Uno sciopero dopo 17 anni in Egitto Ferme le grandi acciaierie di Heluan di Sandro Viola

Uno sciopero dopo 17 anni in Egitto Ferme le grandi acciaierie di Heluan Sadat annuncia misure severe per stroncare le agitazioni Uno sciopero dopo 17 anni in Egitto Ferme le grandi acciaierie di Heluan Gli operai, che chiedevano aumenti del 25 per cento, hanno occupato una fabbrica e tenuto in ostaggio due dirigenti - Stroncati dall'intervento della polizia altri due scioperi - Un'inchiesta del governo (Dal nostro inviato speciale) Il Cairo. 30 agosto. Qualcosa si muove, dopo diciassette anni, nella classe operaia egiziana. Uno sciopero di grosse dimensioni e con caratteri piuttosto violenti, verificatosi la settimana scorsa, viene ammesso oggi dai dirigenti egiziani. Lo sciopero si è svolto alle acciaierie di Heluan, il maggiore complesso industriale del paese dopo la centralo elettrica di Assuan, ed è il primo dal 1954. Ciò che Nasser era riuscito ad evitare grazie alla sua popolarità e al massiccio apparato poliziesco del regime, sta dunque accadendo nell'Egitto insieme apatico e inquieto di Anwar el Sadat. Avevamo già accennato all'episodio in una cronaca di qualche giorno fa, quando la notizia non era ancora ufficiale, ma è soltanto stamani che se ne sono conosciuti i particolari. Sabato 21 agosto i duemilacinquecento operai di una delle fabbriche del complesso di Heluan, specializzata in carrozzerie di camion e binari ferroviari, hanno deciso l'occupazione dello stabilimento. Le loro richieste che vertevano su un aumento del 25 per cento dei salari sono state lì per lì respinte dai dirigenti dell'industria di Stato, mentre le autorità politiche conoscevano un momento d'incertezza. L'episodio si è però aggravato col passare delle ore: nella serata di sabato il presidente nazionale del sindacato operaio, giunto per discutere coi lavoratori le loro richieste, veniva sequestrato insieme a un dirigente di fabbrica e trattenuto per quasi venti ore. Nella serata di domenica i responsabili del ministero dell'Industria decidevano di accogliere quasi completamente le richieste degli operai, impegnandosi a un aumento dei salari del venti per cento. Subito dopo l'occupazione della fabbrica aveva fine. L'episodio era già in se stesso di una importanza assai notevole: gli operai si erano mossi per la prima volta al di fuori del sindacato (in un paese dove lo sciopero è proibito dalla legge) dimostrando di essere organizzati e uniti come nessuno aveva sinora immaginato; in più c'era l'esitazione delle autorità politiche, che avevano sì inviato reparti di polizia attorno allo stabilimento ma avevano poi deciso di non farli intervenire. Assai significativo era stato inoltre il fatto che gli operai avevano ricevuto per tutte le 48 ore dell'occupazione un rifornimento di viveri da una vicina fabbrica di cibi in scatola, a prova di come l'azione sindacale fosse stata accuratamente organizzata. I dirigenti dell'industria di Stato e lo stesso Sadat devono aver creduto per qualche giorno che l'episodio fosse circoscritto. Ma le loro previsioni si sono rivelate senza fondamento. Alcuni giorni dopo (la data non è certa, perché le ammissioni ufficiali riguardano soltanto la prima occupazione) un nuovo sciopero scoppiava nello stabilimento di montaggio delle automobili Nasser, e un altro a quanto pare nella cementeria Portland, ambedue situati nei pressi di Heluan Secondo le notizie che corrono al Cairo questa volta la polizia sarebbe intervenuta in massa, anche se non brutalmente, stroncando i due tentativi. A questo punto il potere politico ha deciso di fare il viso duro. In un discorso rivolto ieri al Comitato centralo del partito unico, Sadat ha dato notizia del primo episodio e ha preannunciato misure severe contro le agitazioni operaie definite antidemocratiche e antinazionali. Un'inchiesta è stata ordinata e verrà svolta nelle prossime 48 ore, mentre venivano presi i primi provvedimenti repressivi: sospensione dei rappresentanti sindacali, dei responsabili del partito e del management della fabbrica occupata. A sua volta il Comitato centrale del partito condannava l'agitazione e accusava i suoi organizzatori di essere legati alle «posizioni di forza» recentemente liquidate, vale a dire il gruppo Sabri - Gomaa -nddct(ifpcsapa(ptcisgsup - Sharaf della cosiddetta sinistra nasseriana. Gli osservatori tendono a dare a tali notizie una grande importanza. Un regime come quello egiziano si è retto e si regge sullo schema (in parte accettato, in parte imposto) dell'«alleanza delle forze nazionali». Che cosa può accadere nel momento che le contraddizioni di classe mettono in pericolo tale alleanza? In ogni caso è la prima volta che gli appelli al cosiddetto fatto nazionale (necessità di far fronte alla pressione imperialista, contesa con Israele, territori occupati) non bastano a tenere in seconda linea i problemi sociali del paese. Non bisogna dimenticare che la stessa cosa è accaduta in luglio nel Sudan (rottura cioè della «alleanza») e che un filo sottile sembra unire i due episodi. Le previsioni sono per un indurimento del governo, premuto dai militari, che non vogliono naturalmente disordini all'interno, e dai dirigenti dell'industria di Stato, che sanno bene di non poter concedere aumenti salariali, indurimento che potrebbe condurre a misure repressive generalizzate. Sandro Viola Il Cairo-. Anwar Sadat durante la preghiera in moschea (Telefoto Ansa)

Persone citate: Anwar Sadat, Gomaa, Nasser, Sadat, Sharaf

Luoghi citati: Assuan, Cairo, Egitto, Heluan, Il Cairo, Israele, Portland, Sudan