Bentornata Miranda di Enzo Biagi

Bentornata Miranda ALLA TV, CON I SUOI FILM, TUTTA UN'EPOCA Bentornata Miranda o ¬ Una notte, a Venezia, tanti anni fa. Eravamo nella hall di un albergo, Antonio Pietrangeli, Renzo Renzi ed io, che ascoltavamo i racconti di Alfredo Guarini. Parlava di Isa, la moglie. « Miranda », diceva (la chiamava così), « ne ha passate tante. Ha sofferto come poche donne. Il primo marito, il giorno dopo le nozze, le disse: " Arrangiati, guadagna, fai quello che ti pare. Io soldi non ne ho; anzi: ne voglio " ». Non c'era, nella sua voce, sdegno o rimpianto; era la storia vera di un'attrice famosa, che nasceva da parole usuali, pronunciate nell'afa umida di una sera stanca, davanti a un bicchiere di whisky appannato. I retroscena umani e tristi di una leggenda, che giornali, schermi e manifesti esaltavano. Non ebbe fortuna Adesso, la televisione riporterà quel nome, quasi dimenticato, tra milioni di spettatori. Dopo la Garbo, tocca a lei. Ne sono contento: ben tornata, signora. Non so come il pubblico l'accoglierà; sono immagini legate alle vicende di altre generazioni, e i cretini del clicciac saranno forse severi con gli stupidi del yo-yo, e le ragazze con le magliette dai gradi militari, e con i cinturoni da sceriffo, rideranno delle giovinette dalle scarpe ortopediche, e le maniache della « dieta-punti » non potranno capire il florido fascino della « Signorina Grandi Firme ». lo credo, però, che se la scelta delle pellicole sarà buona, molte scopriranno il prestigio e il talento di una grande interprete, alla quale mancarono le occasioni fortunate. Più importante, certo, di molte delle « dive » attuali, che non recitano con la faccia. Negli occhi dell'Isa Miranda di Nina Petrovila o di Zazà, c'era la malinconia di un mondo in crisi, la grigia esistenza di un proletariato di periferia, la -miseria che ha carattere per lottare e, anche nella sconfitta, non perde la speranza. C'era, soprattutto, la biografìa di una stenodattilografa milanese degli Anni Trenta, figlia di un tranviere e di un'indos¬ satrice, che comincia da piccinina in sartoria e quando va a portare i begli abiti alle signore, quello che più la colpisce è il profumo dell'arrosto che sfugge dalle cucine dei ricchi, lei che è cresciuta con addosso l'odore del minestrone, una milanese che va, naturalmente, dopo l'ufficio, alla scuola serale, e fa tanti mestieri, la commessa, la mannequin e posa per i pittori di Brera, che vergogna spogliarsi la prima volta, e poi per quelle cartoline languide, lei e lui che, a giudicare dallo sguardo, sembrano travagliati da un'indigestione di uova sode o da una burrascosa traversata della Manica, e lui, il bruno tenebroso, gronda brillantina, e ha la riga in mezzo alla testa come Meazza, « il balilla », e come Nuto Navarrini, il comico. Poi. il palcoscenico dell'Arciboldi, poi un provino alla Cines, e finalmente a Roma, una parte nel Caso Haller, e con un torvo Memo Benassi, che interpretava, se ben ricordo, un tipo alla dottor jckyll, giudice di giorno e libertino dopo cena, e con Marta Abba già pirandelliana. Era il tempo dei primi rotocalchi color seppia di Angelo Rizzoli; su Piccola, Luciana Peverelli scriveva un paio di romanzi a puntate ogni settimana (diceva un personaggio: «L'amore, non esiste che l'amore, credimi. Tutto il resto non Ita importanza »), e un giovanotto arrivato da Napoli, dove faceva l'esattore del gas, un certo Giuseppe Marotta, su Cinema Illustrazione iniziava una rubrica di