Giudicato migliorato e dimesso ha rischiato la strage e s'è ucciso di Remo Lugli

Giudicato migliorato e dimesso ha rischiato la strage e s'è ucciso La tragedia del pazzo suicida a Nizza Monferrato Giudicato migliorato e dimesso ha rischiato la strage e s'è ucciso Prima di gettarsi dalla finestra, l'uomo di 40 anni, si era scagliato contro la moglie con un raschietto e poi aveva minacciato di sterminare la famiglia - Giovedì scorso era uscito dalla casa di cura di Bra, ma la sua vita era un incubo (Dal nostro inviato speciale) Nizza Monferrato, 2 agosto. Ancora follia di ritorno: i pazzi che vengono dimessi dai manicomi come guariti o migliorati e, in preda a nuove crisi, uccidono o si uccidono. Quindici giorni fa, nel Bresciano, Giuseppe Belloli, 23 anni, uscito, dopo 7 anni di ricovero, dal manicomio criminale, ha strozzato un ragazzino, così come aveva fatto, prima del ricovero, con altri due bimbi; ieri, un padre di famiglia, che era stato dimesso dalla casa di cura giovedì, ha tentato di uccidere i tre figli e, impedito, si è tolta la vita buttandosi dalla finestra. E' un sardo. Paolo Antonio Cubeddu, 40 anni, operaio sbavatore, che lavorava nell'officina Biglia di Incisa Scapaccino. Abitava qui a Nizza, in una vecchia casa di via Billiani, con la moglie Maria Antonina Usai, di 37 anni, e tre figli: Giuseppe di 6 anni, Giorgio di 8 e Armando di 13. « Tutto è i7Zco772inciaio con un'influenza, racconta la vedova. Quando ha ripreso il lavoro. Paolo è apparso mutato. Tornava a casa, la sera, cupo e triste: diceva che la gente lo perseguitava, che ci volevano prendere l'alloggio, che saremmo rimasti in una strada ». Lo curava il dott. Amalfi Frumento. Il 18 giugno, su richiesta del medico, la mutua concede l'« impegnativo di ricovero » presso la clinica neurologica San Michele di Bra. Giovedì scorso, alle 16,30, la Cubeddu riceve una telefonata dalla clinica: « Venga subito a prendere suo marito, deve lasciare libero il letto entro sera ». La moglie va, si riprende il marito e le consegnano un foglietto firmato | dNaglsttfdngbg dal direttore sanitario, dott. Nicola Patria, da consegnare al medico curante. E' il foglio di dimissione, vi si cita la malattia «psicosi depressiva atipica », si dice a quali terapie è stato sottoposto — tranquillanti, sedute di crisi febbrili — si dice che viene dimesso « migliorato »; infine si indicano le cure da seguire. Ieri mattina alle 5 il Cubeddu è già in piedi, e inghiotte il contenuto di un tubetto di tranquillanti. Alle 8 la donna cerca di uscire per andare a fare la spesa, ma il marito si oppone, afferra un raschietto da imbianchino e tenta di col- d n o ù a i pire la moglie, la quale para il colpo facendo spezzare il manico. « Siamo andati avanti così per un'ora — dice la Cubeddu —; io e i bambini prigionieri in camera e lui che diventava sempre più minaccioso con occhi che mettevano terrore tanto erano sbarrati ». A un certo momento la donna riesce a far uscire dalla stanza Armando, il figlio maggiore, e gli fa cenno di andare su, al piano di sopra, a chiamare Paolo. E' Paolo Mudadu, anche lui sardo, 38 anni, amico di suo marito. Il Cubeddu si accorge della manovra, si arma di un coltello da cucina. « Dobbiamo morire tutti — grida —, cosi non possiamo più andare avanti ». La donna si mette a gridare, i bambini piangono. Il Mudadu si precipita giù, entra nella stanza mentre il pazzo sta sferrando un colpo al figlio minore che, però, viene preso solo di striscio su una guancia. Racconta il Mudadu: « Gli ho gridato: " Paolo, fermati " e lui mi ha fissato con due occhi sbarrati, brandendo il coltello. Dovevo cercare di disarmarlo ed ho incominciato ad avanzare lentamente verso di lui. Mi ha guardato un attimo, poi ha avuto uno scatto in direzione della finestra e si è buttato giù. Non ho fatto in tempo ad afferrarlo ». Era un uomo da rinchiudere in un manicomio, non da rimandare a casa. Cerchiamo di sapere alla clinica San Michele di Bra perché il pazzo è stato dimesso. Il direttore sanitario è assente. C'è soltanto il signor Marcello Dellora, direttore amministrativo: « Il Cubeddu, assistito dall'Inani, è rimasto da noi 44 giorni, un periodo già lungo. Di solito questi malati vengono con una "impegnativa" più breve, 10-15 giorni, poi noi chiediamo delle proroghe, la mutua fa il controllo medico e le concede, ma entro margini non molto ampi. Quando si arriva ai 40 giorni riceviamo dalla direzione dell'Inam di Cuneo, da cui noi dipendiamo, delle pressioni continue perché dimettiamo gli assistiti». E se non sono guariti, se sono pericolosi a sé e agli altri? chiediamo. « Il medico — risponde il Dellora — ordina il ricovero in manicomio ». E come mai non si è seguita questa prassi con il Cubeddu, visto che era peggiorato e anche la moglie ve 10 aveva fatto notare? « Non è facile prendersi la responsabilità di internare uno in manicomio — risponde il direttore amministrativo della clinica San Michele —. Non si può mai prevedere quale sarà il comportamento di questi malati. Del resto un raptus può colpire anche i sani ». Dice la vedova stringendo 11 foglio di dimissioni: «Questo è il bel regalo che mi hanno fatto: abbiamo rischiato una struge e abbiamo perduto lui che ci dava da mangiare ». Remo Lugli t à e ; . Nizza Monferrato. Maria Usai, moglie di Antonio Cubeddu, e il figlio Giuseppe Antonio Cubeddu

Luoghi citati: Bra, Cuneo, Incisa Scapaccino, Nizza, Nizza Monferrato