Dialogo di donne di Stefano Reggiani

Dialogo di donne Dialogo di donne Dialogo fra una Signora Attempata e una sua Giovane Amica intorno al libro di Ma rise Ferro La donna dal sesso debole all'unisex, edito da Rizzoli. (La conversazione si svolge nel salotto dell'interlocutrice meno giovane, fra ninnoli di antico buon gusto, davanti a due tazze di tè che fumano discretamente. L'Amica sta seduta sull'orlo della poltrona e ogni tanto guarda in giro, incuriosita. Il libro di Marise Ferro è aperto su un tavolinetto, una pagina è postillata su un fianco da una grafia sottile e aristocratica. La tenda di una finestra è increspata dal vento). Signora Attempata — Dunque, mia cara, ho notato che hai sorriso guardando le illustrazioni di questo libro... Ti sembrano davvero ridicole le tue coetanee di cinquant'anni fa? Giovane Amica — Ti confesserò una cosa. Il sorriso che tu hai notato non era di scherno, piuttosto di sofferenza. Un libro su noi donne, sulle nostre mode e sui nostri belletti, sulle nostre inutili frivolezze, mi mette a disagio... Sembra sempre che ci apparecchiamo per piacere a qualcuno. Anche le suffragette diventano patetiche figurine per un museo della prepotenza maschile. Signora Attempata — Capisco, ma chiudere gli occhi, rifiutare non serve a nulla. Ho trascorso alcune serate postillando questo libro della Ferro. Anch'io ho i ricordi dell'autrice, ho visto gli avvenimenti che lei narra, ho raggiunto, perdonami, una specie di saggezza... Giovane Amica — Ecco, questa saggezza è la sconfitta definitiva. Il libro vuol condurre le lettrici a essere sagge? Sbaglia. Noi donne non abbiamo bisogno di rinunce e di autoindulgenze, dobbiamo renderci conto che la battaglila dell'eguaglianza non è neppure Incominciata. Ogni volta che vedo l'Immagine di un'attrice svestita vedo l'Immagine di una schiava... Signora Attempata — Suvvia, non slamo ad una riunione del movimento femminista. Questo libro è meno frivolo di quel ohe tu pensi. E' 11 ritratto della nostra condizione, visto, se vuol, dall'angolo meno solenne. Guarda queste fotografie. Nota l'inquietudine e la durezza di queste donne del primo dopoguerra, cosi magre e nervose, cosi dissestate, poverine, dall'esperienza del conflitto. Si accorciano i capelli e le gonne, si balla con rabbia, si smagrisce per i dispiaceri. Ricorda di che anni stiamo parlando, tra la fine di una guerra e l'inizio di una dittatura... Amo queste vecchie fotografie e questi ricordi, ci sono tante illusioni dentro. Giovane Amica — Illusioni, appunto. Gli uomini hanno mandato le donne a lavorare quando faceva comodo, poi le hanno ricacciate davanti ai fornelli. Siamo una specie di manovalanza sempre disponibile, le vere sfruttate. La Ferro crede che le sofferenze passate ed aiuteranno ad andare avanti...? Signora attempata — L'autrice ha i miei pensieri e i miei dubbi. Non so, sinceramente, che cosa potrà fare la donna, oltre quello che ha già fatto. Siamo in una situazione di disagio. Leggi: «Cacciata dal gineceo, dove, sebbene renitente e piena di rancori, viveva protetta, oggi è obbligata a vivere nella società con gli stessi doveri dell'uomo senza averne i vantaggi... non è ancora arrivata alle conquiste morali e spirituali che sole consentono la vera emancipazione». Giovane Amica — La donna non farà conquiste morali se prima non si sarà scrollata di dosso 1 pesi materiali. L'affermazione della tua autrice è una contraddizione. Signora Attempata — Non so. Non fingiamo d'ignorare il problema della femminilità, 1 limiti della nostra natura. Dice bene la Ferro: per essere uguali all'uomo, bisognerà che costui in qualche misura si demascolinizzi... Giovane Amica — No, no. Non desidero uomini demascolinizzati. La condizione femminile non è un gradino sotto, che occorra scendere per esserle pari. E' possibile che uomini e donne siano uguali, pur essendo fortemente fieri delle qualità essenziali del loro sesso. Non credi? Signora Attempata — Spero davvero che sia come tu dici. Neppure a me, che pure ho superato l'età delle tentazioni, piacerebbero uomini demascolinizzati. Davvero, non mi piacerebbero. Stefano Reggiani

Persone citate: Marise Ferro