Proust al telefono di Lietta Tornabuoni

Proust al telefono Brevi incontri Proust al telefono La vita, gli amici, le abitudini, i tic, i segreti: di Marcel Proust si sa tutto, pochissimi sono i grandi di questo secolo più minuziosamente noti, studiati, illustrati. Eppure la grande bellissima mostra « Proust nel suo tempo » del museo laequemurtAndré a Parigi offre ancora qualche sorpresa. Si scopre, per esempio, quanto straordinariamente brutti fossero in genere i personaggi milizzati dallo scrittore nella sua opera: le fotografie rivelano donne a forma di fagotto, lineamenti spessi, nasacci, sorrisi di denti anneriti, fisici degeneranti. Bruttissimi tra tutti gli amici prediletti: Georges de Lauris, un grosso baffuto con piccolissime orecchie; e l'adorato autista Alfred Agostinelli, un rozzo bombolone privo di collo, con occhi esorbitanti, e neppure giovane. Si scoprono in Proust debolezze da turista: sulle cartoline di castelli di cui era ospite non manca mai l'asterisco con l'avvertimento «Questa è la mia camera », oppure « lo sono qui'.». Si scoprono le sue vanità di autore: sulle copie delle prime edizioni inviate in reverente omaggio al barone di Rothschild, alla duchessa di Clermont-Tonnerre o al duca di Guisa, le dediche devote sino all'iperbole sono sormontate da un piccolo francobollo rappresentante la testina di Proust: a scanso di equivoci mondani. Si scopre il tradimento perpetrato contro di lui, e risulta mollo patetico l'ammonimento, scritto a un'amica qualche mese prima di morire: « Voglio assolutamente che la mia corrispondenza non venga conservata, e tanto meno pubblicala ». Invece le sue lettere conservale e pubblicate sono più di 4000, spesso anche irrilevanti: annunci di visite, invili a pranzo, spostamenti di appuntamenti, congratulazioni per « il vostro libro divino », lagne per i tagli subili a un arlicolo, richieste di informazioni su negozi o prestito di volumi, biglietti di scuse per gafjes di vario genere. E, anche qui, una scoperta: spesso quelle di letosEpqlaliagulosnmsrbsvpcaclqsdlttlrtmcmstgnnssacProust non erano lettere, ma te- | lefonate. Cosa sarebbe rimasto se. come noi, lo scrittore avesse adoperato con familiarità il tele fono? Con o senza? Nonostante tutto, ]acquoline Kennedy conserva ancora qualche magia, qualche forza di impatto mondano, qualche capacità di sorprendere e di imporsi. Da quando è comparsa a Portofino con una maglietta rossa leggera e rivelatrice portata sul petto nudo, l'estate ha avuto il suo glande tema di discussione, le donne si son trovate a risolvere un nuovo dubbio traumatico: con o senza? Cioè: continuare a portare il reggiseno, oppure toglierselo, abolirlo, liberarsene? Interrogativo non nuovo, è onesto riconoscerlo. Già negli Anni Sessanta il fantasarto André Courrèges predicava: « Ma chi ha stabilito che il petto delle donne debba essere alto, gonfio e appuntito? Non è tanto più bello un seno morbido e libero, naturale? Via, via i vecchi impacci, le vecchie gabbie! ». 11 poniùsarto Rudi Genreich, poi, proponeva addirittura il topless, mentre il futursarto Ossie Clark procedeva senz'altro all'abolizione di ogni capo di biancheria. Già da un pezzo nessuna sfilala di moda si privava di indossatrici dal torso appena velato: già da un paio d'anni belle e ardite signore si presentavano nei salotti in camicetta di chiffon trasparente e niente altro; già dallo scorso inverno Ornella Vunoni aveva provocalo il suo bravo scandalo televisivo, e i giornalini popolari scoprivano nuovi drammi del nostro tempo: « Milva disperala, le cade il seno! ». Ma l'esibizione di Jacqueline è stata determinante: ormai il problema riguarda lune, diven- ta collettivo e urgente. Ecco dunque fiorire, come ai vecchi tempi della minigonna, le inchieste', i dibattiti, le tavole rotonde, i sondaggi d'opinione. Ecco tornare le dichiarazioni dell'attrice spavalda l« lo non l'ho mui portato, non ne ho bisogno! u), del medico catastrofico (« La mancanza di supporti favorisce l'ullentuniento del muscolo»),de] chirurgo plastico interessato (« Ogni donna può avere un seno perfetto, basta volere »), dell'attore ribaldo («' Per conto mio, se una don- na è bella, più si toglie meglio è »). Ecco venir di moda l'antipatico termine « i pettorali », muscoli che si scoprono improvvisamente essenziali. Ecco rispolverata la storia: in l'ondo le donne di Micene, d'altro canto anche le egizie, pure le nostre bisnonne e via di seguilo. Ecco la immancabile noia populista: ma si rendono conto, queste frivole oziose, che per la maggioranza delle donne italiane, dalle contadine del Sud alle montanare del Nord, il reggiseno rappresenterebbe ancora una conquista? Ecco il sociologo dell'ovvio svelto a dire la sua, in sproloqui spesso risonanti dei fallili aggettivi « permissivo » o (a seconda dei casi) « liberatorio ». Ecco le donne nevrotizzute, rese infelici da nuovi falsi problemi, mortificate nello scoprirsi, ancora una volta, molto diverse dal perielio modello proposto loro dalla pubblicità. Eccole ancora una volta pronte a cadere in little le faticose, costose trappole preparate per loro: la crema rassodante e quella revitalizzante, l'idromassaggialore mi.acoloso e le prodigiose iniezioni di paraffina, la ginnastica speciale nell'istituto specializzato, il chirurgo taumaturgo che. in fondo, vuole soltanto quattrocentomila lire per l'operazione esteticamente risolutiva, i centonovanta movimenti (« tenendo le braccia distese, serrate con forza le mani come per un'energica stretta ») da ripetere ogni mattina. Ma. soprattutto, ecco risorgere le antiche domande: è bene? è male? Perché da noi sono sempre minigonne o reggiseni a stimolare quel grande slancio morale, dolorosamenle assente nelle faccende importanti. Lietta Tornabuoni

Luoghi citati: Clermont-tonnerre, Parigi, Portofino