E' la voce del Cairo? di Ferdinando Vegas

E' la voce del Cairo? ANALISI E' la voce del Cairo? Circolano da qualche giorno con insistenza voci di contatti fra Israele e Unione Sovietica: nonostante le smentite ufficiali delle parti interessate, pare certo che vi sia un fondamento di verità. Non si sa se l'iniziativa sia stata presa da Mosca oppure da Tel Aviv; quanto al tramite, si ritiene che abbia funzionato da « valigia diplomatica » la Finlandia, che cura gli interessi dell'Unione Sovietica in Israele da quattro anni, cioè da quando — subito dopo la guerra arabo-israeliana dei sei giorni — sono state rotte le relazioni diplomatiche tra i due Paesi. Ottiene cosi una spiegazione persuasiva il viaggio « misterioso » della signora Meir in Lapponia, dove avrebbe trattato riservatamente la questione col ministro degli Esteri finlandese. Secondo il giornale israeliano Ma'ariv sarebbero già in corso, sempre in Finlandia, contatti diretti tra diplomatici sovietici e israeliani: una notizia che trova riscontro in quella fornita dal corrispondente del « Monde » presso l'Onu che, appunto, « contatti del genere lianno avuto luogo di recente, verosimilmente in una capitale europea ». Lo stesso corrispondente, tuttavia, invita alla cautela, scrivendo che, prese le debite informazioni, risulta che le voci ' di contatti diretti sono state « nettamente esagerate)). D'altra parte, lo stesso ministro israeliano degli Esteri, Abba Eban, il 20 giugno ha dichiarato che non ci si dovrebbe troppo sorprendere se si apprendesse di una ripresa dei contatti sovietico - israeliani. Tralasciando i particolari, l'importante è che un accostamento si cominci a delincare ira Mosca e Tel Aviv dopo quattro anni non solo rii rottura diplomatica ma anche di ostilità. Provenga l'iniziativa dall'una o dall'altra capitale, entrambe hanno solo da guadagnare se essa procede favorevolmente: come ha detto una «personalità sovietica molto importante » al corrispondente da Washington di un altro giornale israeliano, Haarctz, la ripresa delle relazioni tra i due Paesi sarebbe un «avvenimento logico tanto per l'Unione Sovietica Quanto per Israele». Israele, che conta di sicuro su un solo amico, gli Stati Uniti, uscirebbe dall'isolamento e potrebbe trattare la soluzione della crisi del Medio Oriente direttamente anche con l'altra grande potenza interessata alla questione. Dopo la visita di Podgorny al Cairo e la firma del trattato sovietico-egiziano, è infatti evidente che l'eventuale soluzione dovrà necessariamente tener conto degli interessi globali delle due superpotenze; trattative unilaterali, come quelle espletate dal segretario di Stato americano, Rogers, con la sua mis' sione nel Medio Oriente, non offrono prospettive di approdare alla conclusione desiderata. L'Unione Sovietica, dui canto suo, non può che avere vantaggio dulia ripresa dei contatti con Israele. Anzitutto dimostra di mettersi sullo stesso piano degli Stati Uniti, i quali, pur non avendo rapporti diplomatici con l'Egitto, tengono al Cairo un loro rappresentante. In secondo luogo, ora che esiste un trattato sovietico-egiziano. Mosca ha più libertà e più spazio rii manovra rispetto agli arabi. Questi, in un certo senso, si possono sentire rappresentati dall'alleato e quindi, se il Cairo rifiuta sempre di trattare direttamente con Tel Aviv, può ben lasciare che intanto Mosca agisca per interlocutore e tuteli i suoi interessi. Infine, instaurandosi una pluralità rii contatti anche tra avversari (egiziani e americani, israeliani e sovietici) si aprono migliori possibilità per il discorso fra Mosca e Washington, se è vero, come pare sicuro, che l'una e l'altra sono interessate a mantenere sotto controllo la situazione del Medio Oriente. Ferdinando Vegas rptntdltgccssnlisisrstinctcuuclltdnvlzantl

Persone citate: Abba Eban, Meir, Rogers