Otto industrie processate per inquinamento del Reno

Otto industrie processate per inquinamento del Reno Il dibattimento in pretura a Bologna Otto industrie processate per inquinamento del Reno Gli imputati sono dieci, titolari o legali delle aziende - Alla causa ne seguiranno altre in tutta Italia - Respinte alcune eccezioni della difesa (Dal nostro corrispondente) Bologna. 30 giugno. Si è aperto stamane, davanti al pretore di Bologna, dott. Valerio Savoi. il primo dei processi per l'inquinamento delle acque del Reno, di cui sono ritenute responsabili diverse aziende bolognesi. Si tratta di una « causa-pilota », alla quale seguiranno altri processi non soltanto in Emilia-Romagna, ma in tutta Italia. Gli imputati sono dieci, titolari, legali rappresentanti, responsabili amministrativi e tecnici di industrie ed aziende di Pontecchio Marconi, Sasso Marconi, Vedegheto. Davanti al giudice sono stati chiamati ieri mattina Vittorio Neri, legale rappresentante dell'impresa Cartiere del Maglio e di Brodano di Pontecchio; Fodgora Rivaroli, titolare e legale rappresentante dell'impresa Ca' Farina, allevamento avicolo di Sasso Marconi; Vittorio Suppini, legale rappresentante del caseifìcio sociale cooperativo di Vedegheto; Antonio Tozzi, legale rappresentante e responsabile dell'impresa chimica « Chimosa » al Pontecchio; Luigi Magnani e Cesare Nobili, contitolari dell'impresa cromatura artigiana al Pontecchio; Renato Ognibene, titolare dell'impresa zincatura Ognibene a Sasso Marconi; Rino Grandi e Giorgio Fantini, contitolari dell'impresa croma-nichel a Sasso Marconi; Umberto Leoni, titolare dell'impresa cromatura Leoni di Sasso Maxconi. I reati loro contestati, sotto l'ipotesi colposa, sono l'avvelenamento e l'adulterazione delle acque del Reno, l'inosservanza di un provvedimento legalmente dato dalle autorità (non aver osservato i limiti di tollerabilità delle sostanze nocive scaricate nel fiume, fissati dal laboratorio di igiene e profilassi) la violazione della legge sanitaria per aver aperto e fatto funzionare industrie senza depuratori, aver - danneggiato la fauna ittica, aver immesso residui tossici nel Reno senza averli prima resi innocui. Tutti gli imputati respingono gli addebiti. II « processo del Reno », sottoposto stamattina ad una bordata di quattro ore da parte della difesa, ha barcollato, ma è rimasto in piedi. Il pretore dott. Savoi ha infatti respinto la richiesta di dichiarare nulla l'indagine che ha portato a questa causa. « La vicenda del Reno — è stato detto dai banchi della difesa — è giunta in aula a tempo di record, ma la fretta •ha nociuto ai diritti degli imputati: sono stati eseguiti accertamenti tecnici, sono stati fatti prelievi, si sono svolt" indagini senza che i sospettati ne fossero informati. Si sono trovati così in pretura senza poter far valere le loro ragioni, senza poter- chiedere controperizie, senza esibire quei documenti che forse avrebbero già potuto scagionarli n. Quella della presunta violazione dei diritti della difesa nella fase istruttoria è stata la battaglia più accesa della prima giornata di udienza. Ad accendere le polveri è stato l'avv. Walter Villa, il quale ha esordito sostenendo che « la procedura usata nell'inizio di questo processo lascia molto perplessi ». Si è lamentato del fatto che, a suo giudizio, gli indiziati di reato erano stati tenuti all'oscuro di tutto quanto veniva fatto contro di loro. L'accusa, sostenuta dall'avvocato Bernardino D'Agostino, ha replicato che nel momento in cui venivano effettuati i primi accertamenti non vi erano ancora indiziati di reato: vi era soltanto la segnalazione che le acque del Reno potevano essere sporche. Per accertare questa circostanza furono svolti sopralluoghi, che solo successivamente si trasformarono in sospetti nei confronti dei responsabili di certe aziende. Il pretore ha accolto la tesi che i primi atti erano indagini generiche e non dirette verso sospettati di reato e ha dichiarato che l'istruttoria è valida e che quindi si proceda oltre nel dibattimento. Se quella per la presunta violazione dei diritti degli imputati è stata la battaglia più accesa della difesa, non è stata l'unica combattuta ieri mattina. L'altra si è avuta per impedire che i ministeri dei Lavori pubblici e dell'Agricoltura e Foreste e il comune di Ravenna si costituissero parti civili. L'Avvocatura dello Stato, nella persona dell'avv. D'Avanzo, ha sostenuto la tesi che le presunte acque inquinate hanno portato danni alle opere idrauliche, al patrimonio ittico, alle opere di bonifica. Gli hanno replicato che gli enti pubblici non avevano dimostrato che, oltre a un interesse, sussista anche il diritto ad esperire l'azione civile nei confronti degli attuali imputati. A lungo si è parlato poi della questione del comune l di Ravenna. L'inchiesta sul Reno nacque dopo che l'acquedotto della città romagnola (che attinge dal fiume) fu chiuso. «Gli inquinamenti — ha detto l'avv. Pergola — hanno portato danni reali a Ravenna: l'acqua dovrà essere attinta dal Po di Volano con una spesa suppletiva di arca un miliardo, inoltre numerosi milioni sono stati impiegati per diluire le acque sporche e renderle potabili ». La difesa ha sostenuto che il Comune della città roma¬ gnola non poteva rivalersi sugli attuali imputali perché l'acqua è del demanio idrico e che l'eventuale reato di pericolo non era stato consumato ili territorio bolognese, ma ad Argenta, dove l'acquedotto ravennate attinge al Reno. Il pretore ha respinto anche queste argomentazioni della difesa e ha dichiarato la legittimità della costituzione delle parti civili. Il processo continua domani mattina con l'audizione degli imputati. m n m. 11.