Attilio Marzollo prima di fuggire trasferì circa otto miliardi da una banca all'altra di Gigi Ghirotti

Attilio Marzollo prima di fuggire trasferì circa otto miliardi da una banca all'altra Le ventiquattr'ore lunghe dell'operatore di borsa veneziano Attilio Marzollo prima di fuggire trasferì circa otto miliardi da una banca all'altra Ora la polizia indaga su questa misteriosa operazione che permise all'agente di cambio di pareggiare un debito con un istituto di credito a scapito di un'altra banca - L'inchiesta fa intravvedere un nuovo filone della intensa attività del veneziano: il travaso di capitali italiani all'estero (Dal nostro inviato speciale) Venezia, 17 agosto. Jl 16 giugno 1971 un ispettore del Banco di Roma calò di tutta urgenza a Venezia, allarmato per i risultati di un'ispezione contabile che dava per scoperto un blocco di titoli provenienti dalla sede veneziana del Banco Ambrosiano. Giunto a Venezia con la fotocopia dei titoli in possesso del Banco di Roma, l'ispettore potè constatare che i documenti erano falsificati e che l'autore, anzi gli autori dell'imbroglio erano l'agente di Borsa Attilio Marzolla e il rag. Pietro Baldanello, capo dell'ufficio titoli del Banco Ambrosiano. Ci si sarebbe dovuti aspettare la denuncia del falsario, il corto circuito istantaneo intorno all'uomo, Attilio Marzollo, che aveva per anni maneggiato un ingente portafoglio azionario. Viceversa c'è un fatto senza precedenti: il Banco di Roma intima al Marzoilo non già di seguire il suo ispettore in questura o alla più vicina stazione dei carabinieri, ma di « rientrare » nel giro di poche ore, di riempire il « buco » che ha scoperto nelle sue casse, per l'importo di 8 miliardi. E il "Marzollo corre allora agli sportelli del Credito Italiano, che non sa nulla di nulla, e qui apre un nuovo « buco » del diametro di 8 miliardi. Giusta la dimensione che gli serve per tappare il debito con il Banco di Roma. Fatto questo, corre con la valigia al piazzale Roma, dove'un amico 10 sta aspettando in automobile, per portarlo fuori dei confini. Siamo al 18 giugno scorso. Ora s'indaga su quelle 24 ore misteriose che sono bastate al Marzollo per pareggiare il suo debito con Ro-ma- e per imbrogliare nello stesso tempo Milano. Rimarrà misterioso come alcune grandi banche d'interesse nazionale, il Credito Italiano, la Banca Commerciale, il Banco di Roma, avessero investito di tanta fiducia l'operatore veneziano che agiva su una Borsa tra le più oscure d'Italia, quella di Venezia, e per il tramite di un Banco di San Marco11 cui patrimonio era notoriamente 40 volte inferiore all'entità delle operazioni effettuate dallo stesso Marzollo. Il mistero diventa meno fitto se si pensa che le banche, cui la legge vieta di operare direttamente in Borsa, usano talvolta servirsi di prestanome per certe operazioni dette « di contrappunto », e che sono destinate ad influenzare il corso del mercato azionario, per sostenerlo o deprimerlo. Il Marzollo, sembra ormai Chiarito, sarebbe dunque « l'uomo del contrappunto »: da un lato, serviva atte grandi banche, e dall'altro si serviva delle gran di banche per ispirare sempre nuova fiducia negli istituti veneziani, che gli facevano da piedistallo. Il problema è ora di sapere se l'istruttoria risalirà dal livello delle «mezze maniche» (i ragionieri Pietro Baldanello e Leo Tomasella, arrestati tutti e due) oppure risalirà ai grandi protettori dell'agente di Borsa veneziano. E' il momento più delicato dell'inchiesta. E intanto si vengono a sapere i particolari di un vertice segreto che si tenne al caffè San Barnaba, alla vigilia della fuga di Attilio Marzoilo. Un vertice che riunì il Marzollo stesso, il Baldanello e il Tomasella, in una atmosfera di manette incombenti. Il Banco Ambrosiano ed il Banco di Roma erano ormai in slato d'allarme. Il Tomasella aveva l'aria dì cadere dalle nuvole, sbigottito, quando Marzollo e Baldanello gli confidarono di avergli combinato un guaio serio, di avergli cioè fatto accettare per buoni molti documenti che loro stessi avevano falsificato. Il Tomasella si protestò inno cente, sorpreso