Belgrado: sono tutte infondate le accuse dell'Unione Sovietica di Michele Tito
Belgrado: sono tutte infondate le accuse dell'Unione Sovietica "Non dormiamo, ma non temiamo l'apocalisse,, Belgrado: sono tutte infondate le accuse dell'Unione Sovietica Smentita una visita di Ciu En-lai in Romania e Jugoslavia; non si è mai parlato di un'alleanza balcanica in funzione anti-russa - Mosca vorrebbe troncare ogni contatto in corso tra Pechino e i «dissidenti» (Dal nostro inviato speciale) Belgrado, 16 agosto. Dicono ufficialmente: « Non dormiamo, ma non crediamo all'apocalisse ». Non ci credono dopo aver attentamente studiato in queste ultime ore il senso delle minacce e delle pressioni sovietiche, più dirette sulla Romania, indirette per la Jugoslavia. La loro convinzione è che ciò che dicono e annunciano i giornali sovietici, ungheresi, tedeschi orientali e cecoslovacchi, non prepara un'azione di forza ma vuole impedire che si facciano più stretti i legami fra i vari Paesi balcanici e la Cina. E' un avvertimento, e forse i « duri » del Cremlino si preparano a vantarsi del successo della maniera forte. Pensano che l'Urss tenti di porre un'ipoteca sull'avvenire, e miri a creare un precedente con l'intenzione di far valere indirettamente il principio della « sovranità limitala ». A Belgrado hanno fatto l'inventario delle accuse sovietiche: nessuna ha un minimo di fondamento. Come forse mai è accaduto, Mosca va intenzionalmente alla ricerca di cose impossibili e incredibili. Deliberatamente gioca su cose che non esistono ma che sono difficili ad essere chiaramente smentite. Non esiste, per esempio, nessuna intenzione di dar vita all'asse Tirana-Belgrado-Bucarest annunciato dai giornali ungheresi. E' stato da tempo convenuto di escludere patti balcanici, e i sovietici lo sanno. Non è vero che jugoslavi e romeni abbiano discusso a Pechino di un'alleanza balcanica in funzione antisovietica. A Mosca è stato detto che con la Cina non si è neppure parlato dei Balcani come tali; si è parlato dell'Europa unita che i cinesi vedono con favore, della conferenza della sicurezza europea che i cinesi vedono con meno entusiasmo, e dei Balcani soltanto per il collegamento con il Mediterraneo. I romeni hanno aggiunto che l'idea che essi si fanno dell'Unione Sovietica è diversa da quella propagandata dai cinesi. Jugoslavi e romeni sapevano che Ciu En-lai intendeva già dall'anno scorso fare un viaggio in Europa; era già stabilito che avrebbe visitato l'Albania e la Francia. L'invito di cui adesso parlano i sovietici è stato fatto genericamente a una « personalità » del governo cinese: in teoria potrebbe riguardare Ciu Enlai, in pratica si sa già che il Primo ministro cinese ha rinunciato al viaggio. Con molta franchezza ha fatto sapere ai francesi di aver troppo da fare attualmente a Pechino per potersi assentare a lungo. I romeni non prevedono visite imminenti di esponenti cinesi e i jugoslavi ospiteranno invece, salvo sorprese, un ministro economico in occasione della Fiera di Zagabria in settembre. Questi sono i fatti secondo Belgrado. I sovietici li conoscono bene. Ciò che hanno voluto ascoltare dai romeni, è stato loro ripetuto dai jugoslavi. Non è su queste basi che può essere condotta un'azione offensiva, « non è per questo che possiamo aver paura ». I jugoslavi ricordano che il loro ministro degli Esteri è stato trattato in Cina con molti riguardi e con grande cordialità, ma per lui sono state sempre usate le formule che si usano per i Paesi non considerati « fratelli », quelli con i quali vale il principio della coesistenza pacifica. Ne sono rimasti un po' delusi, ma per il momento trovano la cosa conveniente, e la fanno valere. Come può pretendere Mosca, che congiuriamo con la Cina, dicono, quando a Pechino ci si 6 dimenticati anche del nostro ruolo di guida tra i Paesi non allineati? Non credono neppure che la Romania debba temere nel futuro immediato un'invasione armata, e affermano che i romeni sono abbastanza tranquilli. II problema è anche un altro. Allarmati dall'annuncio del viaggio di Nixon in Cina, irritati per la mediazione romena, i sovietici vorrebbero adesso troncare anche il contatto tra Pechino e i « dissidenti » dell'Europa Orientale. Vorrebbero che fos. se ristabilito il principio della loro incontrastata influenza nella zona. Si propongono di determinare all'interno dei partiti «dissidenti» movimenti di opposizione, che ristabiliscano il dominio di Mosca. Non hanno in tutti questi anni mai rinunciato a ricordare a Belgrado e a Bucarest che i loro Paesi fanno parte del blocco socialista; sapendo di averne un rifiuto, avevano chiesto in febbraio alla Jugoslavia l'autorizzazione al sorvolo degli aerei diretti in Medio Oriente, e hanno chieslo alla Romania l'autorizzazione al passaggio delle truppe verso la Bulgaria. NplsvaèlncpvRsvSna Non hanno accettato mai di prendere atto del ritiro dell'Albania dal Patto di Varsavia. Ogni volta che si trovano di fronte ad un rifiuto avvertono: « E' contro i patti, è contro la solidarietà socialista. Non possiamo non tenerne conto ». Secondo Belgrado tutto ciò che accade ha una funzione preparatoria; per un'offensiva attraverso linee interne in Romania. L'indifferenza jugoslava, invece, dovrebbe servire da strumento all'Unione Sovietica; dovrebbe, rimanendo di facciata, restituire al Cremlino libertà totale di manovra in Europa e sostenere, attraverso un appoggio non sospetto, le ragioni di Mosca. C'è un'altra storia indicativa: Tito deve recarsi in America, la data è già fissata (certamente ottobre), ma rimane segreta; è in vista del viaggio di Tito in America che Breznev ha annunciato la sua venuta a Belgrado, e per tutte queste settimane ha insistito affinché la sua visita avesse luogo alla vigilia della partenza di Tito. Pazienti, ma fermi, i jugoslavi hanno fatto in modo da far trascorrere almeno una decina di giorni tra la venu¬ ta di Breznev e il viaggio di Tito. Non si sa che cosa Breznev voglia, ma le manovre, le minacce non sono servite fino ad ora a niente. « Può durare così? » « Deve durare — è la risposta —, ma non devono essere fatti errori ». Oggi il Borba commenta le accuse ungheresi di alleanza balcanica contro l'Urss e dice: « Non è nostra intenzione scoprire i veri motivi delle accuse » per aggiungere, tranquillo: « E' un procedimento scorretto, se non provocatorio ». Michele Tito
Persone citate: Breznev, Ciu En-lai, Nixon
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