Condannati 8 svizzeri del commando che picchiò i tre carabinieri di Luino di Remo Lugli

Condannati 8 svizzeri del commando che picchiò i tre carabinieri di Luino Processo per "direttissima" ai giovani dopo l'episodio di violenza e xenofobia Condannati 8 svizzeri del commando che picchiò i tre carabinieri di Luino Le pene vanno da 2 anni e 11 mesi a 1 anno e 9 mesi; un'assoluzione - Il fatto è accaduto sabato sera: il gruppo («Siamo contro la borghesia, ma non comunisti; ci riuniamo per discutere, ma poi ci ubriachiamo») giunge a Luino da Locamo e beve abbondantemente - Uno si sente male - Si avvicina un italiano per soccorrerlo, ma viene insultato («Italiani vigliacchi, porci, banditi») - Intervengono tre carabinieri in borghese che sono aggrediti con un pugno di ferro (Dal nostro inviato speciale/ Varese, 26 luglio. E' un « commando » venuto in Italia per commettere atti provocatori o è un gruppetto di giovani in gita-premio che hanno ceduto alla tentazione del vermouth e sotto l'effetto dell'alcol hanno offeso e percosso degli italiani, compresi i carabinieri? Se l'è chiesto il pubblico ministero, dott. Francesco Pintus, pronunciando la propria requisitoria nel processo celebrato oggi pomeriggio per direttissima dal tribunale di Varese, contro i nove svizzeri che sabato sera, a Luino, poco dopo essere arrivati con il treno da Locamo, sono stati protagonisti di una violenta esplosione di rabbia anti-italiana, ferendo con un pugno di ferro uno dei tre carabinieri che, in borghese, erano intervenuti per placare gli animi. Il p.m. non ha risposto all'interrogativo, s'è però dichiarato convinto che questi giovani sapevano benissimo che avevano di fronte elementi della polizia italiana e avevano intenzione di provocare la nostra reazione. C'erano, secondo il p.m., violenza, razzismo e xenofobia: e, se non esplicitamente, il dott. Pintus ha lasciato capire tra le parole che credeva di più alla tesi del « commando » che a quella dei giovanetti in gitapremio. I protagonisti sono della città di Wohlen, nel Canton Aargau, tra i sedici e i diciannove anni, tutti operai, per lo più meccanici di auto: Walter Moser, Max Rohr, Heinz Sturzenegger, Robert Schmidli, Peter Saxer, Kurt Weber, Franz Dobler, René SchafTner, Markus Keutsch. Sono in divisa: giubbotto sen- za maniche e pantaloni di tela azzurra stinta, camicia di colori vari, capelli lunghi. Tutti indistintamente portano dipinto sulla schiena un grande stemma raffigurante una croce greco-ortodossa dorata, sovrastata da due ali argentate. Lo stemma è racchiuso tra due parole a grandi lettere: « Black Dogs », cani neri. Che cos'è questa organizzazione? Lo hanno spiegato nella loro deposizione al magistrato dopo l'arresto: «JB' una specie di club, come tanti altri che esistono in Svizzera, con la finalità dell'eguaglianza sociale. Siamo contro la- borghesia, anche se non siamo comunisti. Vogliamo eliminare le differènze sociali e ci riuniamo per discutere, ma poi cantiamo e ci ubriachiamo ». In un intervallo del processo chiediamo a Moser, diciotto anni, che del gruppo sembra l'ispiratore ed il capo, se hanno rapporti con i nazisti tedeschi. Si ribella alla domanda: « Niente politica, siamo per la libertà, le nostre ali dipinte sulla schiena vogliono appunto significare che siamo liberi ». Il presidente dott. Piero Dini apre il dibattito dimostrando subito fermezza: il pubblico che gremisce l'aula non deve commentare o disturbare, altrimenti il processo proseguirà a porte chiuse. Si inizia con l'interrogatorio degli imputati. Salta fuori la brutta avventura. Il gruppo è di Luino. Sul lungolago bevono birra, vermouth, spumante. Uno di loro, il Keutsch, sta male; è steso per terra, vomita. Un italiano si avvicina, dice in tedesco che bisogna