innegabile è l'influenza di Bloch sul pensiero cristiano, dall'assolo futuro del Rahner cattolico alla teologia della speranza del Molt'mann protestante. Altrettanto innegabile, la scarsa, o addirittura nulla, ricettività da parte del pensiero marxista (eccettuate, forse, certe secche intuizioni di Togliatti, solitariamente riprese da Lombardo Radice): il quale « ha subito in larga misura le stesse deformazioni che colpirono il cristianesimo salito al ruolo di religione romana di Stato », diventando « ateismo senza implicazioni », cioè senza quella carica utopica che sola raggiunge-il movimento della libertà e il suo fondamento di speranza. Il «sale» sciocco « Quando la demistificazione della trascendenza ha strappato ogni fondato trascendere, ogni trascendere utopicamente basato sull'uomo e sul contenuto del mondo, allora abbiamo come inevitabile conseguenza la trivialità, come infernale effetto il nichilismo... e l'atrofia ». E' il marxismo degenerato in sant'alleanza che sta oggi fra noi: incapace di leggere il passo sulla religione come oppio nel suo esatto contesto, e quindi di amméttere che « solo la Bibbia riesce ad evitare che il sale ateo diventi sciocco ». Di Francesco Coppellotti, ottimo traduttore, è anche l'acuto saggio introduttivo intriso di ammirazione per il suo autore, denso e fortemente polemico (non senza qualche eccesso), da giovane marxista quale dev'essere, insofferente degli schematismi involutivi correnti. Mario Gozzini Willy Brandt rende omaggio al filosofo Ernst Bloch

Luoghi citati: Egitto, Germania, Gerusalemme