Troppe corse, ma nessuno ha il coraggio per ridurle

Troppe corse, ma nessuno ha il coraggio per ridurle Inchiesta sul ciclismo che rischia di morire Troppe corse, ma nessuno ha il coraggio per ridurle La crisi incomincia dai dirigenti - Accontentare un organizzatore vuol dire garantirsi un elettore - Il professionismo non sa difendersi 11 ciclismo professionistico rassomiglia sempre più ad un lavoro di cottimisti. E' il principio della quantità che prevale su quello della qualità, ciò senza intenzione alcuna di offendere una categoria di operai che lavorano certamente meglio di quanto i ciclisti pedalino. Il Giro d'Italia è finito giovedì; nella stessa serata Bitossi e la sua squadra volavano verso Ginevra per partecipare al Giro della Svizzera; gli altri protagonisti — si fa per dire —- della corsa per la maglia rosa, hanno fatto un salto a casa a cambiar la biancheria o si sono addirittura fermati a Milano: c'era da proseguire subito per Castelfranco Veneto, dov'era in programma un circuito, a cui ne avrebbe fatto seguito un altro, a Nuvolento di Brescia. Oggi poi si corre, con Gimondi e Pettersson in gara, il Gran Premio di Castrocaro a cronometro: una prova massacrante, sulla distanza di quasi ottanta chilome tri, un impegno assurdo — se disputato seriamente — a soli quattro giorni dal Giro. Giovedì prossimo la glmkana dei ciclisti prosegue con il G.P. di Camaiore, mentre domenica 20 si corre a Prato il campionato assoluto italiano in prova unica e sabato 26 scatta da Mulhouse 11 Giro di Francia. Il male più grosso del ciclismo è proprio questo: un calendario assurdo che, ad onta delie promesse annuali dei dirigenti, dilaga a macchia d'olio, senza alcun rispetto per i limiti fisici di uomini il cui orario di lavoro si accresce sempre più. I responsabili di questo stato di cose giocano a scaricabarile. Le redini del ciclismo, a livello nazionale ed internazionale, sono affidate ad esperti politici, in età da canonizzazione. Adriano Rodoni, il presidentissimo, ha 73 anni ed ha attorno a sé, soprattutto nell'Uci, parecchi coetanei, coi quali può ricordare — ha un'ottima memoria — il brillante passato dello sport della bicicletta: aveva 13 anni all'epoca del primo Giro d'Italia vinto da Luigi Canna. Allora era troppo presto per occuparsi concretamente del ciclismo, adesso è troppo tardi. Questo « club dei veterani » — 1 più giovani hanno scarso prestigio personale, e sono succubi dei vecchi — non sembra aver più alcun rapporto con l'amara realtà del ciclismo attuale. Vivono nel loro mondo attaccandosi ancora ad utopie sorpassate come il dilettantismo e le Olimpiadi, la loro sola preoccupazione, nei contatti col professionismo, sembra essere quella di non perdere « clienti » buoni al momento del rinnovo delle cariche. Il « si » a qualsiasi manifestazione che chieda di essere inclusa nel calendario agonistico, è apertamente legato, in altre parole, al desiderio di garantirsi degli elettori fedeli. Il professionismo, d'altra parte, non si difende abbastanza da solo. A differenza di quanto succede in Francia, il giornale organizzatore del Giro non sembra voler prender parte attiva alla politica ciclistica. II. direttore della « rosea », tanto per fare un esempio, non ha visto una sola tappa del Giro e la sua presenza si è fatta sentire solo nella « censura » ai servizi del propri inviati dal Grossglockner. Chi organizza le maggiori competizioni ciclisti che, dovrebbe avere un proprio candidato per la guida del professionismo, o almeno essere al l'opposizione in modo costruttivo Né sono senza colpa gli industriali. Ferretti, nell'Intervista qui accanto, riconosce anche lui che le corse sono troppe. Ma non è il modo migliore di opporsi all'elefantiasi del calendario, quello di iscrivere la propria squadra al Giro della Svizzera e poi ritirarla all'ultimo momento. Un'op' posizione efficace va fatta prima, non dopo. Bisognerebbe che gli industriali fossero capaci di im pslrttputnetd porsi da soli un calmiere, avessero tanto senso di responsabilità da setacciare il calendario, rinunciando, a priori, senza pentimenti, a corse che sono soltanto dei riempitivi o dei contentini per questo o quell'elettore. Se un gran premio « x » fosse disertato dai campioni più noti, l'anno successivo sarebbe più facile escluderlo dal calendario. Ma tutti scagliano la pietra, e subito dopo nascondono la mano. Gianni Pignata Felice Gimondi

Persone citate: Adriano Rodoni, Bitossi, Felice Gimondi, Ferretti, Gianni Pignata, Gimondi, Luigi Canna, Pettersson