Gli intrighi dell'«Alchimista» sulla piazza di Borgio Verezzi
Gli intrighi dell'«Alchimista» sulla piazza di Borgio Verezzi Ben Jonson divertente (ma distrutto) Gli intrighi dell'«Alchimista» sulla piazza di Borgio Verezzi (Dal nostro inviato speciale) Verezzi, 19 luglio. «O rare Ben Jonson» sta scritto sulla tomba dell'autore dell'Alchimista che si rappresenta sulla piazza S. Agostino di Verezzi dove, se Ben Jonson capitasse, rimarrebbe talmente incantato da una scenografia naturale di chiese, casupole e vicoli che forse perdonerebbe al giovane regista Alberto Gagnarli di avere scoperchiato e sconnesso l'armonico edificio della sua commedia. La quale è, appunto, una delle opere di salda classicheggiante architettura che, con gli squisiti «Masques», hanno valso al Jonson quell'epigrafe. Ma, a parte l'inevitabile erosione di un linguaggio di cui nessuna tradii. !one, d'altronde, è sinora riuscita a riprodurre lo smalto e la teatralità, non è che l'adattamento sia particolarmente deplorevole. Non v'è dubbio tuttavia che la macchina scenica del Gagnarli ha triturato e disperso un intreccio che, a sentire il Coleridge, è il più perfetto che sia mai stato ideato. E' rimasta una situazione: mentre la peste infuria a Londra, un tale fugge e lascia la casa in mano a un servo che la usa per attirarvi, in combutta con un alchimista e una prostitutella, i più creduli gonzi ai quali vuota le tasche promettendo grandi magie e persino la pietra filosofale. - Nella commedia, la matassa è sbrogliata dal ritorno a casa del padrone, che s'accorderà con il servo per spartirsi equamente il bottino, e dalla fuga del negromante e della sua amica. Nello spettacolo, i nodi sono tagliati dalla spada della peste che stermina ingannati e ingannatori. Alla peste già allude continuamente il testo che il Jonson compose nel 1610, probabilmente , proprio quando il morbo faceva chiudere i teatri di Londra e spopolava la città. Il regista ne ha fatto il tema dominante della rappresentazione sin dall'efficace inizio ( reso ancora più suggestivo ieri sera da una compiacente tramontana); la piazza è invasa dal fumo dei roghi accesi contro la pestilenza e in mezzo ad esso corrono fiaccole e lanterne, mentre risuonano ammonitori i rintocchi di una campana. Sentiremo ancora questa campana nel corso dello spettacolo. Allora gli interpreti sospenderanno i lazzi — ora teatro nel teatro, ora parodia del teatro — o le controscene di cupidigia e furfanteria, si fisseranno in un atteggiamento di raccapriccio e di terrore, e le macchie di sangue con cui Santuzza Cali ha ingegnosamente drammatizzato i suoi costumi acquisteranno torva evidenza. Sono momenti di indubbia presa, e, pur nella loro arbitrarietà, sono preferibili a quelli in cui il regista indulge a una facile buffoneria rifacendo ad esempio il verso, figuriamoci, al melodramma. (E in genere il commento musicale è immotivato o inopportuno). Non so quale idea dell'Alchimista, che oltre a tutto da noi non viene mai rappresentato (a differenza di Volpone che ha conosciuto una grande fortuna), si potrà fare lo spettatore ignaro, ma la cosa non avrebbe importanza se almeno lo spettacolo gliene suggerisse una, magari diversa da quella tradizionale. Mi sembra invece che, distrutto il testo di Jonson, nessuno si sia poi preoccupato di sostituirlo con qualcosa di meno vago, e meno ovvio, del motivo della pestilenza. Con il rischio, non sempre evitato, che la rappresentazione, sia pure animata e d'effetto, si metta a girare a vuoto. Fatte queste riserve, loderei incondizionatamente l'impegno e l'affiatamento dei giovani interpreti che nelle viuzze e nelle case di questo antichissimo borgo saraceno a mezza costa sulla Riviera di Ponente hanno trovato o ritrovato un sincero entusiasmo. (Vi rimarranno fino a sabato, poi lo spettacolo va in tournée, lunedì prossimo sarà a Torino al parco Rignon). Ammalatasi all'ultimo momento Fulvia Gasser, l'ha bravamente sostituita Ginella Bertacchi facendole quadrato intorno Alfredo Piano e Cario Boso nelle parti del servo e dell'alchimista e Ivan Cecchini e Adalberto Rossetti in quelle del puritano Tribolo e dell'avido Mammone, à loro volta assai bene assecondati da Mario Carra, Gianfranco Mari, Claudio Trionfi, Alessandra Palladino, Edo e Renato Gari, Alberto Germiniani. Tutti assai applauditi da un pubblico che comincia ad affezionarsi a questa breve stagione estiva organizzata dal «Comitato manifestazioni culturali» di Borgio Verezzi con l'Ente del turismo di Savona. E' già alla quinta edizione, speriamo che continui. Il posto è bello e sarebbe un peccato che il teatro dovesse abbandonarlo proprio ora che ha dimostrato di trovarcisi a suo agio. Alberto Blandi
Luoghi citati: Borgio Verezzi, Londra, Savona, Torino
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