Il computer ci ascolta

Il computer ci ascolta LA DIFESA DELLA LINGUA ITALIANA Il computer ci ascolta La parola scritta non perirà da poi che l'impiego di elaboratori elettronici nel campo delle ricerche linguistiche permette di registrarne l'apparizione e la frequenza con assoluta precisione. E' uscito a Roma, a cura della Soc. ed. « Il Mulino », e festeggiato come una creatura, il 3" dei 50 e forse più volumi onde consteranno gli Spogli elettronici dell'Italiano delle Origini e del Duecento, gigantesca opera d'inventariato ideata e diretta dal prof. Mario Alinei dell'Istituto di Lingua e Letteratura italiana di Utrecht, e realizzata da quell'Istituto in collaborazione con la fiorentina Accademia della Crusca. Riguardate qualitativamente (il che sarebbe vietato dall'assunto scientifico), le parole finora inventariate son quelle d'una lingua sul nascere, sapide di latino, prossime all'etimologia: cliente cheunque avegnaché filio presumptione qualitade potti (perfetto forte di Potere) populo exilio e, frequentissimo, et: parole che aspettano il soffio creatore di Dante per diventare, senza troppo cangiarsi, il nostro lessico. L'impassibile elettronica rende preziosi uffici anche all'opposto polo dell'italiano contemporaneo; e già Valerio Riva nell'Espresso diede minuto ragguaglio del primo Dizionario di frequenza cui attendono a Pisa i proff. Zampolli Bortolini e Tagliavini. Fin dai primi risultati si tolgono conclusioni interessanti. Le lingue scritte, cioè interne, del cinema, della tv e del teatro, son quelle in cui il numero dei lemmi ricorrenti è il più basso: esse si reggono prevalentemente sui che, su pronomi e avverbi; vi scarseggiano gli aggettivi (bene), le proposizioni (male) e gli stessi sostantivi (malissimo). Il che spiega l'inafferrabilità di codeste lingue e come sia impresa disperata il parlare, per esempio, d'una lingua nel film, non differendo essa punto, in generale, dalla più cascante « coinè ». Il sostantivo è invece in essere presso la lingua del giornale, che molti ne conia mediante prefissi e prefissoteli (ante anti tele proto pre post neo Conf mini fanta socio ecc.); e subito dopo l'aggettivo. L'abuso sostanti- vale-aggettivale non parrebbe fatto per attirare il grosso dei lettori; e viceversa quello è conquistato proprio dalla maggior complessità del discorso giornalistico. Presso i disturbati di mente, il calcolatore ha accertato che la costruzione grammaticale e sintattica regge anche quando il senso vaca (tanto l'uomo ha radici razionali), laddove la frequenza degli aggettivi e del futuro scende a livelli miserandi. Perché è provato che quando uno ha qualcosa che non va, le prime categorie grammaticali che ne risentono fino a sparire sono il futuro dei verbi e gli aggiunti: quello perché del futuro si è chiusa la porta, questi perché costituiscono esigenze verbali secondarie, ed ambedue perché contravvengono alla legge del minimo sforzo, di cui il disturbato psichico è osservantissimo. Da chi non s'impara dunque? Specimini fraseologici dell'italiano standard improntato al linguaggio tecnologico (in cui confluiscono il politico, il parapolitico, il famigliare e forse persino l'amoroso) dimostrano al contra¬ rio che l'acume dell'espressione è posto nell'Aggettivo, donde « il carattere corridoistico d'una relazione », « gli schemi trionfalistici », « il disegno oltranzista ette tende a strumentalizzare l'associazione X in chiave clientelare », e per il pubblico d'una squadra di calcio (gente già semplice, se altra mai) « la spiacevole sensazione di essere totalmente escluso dal momento decisionale della società del cuore ». L'urgenza espositiva combinata col proposito di suggestionare si scarica sulla categoria più debole e guida a una lingua di derivati, fatta piuttosto di parole d'ordine (quali appunto corridoistico e trionfalistico che chiedono l'elaborazione dell'ascoltante), che non di parole: una lingua che non solo illude chi l'ascolta (questo è sempre stato), ma molto spesso anche chi la parla. E viene a mente, con clangore di tromba soverchiante il ronzio dei calcolatori, il detto di Jacques Lacan (ricordato da Alberto Arbasino): « Noi non parliamo, ma siamo parlati ». Leo Pestelli

Persone citate: Alberto Arbasino, Bortolini, Jacques Lacan, Leo Pestelli, Mario Alinei, Tagliavini, Valerio Riva, Zampolli

Luoghi citati: Pisa, Roma, Utrecht