soccorrerlo, portarlo all'ospedale. Gli altri si scatenano, primo fra tutti il Saxer, con offese contro gli italiani, che vengono definiti vigliacchi, porci, banditi. Da un vicino bar intervengono alcune persone e tra queste tre carabinieri in borghese i quali mostrano i loro i a i : r i . tesserini, ma ottengono come risultato di essere aggrediti, uno addirittura è ferito a una tempia con un pugno di ferro. In aula ci sono i corpi del reato trovati addosso agli aggressori: una catena con manico e contrappeso e due coltelli; il pugno di ferro non c'è perché chi lo aveva in mano, il Weber, ha fatto in tempo a gettarlo nel lago, sotto gli occhi di un carabiniere. Nelle loro deposizioni i nove giovani ammettono di avere lanciato insulti, ma sotto l'effetto dell'alcool e cercano di far credere di essere stati aggrediti da una ventina di persone armate di bastoni, di cui invece non c'è traccia. Nel dibattito molta cura viene dedicata al modo col quale i tre carabinieri in borghese, Giovanni Faedda, quello che è rimasto ferito, Luigi Sparmazoni e Carlo Ferrari, che vengono sentiti come testi, hanno dimostrato la loro qualifica. « Presentando dei tesserini che sembravano la nostra tessera del latte — dice Moser —, sdruciti e con una fotografia in borghese ». « Mostrando chiaramente la tessera con foto in divisa », dicono i carabinieri. Weber, capelli lunghissimi fin sulle spalle, aveva la catena con il contrappeso. «Perché la portava? », chiede il presidente. « Per difendermi da un attacco ». Dobler, maglietta gialla che ha dipinto sul petto uno stemma somigliante a una svastica, ci tiene a ripetere che la loro organizzazione non ha carattere politico. Keutsch non sa niente, era a terra ubriaco fradicio. Ma un testimone, Mario Bonci, tassista di Varese, quello che si è avvicinato al gruppo e ha parlato in tedesco per invitare i giovani a portare il ragazzo all'ospedale, dice: «Ad un certo punto s'è alzato e s'è avventato contro di me dicendomi: " Chiudi la bocca, cane " ». Dalle dichiarazioni di altri due testi, Francesco Scanga e Giovanni Baffuno, appare evidente l'intenzione aggressi va dei giovani del « comman do ». Il p.m. dott. Pintus dice all'inizio della sua arringa: « Il rito direttissimo è una scelta di civiltà. Abbiamo usato contro questi giovani ogni riguardo: rapidità, assistenza della difesa nella fase istruttoria, ma dobbiamo anche usare giustizia, perché la legge dev'essere uguale anche per gli stranieri che commettono reati nel nostro Paese ». Per il pubblico ministero non v'è dubbio sulla colpevolezza di questi giovani. Egli conclude chiedendo per Moser quattro anni e nove mesi di reclusione per porto abusivo d'arma, lesioni, resistenza, molestia; per Rohr, Sturzenegger, Schmidli e Saxer tre anni e tre mesi per resistenza e molestia, ptr Weber tre anni e nove mesi, per Dobler' e per Schaffner due anni e tre mesi, l'assoluzione per Keutsch. Durante l'arringa del difensore d'ufficio, avv. Lucio Paliaga, l'imputato Sturzenegger, 18 anni, crolla a terra svenuto. Il tribunale si ritira in camera alle 20 ed esce alle 21,10. Vengono condannati: il Moser a due anni, 11 mesi e 20 giorni di reclusione e 6 mesi di arresto; il W^ber ad un anno, 9 mesi e 10 giorni di reclusione e 6 mesi di arresto; Rohr, Sturzenegger, Schmidli, Saxer, Dobler e Schaffner ad un anno, 9 mesi, 10 giorni di ìcolli¬ smndnqKi sione; assolto il Keutsch; i minorenni Dobler e Schaffner godranno del beneficio della condizionale per la minore età. Il tribunale ordina quindi la scarcerazione del Keutsch e dei due minorenni. Remo Lugli iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii Varese. Il gruppo degli imputati durante l'udienza di ieri (Foto Moisio)

Luoghi citati: Canton Aargau, Italia, Luino, Svizzera, Varese