La risposta di Tripoli rottura delle relaxioni di Igor Man
La risposta di Tripoli rottura delle relaxioni La risposta di Tripoli rottura delle relaxioni (Dal nostro inviato speciale) Rabat, 14 luglio. La Libia ha rotto le relazioni con il Marocco: la mossa, che molti osservatori qui davano stamane per inevitabile, dopo il fallito « putsch » di Rabat e l'atteggiamento assunto dal regime del colonnello Gaddali, è avvenuta con l'unica variante, rispetto alle previsioni, che Tripoli ha tolto l'iniziativa a Rabat decidendo per prima la rottura. Oggi Hassan II ha reso pubblica una sua autocritica: «Anch'io ho commesso degli errori», ha detto in un'intervista all'agenzia di stampa francese che i giornali riportano in grande evidenza. «Senza dubbio, gli avvenimenti non si sono prodotti spontaneamente; essi non sono che la stratificazione di un certo numero di errori di valutazione, tra i quali anche i miei ». Il tono della dichiarazione è volutamente ambiguo. Il re ha evitato una esemplificazione, sia pure sommaria, degli «errori» da lui commessi. Chi si attendeva, dopo il massacro di Skhirat, l'annuncio di una nuova politica, più aperta, è rimasto francamente deluso. «Tutto come prima, peggio di prima», commentano ì dirigenti dell'Unem, una organizzazione studentesca di opposizione, la più. attiva, la più perseguitata. Il sovrano ha detto ancora: «Io non abdicherò alla mia politica, ma senz'altro cambierò qualcosa nel modo di governare il mio Paese, a cominciare da me stesso». Nella sua intervista il re chiama di nuovo in causa la Libia, « istigatrice del complotto », cui ha rimproverato aspramente l'illecita interferenza negli affari interni del suo Paese. Gli esponenti dei partiti di opposizione, l'Istiqlal (de stra) e l'Unione delle forze popolari (sinistra), sono convinti, e lo dicono senza reticenze, che ci sarà una nuova stretta di freni; del resto è già in corso una dura repressione: «Il generale Oufkir è sceso sul sentiero di guerra». I pieni poteri conferitigli dal sovrano il 10 luglio, nel «sabato di sangue», non consentono alle forze liberali, alle masse popolari di farsi illusioni. Ironicamente, il fallito colpo di Stato militare ha dato il potere proprio ai militari: oggi, l'uomo forte del Marocco è più che mai il generale Oufkir. Il re, dopo avergli concesso i pieni poteri in quel'momento tragico, ha, il giorno dopo, parlato di «un periodo temporaneo e pragmatico» di emergenza durante il quale questi poteri dovranno essere esercitati e gli ha messo accanto il generale Driss Ben Omar, un soldato valoroso ma non sanguinario, che dovrebbe «controllare» appunto Oufkir. Ora, grosso modo, almeno a detta degli osservatori, si delineano nell'establishment marocchino due tendenze: quella dura di Oufkir, quella più moderata di Driss. Il primo appare deciso a cogliere l'occasione per liquidare tutta l'opposizione effettiva e potenziale (si prevede, dopo quanto è accaduto, che il verdetto del processo di Marrakech in corso dal 14 giugno contro 193 sindacalisti accusati di attentato alla sicurezza dello Stato sarà pesante) in modo da rafforzare, col potere del re, il suo personale. Il secondo, che da vecchio soldato conosce gli umori dei quadri intermedi dell'esercì to, di estrazione popolare, contadina, sarebbe propenso, «una volta ripulita la caserma», a cambiare «qualcosa». Una grave questione all'ordine del giorno è la sorte dei i cadetti (in numero di circa Igor Man (Continua a pagina 2 in nona colonna)
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