Noi e le bestie di Remo Cantoni

Noi e le bestie Ha ragione Hobbes o Rousseau? Noi e le bestie 11 dibattito nell'etologia fra gli allievi di Lorenz I. Eibl-Eibesfcldt: « Amore e modio », Ed. Adelphi, pag. pi316, lire 3800. Wolfgang Wicklcr: « Gli animali questi peccatori », Ed. Mondadori, pag. 297, lire 2800. L'etologia comparata, la scienza che descrive la storia naturale dei comportamenti biologici degli animali e dell'uomo, non può che constatare tutta una serie di vistose concordanze nelle pulsioni più caratteristiche dell'intero mondo animale: valgano come esempio l'aggressività, la fame, l'appetito sessuale. Mentre però in passato l'uomo occidentale, nelle sue teologie e metafisiche tradizionali, assegnava orgogliosamente a se stesso un posto del tutto eccezionale nel cosmo, creando tra sé e gli animali una insanabile frattura ontologica e morale, i moderni etologi comparati sottolineano, non senza, forse, una punta di crudeltà mentale, che, nella comune appartenenza al mondo animale, l'uomo deve ormai guardare con molto maggior rispetto i suoi compagni animali e con maggiore umiltà e autocritica se stesso. I piaceri innegabili della conoscenza non compensano la degradazione dell'antropologia in un capitolo della zoologia. « Se dovessi ritenere l'uomo la definitiva immagine di Dio, non saprei che cosa pensare di Dio », ha detto con sarcasmo Konrad Lorenz, l'etologo tedesco di cui tanto si parla oggi. L'uomo è aggressivo e competitivo fino alla ferocia. Egli può solo, come già fanno alcuni animali più evoluti, ritualizzare la lotta intraspecifica, rendere cioè meno pericolose le proprie pulsioni agonistiche e autodistruttive. Lo studio del comportamento animale — è questo il senso del libro Amore e odio di Irenàus Eibl-Eibesfeldt, allievo e collaboratore di Lorenz — ci fa meglio comprendere il comportamento dell'uomo e ce ne dà una immagine più realistica. Anche nel mondo animale, dove l'esistenza è lotta spietata, si notano alcune tendenze rivolte alla collaborazione e alla tenerezza intraspecifica. Questi impulsi socievoli, che si manifestano nei rituali più diversi, accomunano anch'essi la sorte dell'uomo a quella dell'animale. Nell'odio e nell'amore, storia e natura obbedisco no dunque ad alcune strutture di fondo, a un codice del comportamento che la scienza indaga senza pregiudizi. Animali appartenenti a varie specie combattono i loro congeneri, e l'uomo non fa in questo ecce zione. La sua storia, anzi, si è svolta e si svolge in uno scenario di esasperata violenza intraspecifica. Questa violenza verso i propri simili stigmatizza soprattutto l'uomo della nostra epoca, che più di ogni altra è orgogliosa per le sue grandi conquiste scientifiche e tecniche. L'irrazionalità e la violenza del comportamento intraspecifico umano è palese, ma EiblEibesfeldt trova qualche conforto nell'osservare gli aspetti cooperativi e amichevoli che persistono nel mondo umano e in quello animale, quando l'aggressività si organizza e ritualizza in un suo cerimoniale che ne contiene i danni e previene così la distruzione totale della specie. Eibl-Eibesfeldt, come già Lorenz, Tinbergen, Morris e Wolfgang Wickler nel suo recente libro Gli animali questi peccatori, si occupa soprattutto dell'aggressività intraspecifica e della vita sessuale, ma sembra aperto alla speranza naturista e romantica che dal mondo animale giunga all'uomo l'insegnamento a non distruggere se stesso e il proprio ambiente naturale. Nella introduzione al libro di Wickler, Lorenz tenta di rovesciare i termini convenzionali del bene e del male. « Con quella superbia che secondo il proverbio precede la caduta, l'umanità si compiace di considerarsi staccata dalla natura, in netta antitesi con questa, o addirittura in certo modo superiore a lei. Di più: lo stesso concetto di "natura" è un prodotto di questo atteggiamento deleterio. Secondo la filosofìa morale kantiana tutto ciò che è naturale è indifferente ai valori, anche l'azione migliore è immune da ogni valore se è determinata dall'inclinazione naturale e non proviene diill'autoesame categorico. La necessità di dominare certi istinti, imposta all'uomo dalla sua cultura, ha condotto in taluni circoli pìetislieo-puritanì alla spaventevole eresici che tutti gli impulsi naturali provengono ipso facto dal demonio, specie se arrecano piacere. Inversamente altri ritengono che far¬loinrecaraseafrcogacinenloscdtqsaètpnmvmvdlSvrstbemvvsodphiriL me di comportamento quanto mai riprovevoli trovino una lepittima giustificazione nel fai- lo di essere "naturali". Certi individui, per tutto il resto irreprensibili, si credono affrancati da ogni responsabilità morale di fronte ai propri istinti sessuali ». L'atteggiamento di Lorenz è aspramente polemico nei confronti della cultura moderna così irresponsabile verso l'integrità della natura. Come il suo allievo Wickler, egli si preoccupa di non lacerare il tessuto in cui si intrecciano biologia ed etica, le leggi delle scienze naturali c una rinnovata teologia che annunci la salvezza senza porsi in contraddizione con le scoperte sempre nuove del sapere scientifico. L'etologia è un nuovo importante capitolo della biologia. In questo senso essa coinvolge la stessa antropologia nei suoi aspetti sociali e culturali. Ma vi è il pericolo di costruire un'antropologia deformata quando si parte da premesse rigidamente naturalistiche che rendono l'uomo sempre più zoologico e ravvisano in lui soprattutto un animale corrotto. Il pericolo inverso è quello spiritualistico, di costruire cioè una antropologia immutabile, sganciata dal¬ le scienze c appoggiata su fon damenta solo teologiche e metafisichc. L'antropologia culturale, in lutti i suoi maggiori rappresentanti, da Boas a Krober, da Malinowski a Radcliife-Brown, incontra le sicssc difficoltà ed è esposta agli slessi dilemmi: quali sono i rapporti tra biologia e cultura? Non si può idealizzare un incorrono slato di natura clic nessuno di noi ha mai conosciuto. Ogni discorso sull'uomo come animale degenere e peccatore è sempre un mito, quando non divenga una parabola romantica o un'allegoria per scrivere una salirà 0 una caricatura dell'uomo moderno. Non so se sia più valido il mito bonario di Rousseau o quello feroce di Hobbes. Anche quando si vede nella cultura umana il risultato della grande evoluzione organica che trasformò gli organismi unicellulari in organismi pluricellulari che sono 1 nostri remoti antenati, rimane aperto il problema di ricercare ciò che vi è di peculiare nell'uomo, nel suo bene e nel suo male, nel suo amore e nel suo odio. Forse la dote più caratteristica dell'uomo è proprio la sua capacità di conoscersi. Remo Cantoni o e e l l o . Ei I|j Monaco di Baviera. Lorenz nel suo parco sperimentale

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