Shakespeare sotto le stelle

Shakespeare sotto le stelle "La dodicesima notte,, nei Giardini Reali Shakespeare sotto le stelle Nella versione del regista Costa (con Mario Scaccia, Leda Negroni c Ileana Ghione) per il ciclo estivo dell'Ente Manifestazioni torinesi Aria di mare con echi di tempesta c di naufragio nelle grandi vele bianche che lo scenografo Eugenio Guglielminetti ha alzato per approdare all'immaginaria llliria della Dodicesima notte. E anche invito al viaggio, e alla fantasia, se a intralciare l'uno e a raggelare l'altra non ci fossero quei blocchi bianchi e azzurri di plastica che, variamente disposti e ammonticchiati, dovrebbero suggerire le spiagge, le vie, i palazzi della commedia e invece rischiano di sottolineare, con il loro vago sentore di banchisa polare, il senso di freddezza che dà lo spettacolo. La cifra della regìa di Orazio Costa, che altre volle ha allestito, c splendidamente, questo slesso testo, vorrebbe essere la musicalità, avvertibile del resto nelle inflessioni poetiche della nuova traduzione curata dal Costa medesimo e nei modi, inusitati e non corrivi, con cui Alfredo Strano ha rivestito di note le canzoni scespirianc. Ma nelle nostre sere estive, per quanto lo sfondo dei Giardini Reali possa aiutare la suggestione, questa musicalità inevitabilmente si disperde. Per conservarla, non giovandole il palcoscenico all'aperto, occorrerebbe almeno una recitazione non solo mossa e sfumata, tenera c allusiva, come qui talvolta e in alcuni e, ma un rigoroso equilibrio di valori fra gli interpreti, che qui purtroppo manca. E tuttavia la rappresentazione ha, oltre un decoro che altre di questa estate inflazionata di testi scespiriani non hanno, una grazia un po' cerimoniosa e una malinconia un po' algida che possono richiamare un'edizione di dicci anni fa (appunto all'aperto c da Verona portata a Torino, proprio ai Giardini Reali) che Giorgio De Lullo aveva collocato in un Ottocento tra lSyron c De Musset per cogliere, sia pure arbitrariamente isolandoli, i precorrimeli!i e i trasalimenti romantici della commedia. Ma il confronto e fortuito, il disegno di Costa è affatto diverso. Al motivo dell'amore cortese di una languente aristocrazia innescalo da equivoci e travestimenti — il duca 1 Orsino ama Olivia che non gli corrisponde e invece ama, credendolo un ragazzo. Viola che a sua volta ama il duca tinche il gemello di Viola ridarà simmetria al gioco — il regista contrappone la parodia di quello stesso amore allidaia a servi e nobilucci di mezza tacca nei quali si vorrebbe raffigurare un mondo « popolare ». La parodia culminerebbe allora nella bella ai danni del maggiordomo Malvolio che Ira i due mondi ci sta scomodo, respinto da entrambi e da entrambi deriso. Insomma, alle due azioni parallele della commedia Costa ha voluto dare un preciso ambiente sociale. Per nostra fortuna. Costa è regista troppo fine e discreto per spingersi oltre le intenzioni, del tutto innocenti, di Shakespeare e forzare un testo che meno di altri sopporta implicazioni e manipolazioni sociali. Perciò ha preferito insistere sulla musicalità alla quale accennavo prima e che rimane l'intuizione più felice dello spettacolo. Essa si raccoglie e trabocca dalla figura di Feste, clown quanto mai «romantico», con il suo spleen e la sua incapacità di muovere al riso, che Costa ha voluto sempre in scena come una costante e accorata presenza e al quale il versatile Roberto Herlitzka presta, con persuasivi risultali, una dolente e acrea buffoneria. Più pesante, anche nel lesto, la comicità del terzetto Mariasi r Andrea-sir Tobia che purtroppo non trova interpreti adeguati né in Donala Piacentini, né in Mario Mearelli e nemmeno, nonostante il suo bonario bofonchiare, in Umberto D'Orsi. A sé, nello spettacolo come nella commedia, sta il celebre personaggio di Malvolio che Mario Scaccia interpreta con un trucco strepitoso — balletti e « mosca » da Mefistofelc. capelli lisci e tirati in due bande — e con lazzi magistrali ma senza quella amarezza che altri (Benassi, mi pare) gli infondeva e che forse non andrebbe trascurata. Giocando su rapidi cambia¬ menti di costume e con l'aiuto di una controfigura, Viola c Sebastiano possono essere, come già Rossella I-'alk. la stessa attrice. Ileana Ghione si accontenta di Viola (il suo gemello è l'acerbo Lorenzo Piani), una Viola più riflessiva che impulsiva, senza traccia tuttavia di quell'ironia che Leda Negroni, alleggiandosi con spirilo a eroina da melodramma, infonde nella sua Olivia. Massimo Foschi inline e un duca un po' esteriore ma abbastanza autorevole per un personaggio che già nella commedia, in verità, ha scarsa consistenza. Un pubblico non foltissimo — al sabato la cillà si svuota e inoltre c'era la concomitanza della rappresentazione beekeltiana al pareo Rignon — ma generoso di applausi per lutti ha assistito l'altra sera allo spettacolo che si replica ancora sino a mercoledì. Alberto Blandi

Luoghi citati: Torino, Verona