corrispondenza: « Se un dubbio vi tormenta, vi assale, oppure no, lettori interrogatemi, io vi risponderò ». Ai tavoli del Biffi, dove Hemingway collocava incontri e partite a biliardo col conte Greppi, eroe minore di Addio alle armi, si trovavano alcuni famelici giovanotti sbarcati dal Meridione, e che avrebbero poi fatto parlare di sé: Guttuso, Cantatore, Raffaele Carricri. Elio Vittorini, e un precettore del nobile collegio « Maria Luigia » di Parma, Cesare Zavattini. Ines Isabella Sampietro, all'anagrafe, diventa Isa Miranda per la gente, che è presa dalla collezione delle figurine « Perugina », dalle Olimpiadi di Berlino, dal richiamo delle « stelle » di quella stagione, alle quali Marco Rampcrti dedica cascate di aggettivi, e oltre a Greta c'è Marlene, c'è la Stanwyck, la Crawford, la Colbert, l'Arletty e la Morgan, alle quali noi opponiamo la casalinga Isa, un volto che non ha dietro né i cabaret della Berlino di Brecht o di Dòblin, né la Parigi della letteratura populista, ma nebbia, panettone, canzoni di Bracchi e Danzi, l'umorismo del Bertoldo e del Marc'Aurelio. Silano i « dubat » I giornali pubblicano fotografie di raduni di massaie rurali, o di sfilate di dubat sulla viu dell'Impero; in Spagna Robert Capa scatta la morte del miliziano, in Germania Leni Riefensthal celebra in un lungo documentario la bellezza pagana. Isa ha l'onore delle copertine: è autentica, scavata, il suo corpo e magro, la sedu¬ , ¬ zione nasce dall'intelligenza; per quanto la trucchino, o cerchino di renderla diversa, sofisticata, c'è in lei la prepotenza della vita, che distrugge i modelli e le pose. Non è ridicola nemmeno in Senza cielo avvolta solo da liane e da fiori di loto, neppure una infelice esperienza americana, che ne falsifica l'aspetto e la psicologia, riesce a distruggerla. Resta sempre Nennele di Come le foglie, o la sciantosa Zazà, o La signora di tutti, molti uomini, nessuna passione, sempre creature infelici, perché le sono congeniali, nelle loro vicende Isa si riconosce. Ha avuto il successo ma il crollo finanziario del marito, il produttore Guarini, l'ha ributtata indietro, ai giorni dell'infanzia a Porta Genova, coi barconi che scaricano la ghiaia, alle buie portinerie di Milano, ai mercatini dove è tornata a far la fila con la pesante borsa della spesa. Ha ricominciato da capo, è andata a Londra a recitare alla tv, a ollrire nei negozi bambole che fabbricava da sola, a badare ai bambini degli altri, a ricopiare a macchina sceneggiature: Isa Miranda è ritornata, senza sgomento, senza chiedere soccorso o comprensione la stenodattilografa Ines Isabel la Sampietro. Ha venduto, per pagare i debiti, tutto quello che aveva, non possiede né un'automobile né un gioiello, ma è serena. Sembra che non abbia neppure bisogni, le basta quello che mette insieme quando la chiamano per una piccola parte in un film o per una trasmissione. Ha detto: « l ricordi, i rimpianti, servono poco perfino a noi stessi, è inutile raccontarli agli altri ». Ha passato ormai i sessanta, ma non è sola, e sa godere della possibile feliciià. Dipinge, scrive poesie, non coltiva le memorie, cerca di capire gli altri, non impone se stessa. Non si commemora: ha avuto molte cose, soprattutto i sentimenti e la fantasia. Mi fa piacere, proprio, ritrovarla sui teleschermi. Per molti di noi, sarà come un riepilogo o una confessione. Grazie, signora Miranda. Enzo Biagi zpcs

Luoghi citati: Berlino, Germania, Londra, Milano, Napoli, Parigi, Roma, Spagna, Venezia