Fu istigato dallo zio il killer della mafia
Fu istigato dallo zio il killer della mafia Il processo in appello ad Ancona Fu istigato dallo zio il killer della mafia E' accusato di avere ucciso il figlio di Serafina Battaglia - La donna, con le sue rivelazioni, provocò la condanna di una decina di persone (Dal nostro corrispondente) Ancona, 16 giugno. Ultima arringa di parte civile, al processo contro Marco Semilia accusato di aver ucciso Salvatore Lupo Leale, di cui era il « guardaspalle ». L'avv. Carlo Rocco di Ancona, che patrocina gli interessi di Serafina Battaglia, la « vedova della mafia », ha parlato oggi di prove di fatto nonché di prove morali e « di tradizione » a carico del Semilia. Ancora una volta le parole bisogno, paura, interesse, vendetta, senso dell'onore, sfida allo Stato e alle sue istituzioni, sono risuonate per due ore nell'aula delle assise di Ancona. L'avv. Rocco ha anche tratteggiato la figura della «vedova della mafia », la quale ha permesso di far luce su tutta una serie di assassinii dovuti alla rivalità tra due cosche mafiose del Palermi' tano. Molti atti erano stati archiviati e i delitti erano passati come ad opera di ignoti, parecchi particolari erano apparsi oscuri e impenetrabili agli inquirenti. E' ba stato che dieci mesi dopo la morte del figlio, seguita a quella dell'uomo con cui conviveva, Serafina Battaglia rivelasse tutto quello che sapeva sulla lotta tra le due organizzazioni di Alcamo e di Palermo perché si potesse istruire uno dei più grossi processi di questo dopoguerra, di cui quello odierno ad Ancona non è che uno stralcio. I risultati: due capimafia, Vincenzo e Filippo Rimi all'ergastolo, Rocco Semilia, zio dell'attuale imputato, anch'egli all'ergastolo dopo il verdetto di Perugia, un'altra decina di persone condannate a pesanti pene. « Se il rifiuto di Serafina — ha detto l'avv. Carlo Rocco —, ad accettare un tipo di società che si basa sulla paura e sulla violenza si estendesse ad altre madri, ad altra gente che "vede e non parla" la mafia in Sicilia sarebbe già sgominata ». Serafina dapprima non crede che possa essere stato Marco Semilia ad uccidere suo figlio. Praticamente è stata lei ad armarlo e a nominarlo guardaspalle del suo ragazzo, che andava cercando incautamente di vendicare la morte del padre Stefano, abbattuto da una raffica due anni prima mentre usciva da un negozio di torrefazione a Palermo. Poi, avuta la certezza che la tradizione della mafia vuole che a colpire sia sempre la persona meno sospettabile, riferisce al magistrato di aver saputo che Marco Semilia fu istigato da suo zio Rocco ad assumersi l'incarico di giustiziere. La mafia aveva emesso un verdetto e Rocco (ora all'ergastolo) ne aveva garantita l'esecuzione. La mattina del 30 gennaio 1962, in cui fu ucciso il figlio di Serafina Battaglia, pochi erano a conoscenza delle mosse della vittima: la madre, una nipote, il suocero e Semilia. E poiché non si uccide a tradimento uno di famiglia senza alcuna ragione, l'unico che poteva tendere l'agguato era «il gorilla». Ci sono poi altre prove: non si ritrova l'arma di Marco Semilia (una pistola calibro 7,65, lo stesso calibro di quella usata per il delitto); c'è un alibi che sembra non reggere. Inoltre ci sono i dubbi avanzati dalla Cassazione che nell'annullare la sentenza della corte d'assise d'appello di Perugia dinanzi alla quale il Semilia era stato prosciolto con formula dubitativa, afferma che sicuramente il Semilia era sul posto quando Salvatore Lupo Leale fu freddato con cinque colpi di pistola, e. g.
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