Miller gran bugiardo

Miller gran bugiardo Miller gran bugiardo Le lettere torrenziali alla sofisticata Anais Nin Henry Miller: « Lettere a Anais Nin », Ed. Longanesi, pag. 546, lire 3800. In un pomeriggio d'autunno del 1931, Richard Osborn, un giovane avvocato compagno di molti artisti e nottambuli a Parigi, volle condurre Henry Miller a Louveciennes, dove Anais Nin abitava nella quiete di una cadente dimora poco lontana dalla Senna. La prima impressione fu di un luogo fuori dal tempo, nell'insieme squisitamente ricercato. Pesanti librerie rivestivano le pareti delle stanze semibuie. Una cameriera si muoveva senza rumore. Oltre le imposte socchiuse, il giardino appariva incolto e il cancello dipinto di verde cigolava nel vento. Lo scenario insolito, la rarefatta e preziosa atmosfera di quella casa colpirono la tumultuosa fantasia di Miller, avvezza a ben più crude suggestioni. Qualche tempo dopo, intingendo la penna negli inchiostri del proprio entusiasmo, egli scriveva alla Nin: « Ho provato una splendida sensazione di pace e di sicurezza, entrando in casa sua. Continui, la prego, a vivere in questo modo... ». Era nata una tra le più esuberanti amicizie letterarie del secolo. Tra ininterrotti scambi di manoscritti e di giudizi durante i distacchi più prolungati, una fittissima corrispondenza prende il posto della conversazione. Figlia di un pianista spagnolo e di una cantante danese, che si vantava celebrata dal D'Annunzio, la Nin con il suo gusto a volte sofisticato, la sua diversa e più raffinata educazione esercita una positiva influenza sul potente, accesissimo temperamento del Miller (in un caloroso saluto da Big Sur, datato 17 mag gio 1946, si legge: « Tu sei la sola tra quanti abbia mai conosciuto, che si sapesse servire efficacemente del silenzio »). Delle centonovantasette let1tere raccolte in questo gros so volume, molte accompagnano o comunque documentano il miglior periodo letterario dello scrittore. In pochi anni, avanti il 1940, nascono infatti opere come Tro pico del Cancro, Primavera nera e Tropico del Capricor no. In perenne stato di grazia, visitato da continue illuminazioni, Miller rovescia nei suoi torrenziali sfoghi epistolari imprevedibili giudizi critici sopra i più grandi scrittori del secolo (da Proust a Joyce, a Lawrence), stupendi frammenti narrativi e banali frottole. Con il gusto della menzogna o dell'esagerazione, analizzato da Gore Vidal in una spiritosa lettura critica di Sexus, Miller non trascura mai di esporre le proprie sensazioni o grottesche vicende umane. Si lascia mdovinare ubriaco o perso nelle situazioni più scabrose; si dipinge a tavolino «infagottato nel cappotto, con la sciarpa e il cappello sulla testa ». Senza legna da ardere, spesso affamato, Miller sogna la solitudine gloriosa del' maudit. La sua ironia, i suoi pettegolezzi irriverenti, le sue smargiassate da povero avventuriero sono tuttavia una maschera, una frettolosa facciata. (« Lo sapevi che a New York ho effettivamente chiesto l'elemosina? Sì, una volta seguii addirittura un tizio, lo misi con le spalle al muro e minacciai di picchiarlo se non mi avesse dato qualcosa»). Sopra questo pittoresco e nutrito sfondo autobiografico, si viene delineando un tema ricorrente, alla fine quasi ossessivo: il difficile, combattuto rapporto tra Miller e la letteratura. Dopo aver sperperato infinite energie, divenuto finalmente romanziere raccontando il proprio destino di artista mille volte fallito, egli è ossessionato dal fantasma del silenzio, dell'impotenza intellettuale. Vorrebbe fermare sulla pagina ogni attimo della propria esistenza. In una lettera del febbraio 1932 si legge: «C'è da impazzire pensando che anche un solo giorno debba passare senza scrivere. Non riuscirò mai, mai a rifarmi. Ecco perché, senza dubbio, scrivo con tanta veemenza, con tanta deformazione ». In un saggio di alcuni anni or sono, un critico italiano aveva individuato nell'opera di Miller un momento cruciale nella storia dei difficili rapporti tra autore e personaggio nel romanzo moderno. Sotto un tale profilo, occorre aggiungere che questa doviziosa scelta epistolare costituisce un contributo essenziale per stabilire fino a quale punto Miller sia il protagonista consapevole dei suoi libri. Antonio Debenedetti o f Parigi. Henry Miller con la giovane moglie giapponese (Foto Ap)

Luoghi citati: New York, Parigi