Il giorno che morì Tandoj "lo non c'ero, eccellenze"

Il giorno che morì Tandoj "lo non c'ero, eccellenze" Il giorno che morì Tandoj "lo non c'ero, eccellenze" /Nostro servizio particolare) Lecce, 18 giugno. (m.d.) Sante Librici, imputato con il fratello Luigi dell'assassinio dei « boss » della mafia di Raffadali, Antonio Tuttolomondo e Antonino Galvano, e ritenuto mandante dell'assassinio del commissario di pubblica sicurezza Cataldo Tandoj e dello studente Ninni Damanti, ha continuato stamane la sua deposizione alla corte d'assise d'appello di Lecce, dicendosi « innocente, galantuomo e vittima dell'odio dei suoi persecutori ». Ad ogni accusa della sentenza di primo grado, egli oppone un alibi. Durante il lungo racconto della sua vita, sempre calmo, lo sguardo sovente rivolto alla gabbia, ad incrociare quello degli altri imputati, ha tentato di dimostrare d'aver condotto sempre vita tranquilla ed operosa. All'epoca del delitto Tuttolomondo, egli sostiene che era in g;ro per l'Italia, per imbarcarsi clandestinamente alla "volta degli Stati Uniti; quando fu ucciso Galvano era in carcere a Nizza e per quanto riguarda l'agguato mortale a Tandoj e al giovane Damanti egli ha detto: « Chi mi accusa, eccellenza? Di Carlo (n.d.r: il giudice conciliatore di Raffadali) che mi odiava perché avevo ucciso per legittima difesa: Giuseppe Ragusa, suo guardaspalle: Antonino Cuffaro, perché in carcere gli avevo più volte rimproverato le sue tendenze. Poi mi accusa Giuseppe Baeri (n.d.r.: condannato tre anni fa a Lecce a trent'anni di reclusione, perché ritenuto l'esecutore del duplice delitto Tandoj-Damanti). Ma io in quel giorno, 30 marzo 1960, ero negli Stati Uniti. Come potevo, eccellenza, essere in due posti tanto distanti, contemporaneamente? Eccellen za, uomo innocente sono ». La « triste storia », come l'ha definita Sante Librici, non è finita. Continuerà con l'udienza di mercoledì prossimo. Parla il presunto omicida a Lecce

Luoghi citati: Italia, Lecce, Nizza, Raffadali, Stati Uniti