Macbeth entra nell'Arena
Macbeth entra nell'Arena L'opera di Verdi per la stagione veronese Macbeth entra nell'Arena nostro servizio Verona, lunedi mattina. Decima opera di Verdi a conoscere il battesimo dell'Arena, Macbeth, a differenza del memorabile « Don Carlos » di due anni or sono, non è entrato propriamente per la porta d'ingresso principale, pur raggiungendo un livello artistico complessivo più che dignitoso. Lo spettacolo, infatti, è sembrato non già il frutto di una meditata concezione organica, bensì il risultato dell'accostamento fantasioso di una serie di elementi, alcuni più validi alI tri meno, destinati a realizzare in una serie di affreschi ciò che invece andava j colto in una totalità comi patta e ben altrimenti fusa ì da una visione saldamente unitaria. Per esempio, un diretto¬ re pure esperto e competente come Fernando Previtali meritava un esordio meno rischioso: egli infatti è parso poco convinto di questo Macbeth, e la sua poca convinzione si è tradotta talvolta in una mancanza di slancio interiore, che, nonostante taluni ottimi momenti, ha finito per avviluppare l'insieme in un generale grigiore. Herbert Graf, a sua volta, troppo ha concesso alle inderogabili esigenze « areniane », sottolineate da insistiti quanto superflui sbandieramenti alla Wellmann e da un compiacimento per lo sfarzo dei costumi (peraltro bellissimi) davvero eccessivo nel Medioevo scozzese, e non sempre ha saputo evitare il trabocchetto di fucili quanto assurdi effetti spettacolari con risultati francamente dannosi alla credibilità drammatica (si vedano l'assassinio di Banco e la scena del banchetto). La compagnia di canto, pur complessivamente equilibrata, solo a tratti ha saputo immedesimarsi, vocalmente e scenicamente, nella tragica temperie di questo superbo blocco musicale, dando un contributo meno qualificante di ciò che il Macbeth richiede in alto grado specie ai due protagonisti. L'« esemplare » monotonia del correttissimo Mario Zanasi, forse resa ancor più tale dal colore eccessivamente chiaro, non è certo ideale per restituirci la cupa e arcana possanza del personaggio. Né la dizione largamente approssimativa e il fraseggio poco imperioso j sembrano i requisiti più j adatti per infondere slancio ' e mordente alla tragica terribilità di Lady, da parte I di una Marion Lippert la Londra — Michael Saint DeI nls, direttore del Teatro reale1 shakespeariano a Stratford, è . morto ieri a 74 anni. Dal 1946 a| 1952 aveva diretto la scuola deli l'Old Vie Theatre, avendo tra \ suoi allievi: Michael RedgravcI Alce Ouiness e Peter IJstinov. I quale, come già in Turatidot a Torino, punta soI prattutto sulle risorse del | penetrante registro acuto. La ben nota sicurezza di i Agostino Ferrin (Banco), la j cauta (e non certo esaltan! te) baldanza di Gianni Raimondi (Macduff), e l'eccellente prova del coro, come sempre ottimamente istruito da Giulio Bertola, completavano la parte musicale di questo Macbeth, accolto da calorosi consensi del folto pubblico, entusiasta soprattutto per le danze del j terzo atto felicemente vaioj rizzate dalla coreografìa di ; Luciana Novaro. g
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