nella sua buona fede, atterrito dalla minaccia che lo sovrastava. Fece il gesto addirittura di correre in questura per denunciare gli altri due. Ma per farlo star buono il Marzollo gli offrì di fuggire anche lui all'estero. Una « persona fidata », verrà a prenderlo all'indomani, di notte. Il Tomasella accetta. L'indomani notte la « persona fidata » bussa all'uscio del ragioniere veneziano: gli consegna una busta, che il Tomasella passa alla moglie. Un abbraccio tra i due coniugi. E poi il Tomasella, con il suo enigmatico accompagnatore, fila via verso piazzale Roma; e poi via ancora, verso il confine svizzero. La signora Tomasella, aperta la busta, vi trova un pacco di titoli obbligazionari per un valore di circa 15 milioni e un biglietto di scuse di Attilio Marzollo, che la prega di utilizzare quel denaro per l'assistenza legale al marito, finché dureranno istruttoria e processo. Il Tomasella, giunto in Svizzera (o in Germania, la cosa non è chiara) viene fatto scendere in un lussuoso albergo, e qui si vede venire incontro il Marzollo, che subito lo intrattiene sull'utilità di restarsene per qualche tempo fuori d'Italia. Intanto, a Venezia, il Tomasella viene dato assente per malattia. « E' in Friuli a riposarsi, era tanto esaurito », fu sapere sua moglie ai giornali. Ma che Friuli: era in Svizzera o in Germania, e il suo cuore era sospeso tra il Marzollo, che insiste perché resti, e la moglie, che da Venezia gli fa sapere che è meglio che torni. Una « persona fidata » (la stessa che ha aiutato suo marito a fuggire) le fa vìsi¬ ta una seconda volta e le' porta una nuova busta: questa contiene titoli per altri dieci milioni, e sempre per conto del Marzollo e sempre con la stessa raccomandazione di provvedere alle spese legali. Ma la signora Tomasella riceve anche altre visite, di persone che si muovono invece per convincere il marito di lei a ritornare a Venezia. Si tratta, dicono, disalvare il salvabile: per allontanare il sospetto che il I Banco di San Marco e lo stesso Tomasella siano conniventi con il Marzollo, non c'è che farlo ritornare a Ve- I nezia. A questo punto, e siamo al finire di giugno, il Tomasella ricompare a Venezia. Lo scandalo è scoppiato, ma dietro lo sportello titoli del Banco di San Marco appare un uomo che si dichiara candidamente sorpreso nella sua buona fede e fiducioso nel corso della giustizia. Il Banco di San Marco fa notare alla polizia una clausola che compare in calce ad ogni operazione che esso ha compiuto nell'interesse del Marzollo: c'è scritto « salvo buon fine e a tutto rischio del committente » Il « buon fine » non c'è stato. Il « rischio del committente » (siamo nell'ordine di più miliardi) appare spropositato. Il rag. Baldanello è arrestato il 16 luglio. Sei giorni dopo, e siamo al 22, lo segue in car¬ cere anche il Tomasella. Le indagini ora si snodano lungo l'itinerario che il ragioniere ha seguitò nella sua avventurosa corsa notturna, per ricongiungersi al Marzollo. E' evidente che la polizìa vuole saperne di più, vuol conoscere anche qualche particolare su quella « persona fidata » che recapitò le due buste alla signora. Il capo della Mobile veneziana, dott. Barba, ha compiuto in queste settimane alcune trasferte all'estero. La circospezione con cui si è mossa la Questura (un mese per arrestare Baldanello, anche di più per arrestare il Tomasella, e poi questa lunga battuta di attesa, almeno apparente, che dura tuttora) si spiegherebbe sia con la complessità delle indagini, sia anche con il proposito di lasciare tempo ai piccoli risparmiatori danneggiati di riflettere sulla propria disavventwa e di decidersi ad uscire dal riserbo in cui si sono chiusi. La loro collaborazione, per quanto sia diffìcile da ottenere, appare indispensabile per ricostruire la trafila delle complicità connesse alla fuga del Marzollo. Non si tratta solo del misterioso « signor X ». S'incomincia ad intravedere un nuovo filone nell'attività di Attilio Marzollo, il travaso di capitali italiani all'estero. Gigi Ghirotti

Persone citate: Attilio Marzolla, Attilio Marzollo, Barba, Chiarito, Leo Tomasella