I "finanzieri,, del Comecon ora puntano su Francoforte di Vittorio Zucconi

I "finanzieri,, del Comecon ora puntano su Francoforte Quindici banche "rosse,, operano in Occidente I "finanzieri,, del Comecon ora puntano su Francoforte II crescente interscambio con la Cee ha provocato il moltiplicarsi delle banche commerciali comuniste - Dopo Londra, Parigi e Zurigo, la « piazza » tedesca è il nuovo obiettivo degli istituti di credito dell'Est (Dal nostro corrispondente) Bruxelles, agosto. « Le banche moderne sono così strettamente e indissolubilmente fuse con il commercio e con-l'industria che senza esse è assolutamente impossibile fare qualche cosa di serio ». A oltre cinquantanni dal giorno in cui Lenin scrisse queste parole, gli economisti dell'Est hanno deciso di seguire il consiglio del padre dell'Unione Sovietica. Il russo comincia a diventare una lingua familiare nelle grandi « piazze » finanziarie europee. Negli ultimi quattro anni, i Paesi del Comecon hanno complessivamente più che raddoppiato la loro «presenza finanziaria» nel mondo «capitalistico»: in Europa occidentale il numero degli istituti di credito controllati da Paesi comunisti è passato da sei a quindici. Dal 1968 la sola « Banca russa per il commercio estero » allarga la rete del suoi corrispondenti europei al ritmo di otto al mese.- Non diversamente dai loro colleghi occidentali, i banchieri « rossi » hanno scelto quale caposaldo della loro attività la City di Londra, dove, sino a due anni fa, esisteva no soltanto tre banche comuniste, la « Moscow Narodny Bank», la «Zivnostenska Banka» (cecoslovacca) e la «Bank of China ». Da allora, anche Ungheria, Jugoslavia, Bulgaria e Cuba vi hanno aperto loro agenzie bancarie. Dopo Londra, la piazza finanziaria preferita dai Paesi comunisti è Parigi: nella capitale francese, operano la « Banque Commerciale pour l'Europe du Nord » (russa) e la « Polska Kasa Opieki » (polacca). La prima, più nota come « Eurobank », è interamente controllata da Mosca, ma guidata, come vuole la legge bancaria francese, da Guy De Boysson, ultimo rampollo di una borghesissima famiglia di finanzieri parigini. Sotto la sua guida, la « Eurobank » ha più che triplicato in cinque anni gli utili, passando da 5,3 milioni di franchi nel 1964 a 16,6 liei 1969: questo eccezionale balzo in avanti ha permesso all'istituto di piazzarsi al primo posto fra le banche straniere ih Francia e al decimo nella gra. dilatoria bancaria del Paese. Ai «banchieri rossi» non poteva poi sfuggire Zurigo, da dove gli « gnomi » svizzeri tirano i fili della finanza internazionale: nel 1967 vi si è installata la «Wozchod Handelsbank », russa, e, nel maggio di quest'anno, la « State Bank » di Cuba. Il più recente obiettivo degli istituti di credito comunisti è Francoforte, capitale finanziarla della Germania federale. L'affermazione di Bonn come prima potenza industriale della Comunità economica europea e la « Ostpolitik » di Brandt (con i trattati commerciali che essa ha fruttato) hanno indotto Mosca a decidere di creare nella città tedesca una filiale della « Narodny Bank ». Interessato consigliere di questa operazione è stato proprio imo degli alfieri più autorevoli delle teorie su cui poggia la struttura economica dell'Occidente, Karl Schiller, ministro tedesco delle Finanze. Che cosa spinge gli eredi di Lenin ad entrare nel mondo dell'alta finanza? E' principalmente lo sforzo per l'industrializzazione, che esige dal commercio estero gli impianti ed i mezzi tecnologici necessari al suo successo. Ma lo squilibrio .che caratterizza la struttura degli scambi commerciali dell'Est con gli occidentali non permette ai Paesi comunisti di finanziare con le loro esportazioni l'acquisto all'estero di beni strumentali ad alta tecnologia. Tale squilibrio e la crescente domanda sono ampiamente illustrati dalle statistiche. Le relazioni commerciali tra la Cee ed il Comecon continuano a svilupparsi in modo eccezionale e il deficit del blocco comunista verso l'Occidente ha raggiunto dimensioni impressionanti. Fra il 1958 e il 1969, il valore del¬ lèltCslde l'interscambio fra le due aree è salito da 1,3 miliardi di dollari a 4,6 miliardi. Le esportazioni dei « Sei » verso il Comecon sono triplicate, passando da 625 milioni di dollari a 2,4 miliardi, e altrettanto hanno fatto le importazioni (da 678 milioni a 2,2 miliardi). La bilancia commerciale della Comunità, che, sino al 1967, era in passivo nei confronti dell'Est, è attiva dal 1968, con un avanzo di 223 milioni di dollari in quell'anno e di 204 nel 1969. Questa lieve flessione è ampiamente compensata dall'Incremento del saldo attivo Cee con la Russia, che da sola assorbe circa il 40 per cento delle esportazioni dei «Sei» verso l'area comunista. Il deficit, per i Paesi dell'Est, già sensibile, assume dimensioni preoccupanti nell'in- terscambio con tutto il mondo occidentale (800 milioni di dollari) ed è la prima ragione che spinge i responsabili della politica economica dell'Est a ricorrere agli stessi mezzi adottati in Occidente. Ma se il fine (l'industrializzazione e lo sviluppo economico) giustifica all'inizio i mezzi (la creazione di banche in Occidente), i banchieri « rossi » sembrano avere imparato molto in fretta a destreggiarsi nel mondo dei loro colleghi europei e sono ormai in grado di tener testa al più consumato finanziere londinese o svizzero. Lo dimostra l'abilità con la quale hanno saputo inserirsi nel complesso mercato dell'eurodollaro, che essi stessi hanno contribuito ad alimentare. Non potendo, per ragioni « politiche », affidare a banche americane le proprie riserve in dollari, i Paesi del blocco comunista hanno preferito servirsi dei loro istituti bancari in Europa, che si sono così moltiplicati ed hanno esteso insieme il campo d'azione. Il più recente esempio di questa evoluzione viene da Budapest: tramite la sua filiale di Londra, la «Banca nazionale ungherese» ha emesso alla fine di maggio un prestito obbligazionario decennale per 25 milioni di dollari sul mercato dell'eurodollaro. Vittorio Zucconi 1 II ministro del Commercio delPUrss, Patolicev (Telef.)

Persone citate: Brandt, Karl Schiller, Lenin