Chiesta la citazione di Moro come teste al processo Tandoj di Mario Dilio

Chiesta la citazione di Moro come teste al processo Tandoj Intervento del p.g. in assise d'appello a Lecce Chiesta la citazione di Moro come teste al processo Tandoj E' stalo anche proposto di sentire l'ex sottosegretario alla Giustizia Dell'Andro - I due parlamentari ebbero eolloqui eoi eapo della Mobile d'Agrigento poche settimane prima che quest'ultimo fosse ucciso (Nostro servizio particolare) Lecce, 2 luglio. Colpo di scena all'ottava udienza del processo Tandoj, che si svolge dal 14 giugno davanti alla Corte d'assise d'appello di Lecce. Il mini- j stro per gli Affari Esteri, on. | Aldo Moro, e il deputato democristiano barese on. Renato Dell'Andro, ex sottosegre- j tario alla Giustizia, sono stati citati dal procuratore ge- nerale dott. Chiriacò, il qua- | le ha chiesto la loro compa a - ; ; ; ; rizione in qualità di testi Secondo quanto ha affermato il procuratore generaj le, l'allora commissario capo della polizia di Agrigento, dott. Cataldo Tandoj, poche settimane prima di essere ucciso in un agguato la sera del 30 marzo 1960, in piazza della Vittoria ad Agrigento, ebbe colloqui con i due parlamentari per sollecitare il provvedimento di trasferimento dalla questura di Agrigento a quella di Roma. Il dott. Chiriacò ha giustificato la sua richiesta affermando che molto probabilmente il dott. Tandoj disse all'on. Moro e all'on. Dell'Andro i motivi per i quali desiderava allontanarsi definitivamente da Agrigento, dove per diversi anni aveva diretto la squadra mobile e aveva indagato a fondo sui delitti di mafia. Tandoj ottenne il trasferimento e prese possesso del suo nuovo ufficio in un commissariato della capitale. Il giorno della sua uccisione si era recato ad Agrigento per prendere la moglie e portarla con sé a Roma. E' stata anche chiesta la citazione del capo della segreteria particolare dell'on. Moro, dott. Sereno Freato; del padre di Tandoj, colonnello Giuseppe, che risiede da molti anni a Bari; degli ispettori-capo di polizia Modica e Marocco; dell'ex questore di Agrigento, dott. Monteleone; della vedova del commissario ucciso, signora Leila Motta, che ora insegna in una scuola professionale siciliana; e del direttore dell'ospedale psichiatrico di Agrigento, prof. Mario La Loggia, fratello dell'ex presidente della Regione siciliana, on. Giuseppe La Loggia. Il dott. Chiriacò ha poi chiesto l'acquisizione dei risultati cui pervenne-la Commissione antimafia che svolse accurate indagini sui possibili rapporti tra la potente e organizzata mafia di Raffadali e gli ambienti politici nella zona di Agrigento, nel decennio 1950-1960; e gli atti del j | processo pendente presso la Corte d'assise della città dei templi contro Pasquale Bartolomeo, Giuseppe e Alfonso Librici, accusati dell'omicidio di Antonino Galvano. li procuratore generale non si è uniformato alla richiesta, avanzata ieri dai difensori degli imputati, di effetj tuare il sopralluogo a Raffadali, la cittadina dell'Agrigen- ti™ che negli Anni Cinquan | ' ta fu al centro di numerosi delitti di marca mafiosa. Egli ha affermato che i cambia-menti avvenuti nel comune e la costruzione di nuove strade e di nuovi caseggiati hanno modificato la sua fisionomia e una visita oggi non gioverebbe a chiarire le circostanze che devono essere valutate dai giudici. Molti punti di questa vicenda continuano a rimanere oscuri. L'avv. Salerno del foro di Caltanissetta, che difende l'imputato Antonino Bartolomeo, cosi come in altri processi ha patrocinato gli interessi dei più noti mafiosi siciliani tra cui lo stesso Genco Russo, chiedendo la comparizione del procuratore generale di Palermo, dott. Pici, e del giornalista siciliano Asciolla, ha affermato che in un'intervista concessa al quotidiano « La Sicilia » il 3 marzo 1967, il Fici dichiarò che « era stato obbligato a non indagare ulteriormente sul delitto Tandoj » nel momen- to in cui le sue indagini portavano in direzione di personaggi molto noti nell'isola. Insomma, la difesa è dell'avviso che gli imputati sono innocenti o comunque sono piccole pedine di un gioco molto più vasto e complesso. I « grossi calibri » sarebbero fuori, come sempre avviene nei l'atti di mafia. Mario Dilio