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Difficoltà per Allende Difficoltà per Allende (Nuova crisi in Cile: fino a dove spingere le riforme senza rovinare l'economia?) Nove mesi dopo la formazione del governo «frontista» cileno, quattro dei quindici ministri di Salvador Allende, cioè i tre esponenti dei partito radicale — Astorga, Cantuarias e Rios Valdivia — e quello del piccolo partito cattolico Manu, Jacques Chonchol, si dimettono dal loro incarico. La coalizione di sinistra, costituita da sei partiti (tre dei quali, il socialista, il comunista e il radicale, di gran lunga i più importanti) non subisce difficoltà da questo fatto, poiché il compromesso programmatico su cui si basa non è stato messo in discussione. I ministri rinunciatari possono essere sostituiti da loro compagni di partito, oppure potrebbero venire indotti a conservare il mandato. Resta tuttavia il disagio, che si avverte da qualche tempo, di ciascuno dei partiti al governo di fronte all'imprevista . circostanza di una coalizione di sinistra la quale, nonostante le sue profonde riforme ma non volendo giungere ad una demagogia economica, che sarebbe disastrosa, ha finito col trovarsi a destra delle masse proletarie, che l'hanno insediata. Pur solidale, almeno per ora, nell'alleanza di governo, ciascun partito medita entro di sé questa contraddizione e ne subisce il contraccolpo. Radicali e cattolici del Mapu, cui appartengono i ministri dimissionari, di recente si sono entrambi scissi in due fazioni, esprimendo ciascuno un nuovo partito, cioè l'uno una destra radicale, l'altro un gruppo cattolico più di sinistra. Nemmeno la democrazia cristiana dell'ex presidente Edoardo Frei, incerta e disunita di fronte all'esperimento di Allende, si è sottratta alla lacerazione, ed ha perduto un'ala di sinistra che ora va ad unirsi a quella staccatasi dal Mapu. Si esprime in questi disfacimenti e ricomposizioni di forze la ricerca, forse vana, forse capace di sbocchi assai diversi dalle intenzioni democratiche di Allende, di una soluzione ai problemi che proprio le riforme hanno creato nel Paese. Tre settimane dopo la nazionalizzazione (11 luglio) delle miniere di rame, i 4500 operai del maggior complesso minerario incominciavano uno sciopero, che è ancora in corso, fedendo aumenti salariali lei 45 per cento. Sebbene lo Stato offra un aumento del. \i per cento, gli operai hanno scoperto che esso non è diverso da qualsiasi altro padrone. Uno dei dimissionari, Can«uarias, era ministro delle ^liniere. Egli tentò di spiegare ai minatori che un aumento maggiore di quello clie egli offriva sarebbe stato possibile dopo che fosse aumentata la produzione. Lo stesso aumento del 33 per - cento avrebbe fatto sì che, « a causa d'un ribassa artificiale del presso internazionale del rame, il costo di produzione diventasse uguale al prezzo di vendita ». Che farà ora il governo di Allende? Userà la forza, come già il moderato riformatore Frei, o si rassegnerà ad una perdita di produzione catastrofica, dal momento che il Cile ricava dalla vendita del rame l'80 per cento della sua divisa estera? La forza viene già usata nelle campagne, dove la riforma agraria, di cui è stato autore un altro dei dimissionari, il ministro dell'Agricoltura Chonchol, ha scatenato la forza furiosa di miserabili rimasti senza terra. Sebbene fosse stato deciso di limitare gli espropri ai fondi d'ampiezza superiore agli 80 ettari, sembra che questo limile sarà ulteriormente ridotto. Era stato deciso che la riforma dovesse essere graduale, accompagnata da infrastrutture e da dotazioni tecnologiche, senza demagogia. I riformatori continueranno a disperdere i campainentos (occupazioni arbitrarie di terre) da cui trassero voti elettorali, oppure ne saranno travolti essi stessi? Queste le incognite e i pericoli di un regime che si propone come esempio di « rivoluzione nella legalità » e di socialismo nel rispetto delle leggi economiche. Renzo Carnevali spi«ltgtsbsstnnmlhmaqlnacgttldpmndè AJNALISI