Impiegati statali i russi in ferie di Paolo Garimberti

Impiegati statali i russi in ferie I centri di vacanza collettiva Impiegati statali i russi in ferie Ca otto milioni Hi ìiprsnnp tmsporrnnn rln nnu aCirca otto milioni di persone trascorrono da una a tre settimane di riposo nelle pensioni di Stato - Le « dacie » sono privilegio di pochi - I turisti « selvaggi » dal corrispondente Mosca, lunedi mattina. L'anno scorso, le vacanze dei russi furono rovinate dall'epidemia del colera, che colpì le zone turistiche del Mar Nero. Le autorità sanitarie presero misure severissime per bloccare l'epidemia. Ma per i poveri turisti la vacanza divenne una prigionia: tenuti in quarantena nelle case-albergo statali furono poi rispediti a Mosca — secondo quanto mi raccontò una donna che si trovava nella zona di Astrachan — su speciali treni « sanitari », con porte e finestrini ermeticamente chiusi, che non facevano sosta in alcuna stazione. Quest'anno non ci sono pericoli, ma il timore che si rinnovi l'epidemia ha spinto le autorità a prendere qualche precauzione. Già da maggio i giornali hanno cominciato a pubblicare articoli sui pericoli del « Vibrione El-Tor» (l'agente del colera), invitando la popolazione, soprattutto nei luoghi di villeggiatura, a lavare bene frutta e verdura prima di mangiarle. Poi, la tradizionale guerra ai « selvaggi » — denunciati l'anno scorso come i principali propagatori del colera — si è intensificata. I « selvaggi » sono coloro che rifuggono le vacanze collettive, organizzate dai sindacati o da altri enti pubblici, e fanno del turismo individuale. In genere, i « selvaggi » sono funzionari statali di livello medio (cioè abbastanza ben retribuiti da potersi permettere una spesa di 300 rubli, 210 mila lire, per una vacanza), oppure giovani ricchi di spirito d'avventura, che amano il campeggio. Nell'uno e nell'altro caso sono osteggiati: i primi devono pagare cifre folli per avere una camera in una località di villeggiatura; i secondi vengono regolarmente scacciati dai luoghi dove hanno piantato le tende con i più diversi pretesti. Circa un mese fa, un giornale pubblicò la protesta di due giovani sposi — evidentemente « benestanti» — i quali avevano tentato di fare una vacanza in auto, seguendo il corso della Volga: raccontavano di essere stati « presi per il collo » da albergatori esosi o di essere stati costretti, talvolta, a passare la notte in auto, perché nessun albergo aveva camere per loro. Ma la maggioranza dei villeggianti — che sono comunque una percentuale minima della popolazione — preferisce affidarsi allo Stato. Circa otto milioni di persone trascorrono da una a tre settimane di riposo nelle pensioni di Stato o nei « sanatori » (cliniche dopolavoristiche). Le rette raggiungono un massimo di 60-90 rubli a testa (il rublo, al cambio ufficiale, vale 700 lire). I centri di villeggiatura più popolari sono: Yalta in Crimea, Soci sul Mar Nero, il Caucaso e il Golfo di Finlandia. Ma l'Unione Sovietica possiede anche quattromila sorgenti minerali e settecento bagni di fanghi sparsi nel Paese. Per recarsi nei luoghi di villeggiatura collettiva occorre uno speciale buono, la « Putiovka », che viene assegnata secondo un ordine di precedenze: prima agli ammalati, poi agli eroi del lavoro, talvolta semplicemente ai... più furbi. La «Putiovka», ha scritto Gilas, è uno di quei privilegi « che la nuova classe amministra e distribuisce in nome della nazione e della società ». Valida o no che sia la conclusione del filosofo jugoslavo, resta il fatto che la stragrande maggioranza dei russi trascorre le vacanze nel luogo di residenza o, i più fortunati, in una dacia nella campagna attorno alle città. Un tempo rifugio dell'aristocrazia, la dacia — in genere una casetta di legno ad un piano, immersa nel bosco — è nobilitata da una tradizione anche letteraria. Il conte Tolstoj amava spingersi a Jasnaja Poljana, oggi meta di devoti pellegrinaggi. Pasternak — come molti altri scrittori — viveva a Peredelkino, un villaggio a pochi chilometri da Mosca, dove l'Unione degli scrittori ha costruito una serie di dacie per i suoi membri. Nella dacia si ritirava Gorkij morente, con le nipotine, a guardare in pace i film di Charlie Chaplin. Oggi, la dacia, come residenza di campagna, non è più un privilegio di principi o di ricchi borghesi, ma conquista di funzionari del partito, alti ufficiali dell'esercito, oltre che degli artisti (soprattutto quelli «ortodossi»). Il sabato e la domenica, su certe strade è un via-vai continuo di automobili nere con le tendine abbassate, che scompaiono dietro cancellate inaccessibili. Per l'uomo del- I ; | 1 I la strada è possibile affittare, ; nelle dacie più modeste, una 0 due camere, con uso di cu| cina e bagno, per trecento rubli per due mesi: non è po1 co, tenuto conto che il salario medio, secondo le ultime statistiche di luglio, è pari a 126 rubli mensili. Le vacanze dei sovietici sanno soprattutto di riposo. 1 cittadini ne hanno conservato un concetto ottocentesco, quasi aristocratico: la stazione termale, la dacia nei boschi, la gita al fiume. Il partito vi ha visto uno strumento educativo: un premio ai più meritevoli, una cura ai più bisognosi. Le vacanze non sono né una corsa al divertimento né un simbolo mondano: solo quel tratto del Mar Nero che va dalla Crimea alla frontiera turca, e costituisce la Riviera russa, sembra ricordare le spiagge occidentali. Ma l'atmosfera è più ordinata, il livello dei consumi modesto. Abbondano i campi dei « pionieri », simili alle nostre colonie per bambini, scarseggiano gli alberghi di lusso e quei pochi che ci sono ospitano soltanto gli stranieri, portatori di valuta pregiata, o le delegazioni del partito sovietico e dei partiti « fratelli ». Paolo Garimberti

Persone citate: Astrachan, Charlie Chaplin, Gilas, Gorkij, Pasternak, Tolstoj

Luoghi citati: Crimea, Finlandia, Mosca, Unione Sovietica