Le perle finte di Gina Lollobrigida

Le perle finte di Gina Lollobrigida Nel gaio clima del Festival tornano le parate di moda Le perle finte di Gina Lollobrigida L'attrice ha sbalordito commercianti e albergatori che l'applaudivano: «Ma è un vestitino da niente, un capriecetto » - 11 sottosegretario Evangelisti fiducioso nella riconferma di Rondi - « La vacca », primo film iraniano proiettato a Venezia: storia di un contadino che non sopporta la morte della sua bestia e a poco a poco si identifica in lei (Dal nostro inviato speciale ) i cVenezia, 26 agosto. tGina Loilobrigida è ripur-1 pli.u, felice del successo ottenuto dalla sua lucente corazza dt perle da Mata Hari e da chorus-girl delle follie di Broadivay VJ'iS: « Magari fossero perle vere, sarei miliardaria. Invece è un vestitino cmgfsevda niente, un capriccetto, più j i che altro un'idea». Sbalordìti ed entusiasti, l'hanno ap plaudita ugualmente per die- ci minuti Quegli stessi commercianti, esercenti e albergatori del Lido che tre anni fa lanciavano sussi dai ponti sulla testa dei contestatori, e che adesso distribuiscono volantini di riconoscenza «per il ritorno della maggiore ma- nifestazloiie veneziana allo spinto e al prestigio di un tempo ». Il sottosegretario Franco Evangelisti riparte contento del presente, fiducioso nell'avvenire: « Penso che Rondi verrà senz'altro riconfermato per il prossimo anno », dice. « se l'è meritato. Sa fare il suo mestiere, ha saputo affronta¬ re polemiche durissime. Persino nella de, a un certo punto, ci sono stati molti dubbi e oscillazioni sull'opportunità della sua nomina: anche per questo non poteva mancare la mia presenza visiva qui a Venezia. Rondi si è superato, è andato addirittura contro se stesso. Proprio lui, che si attirò tante critiche definendo certi film intellettuali d'arte italiani "cinema contro il pubblico", ne ha dovuti prendere due o tre per far riuscire la mostra: io non lo so, ma credo che il film di Tinto Brass e della donna... come si chiama? ». « Liliana Cavani ». « Quella: be', m'immagino che appartengano al genere di cinema non commerciale, difficile, insomma enigmistico ». Non enigmatico, anzi di linea narrativa assai semplice, è « La vacca », il primo film iraniano che venga presentato alla mostra di Venezia. E' la storia di Mashdi Hassan. contadino cinquantenne ricco di un patrimonio straordinario per il poverissimo villaggio in cui vive: una vacca, appunto. L'unica del paese, rispettata da tutti, amata dal proprietario come una fonte di vita, difesa dalle possibili insidie dei ladri. Purtroppo, durante un'assenza di Hassan, la vacca muore: nel timore che anche lui possa morire di dolore, moglie e amici gli raccontano che è soltanto scappata. Hassan non ci crede: entrato nella stalla vuota, afferma che la vacca c'è, è lì sana e salva. In quella stalla prende quindi a vivere, nutrendosi dì fieno, emettendo muggiti anziché parole, rinnegando la propria natura di uomo per identificarsi totalmente con la vacca amata e perduta: finché la sua follia non lo porterà a morire, sfracellato in un burrone durante una cieca eorsa animalesca. « Il mio non è un film sulla povertà », spiega il regista Darius Mahrjui, trentadue anni, otto dei quali trascorsi in America, laureato in filosofia a Los Angeles, gran testa di capelli ricci, « del resto, perché un film sia nuovo e progressista non basta scegliere come protagonisti i poveri, gli accattoni, i derelitti sl fa solo dell'antiquato pateti- smo. " in vacca " racconta una povertà più vasta, psico logica e umana, in un pre sente buio e angusto come una prigione ». Né bisogna credere, dice, che la mutazione dell'uomo in animale si ispiri a precedenti letterari occidentali co¬ me Kafka o Ionesco. E' inve-ce un tema antico e frequen-losofia mediorientale: « Quando un uomo raggiunge un livello assoluto di amore autentico e puro, diventa tutt'uno con l'oggetto del proprio amore: in questo caso, la vacca ». Quanto allo stile assai spoglio del film, si tratta di una scelta: « Detesto il patinato, il lucente. Ho voluto un film oscuro e malinconico come un sogno ». L'ha girato con pochi soldi, nelle cinque settimane di un'estate di tre anni fa, in un villaggio a nord di Teheran e con molti attori non professionisti. Ha avuto seri i, -.ai con la censura iraniana: «Ma anche molte soddisfazioni, molte testimonianze di stima all'estero, molto successo. Nell'Iran la produzio-ne cinematografica è scarsa,ancora quasi interamente de-dicata a melodrammi senti-mentali o avventure alla Ja-mes Bond. Il nuovo cinema iraniano, sono io ». Lietta Tomabuoni Venezia. Gina Loilohrigida, nell'abito tutto perle, che ha slupefatto il pubblico (Ansa)

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