La Biennale agli artisti

La Biennale agli artisti NUOVO STATUTO PER VENEZIA La Biennale agli artisti Nei giorni scorsi (precisamente il 13 luglio) la sesta Commissione permanente del Senato per l'Istruzione Pubblica e le Belle (ancora bcllej Arti ha approvato in sede redi- nuespiistsuingente il nuovo statuto deiia | l'iBiennale di Venezia, che saia discusso ed approvato in aula — stando all'autorevole informazione che ho ricevuto — nel corso di questa settimana, per poi passare, alla ripresa parlamentare, alla Camera dei deputati. Si avvia così alla conclusione, pare, un progetto di legge che non solo è importante perche dà sistemazione legislativa ad uno dei maggiori enti di cultura italiani fondato quasi ottant'anni fa c passato attraverso molte vicissitudini e sempre suscitando vivi interessi pubblici, positivi o negativi, ma perché costituisce un record di procedura di riforma, durata per ventitré anni, dal 1948 ad oggi, per modificare lo statuto del 1930, ovviamente di carattere autoritario c caratterizzato dalla subordinazione della funzione competente e della gestione tecnica al potere politico, cioè statuale e partitico. Direi che è un successo, sul piano della realizzazione delle autonomie organiche previste dalla Costituzione democratica, pur se contrastato c tardivo. Col nuovo statuto, articolo 10, la Biennale di Venezia è affidata al governo di un consiglio direttivo composto esclusivamente di competenti, artisti e critici, sia designati da organi statali e locali, sia eletti da associazioni nazionali professionali e sindacali e da istituzioni culturali, con responsabilità piena c senza interferenze, con poteri circondati da sufficienti garanzie, e con limiti temporali di funzione. L'avvenimento potrebbe esser confinato nei limiti di una notizia informativa, se questa conclusione dcl lunghissimo iter di,riforma dell'ente Biennale di Venezia non -ivrsse un valore di precedente «istanziale per altri attesi adempimenti. Meno interessa quindi ;he il contributo statate mimi lìl'ente sia stato accirsii-.u .Ji 670 milioni portami-'si t un miliardo di lire ì senza ì contributi ordinari annuali del Comune, della Provincia e della Regione veneta ), e che sia stato stabilito un ordinamento funzionale degli uffici esecutivi e dei servizi, che pure era necessario anche in relazione alla norma che richiede in materia la garanzia di concorsi nazionali e pubblici, di cui ànvranno essere regolale le modalità, ricordando che questo stesso statuto non è passato nella precedente legislatura anche perché tali condirsi si volevano escludere. Vien fatto di guardare a questo statuto come il padre della parabola evangelica if.lardò il figlio! prodigo alla sua venuta. Non solo nel conlerimento di un'attività di cultura alla responsabilità della cultura — che è principio hen lontano dall'essere condiviso anche oggi, malgrado l'esplicito dettato dalla Carta —, ma ne] fissare alcuni principii istituzionali riguardanti le finalità di un ente pubblico sovvenzionato con pubblico denaro, e alcune garanzie fondamentali di tutela contro gestioni unilaterali od esclusive. * * Le finalità (per tutti i settori, artistico, cinematografico, teatrale, musicale) sono di assicurare, nel rigoroso rispetto della libertà di espressione, la conoscenza e l'esperienza delle produzioni artistiche internazionali, in varie forme comprendenti anche quelle fornite dai moderni mezzi di comunicazione che possono integrare o sostituire quelli tradizionali od avere maggiore capacità di estensione. Appare giustificato considerare la possibilità di sperimentazioni in tema di trasmissione, documentazione ed educazione; è sperabile anzi che la Biennale diventi un'officina di ricerche e di prove per l'intensificazione del rapporto tra arte e pubblico o società. Può apparire alquanto utopistica la concessione fatta di offrire condizioni atte a realizzare nuove forme di produzione artistica, pur se sui relativi progetti si debbano pro- inTvizinemzisiochcosi esprchconee qu11(psorinvicaracocopnQusopsocrpsilemcdgqsdsssppanorVuetratpsmrcsosli nunciare gli organi tecnici, stendendo alla Biennale compiti affidati alle accademie ed stituti d'arte, che poi solo preuntivamente sono fucine di nnovazioni espressive, e più 'iustinnatamente organi di for- nazione culturale e tecnica. Tuttavia includere nelle attività della Biennale la progettazione, la ricerca, l'operatività nella loro attualità di svolgimento può essere una condizione favorevole alla comprenione dell'esperienza dell'arte, he almeno a mio giudizio, ome a giudizio del Dewey, i può far propria anche come sercizio cosciente dell'attività produttiva. Ma il punto più importante, che costituisce una garanzia concreta contro ogni restrizione od univocità di programmi e di attuazioni culturali, è quello contenuto nell'articolo 1, secondo il quale chiunque (persone, enti, istituzioni, associazioni, gruppi) può inserire nell'attività dell'ente Biennale una iniziativa esterna, ovviamente motivata ed organica, per cui può essere assicurata la partecipazione di rutti coloro che, pure estranei alla condotta ordinaria dell'ente, possono utilizzarlo per far conoscere la propria esperienza. Questo potere d'iniziativa è un'innovazione della quale va sottolineato tutto il valore, e proprio quando sì parla, spesso in modi improprii, di democrazia nella cultura. * * Vien fatto di domandarsi perché per oltre ventanni si sia trovata opposizione prevalente e persistente a una riforma di questo genere, la cui correttezza costituzionale è indiscutibile: forse il vento regionalistico ha investito anche queste situazioni, tacendo ces-osare l'assurdo dei dinieghi dei rinvii anche quando, come si è molte volte ripetuto, lo stesso progetto di legge, lo stesso dal 1948, era presentato più o meno identico da diverse parti politiche insieme e sarenava egualmente, dovendo noi restare a difenderlo in oarhbus. Le condizioni abnormi e retrospettive della Biennale dVenezia peraltro non erano un caso unico: vi sono altrenti di cultura pubblica isti tuiti o trasformati durante i regime fascista, che attendono anch'essi l'adeguamento costituzionale e una giustificazione più legittima della loro esistenza e del loro funziona mento. Milano, Roma e Firenze restano nello stato in cui era Venezia. Perché non si è estesa, nella diversità deglobbiettivi e dei contenuti, 1 stessa formula di riforma? Carlo L. Ragghianti liltltiilllllllllllllllllllllllllllllllllllllillllllllll

Persone citate: Carlo L. Ragghianti, Dewey

Luoghi citati: Firenze, Milano, Roma, Venezia