Garibaldi corsaro in Sudamerica

Garibaldi corsaro in Sudamerica Garibaldi corsaro in Sudamerica i l n a i , a a. . i- Ivan Boris: « Gli anni di Garibaldi in Sud America (1836-1848) », Ed. Longanesi, pag. 379, L. 2700. Nel dicembre 1835 Giuseppe Garibaldi s'imbarca a Marsiglia come capitano in seconda del piroscafo Nautonnier diretto a Rio de Janeiro. Vuole cambiar vita e conoscere il Nuovo Mondo, ma anche mettersi al sicuro dalla condanna a morte per aver contribuito a organizzare in Savoia i moti, poi falliti, l'anno precedente. Incline alla politica quanto all'avventura, affiliato alla Giovane Italia, fedele agli ideali mazziniani, si mette subito in contatto coi compatrioti repubblicani residenti in Brasile. Scoppia la rivolta contro il governo imperiale e il Rio Grande del Sud proclama la repubblica. Garibaldi, con un gruppo di italiani, accetta di combattere per gli insorti. Al comando della Mazzini, una vecchia lancia di venti tonnellate, s'impadronisce di alcune navi brasiliane e ne affonda altre. Guarito da una grave ferita, impara a cavalcare e riprende a combattere. Arrestato e torturato, riesce a fuggire, a riorganizzare la Legione italiana e accorre in Uruguay, dove si contendono la presidenza della repubblica Manuel Oribe, con l'appoggio del dittatore argentino Rosas, e Pructuoso Rivera, che avrà quello di Garibaldi. L'eco delie imprese dei garibaldini giunge presto anche in Europa. Si parla delle loro giubbe rosse: nessuno può immaginare che le hanno scelte solo per una ragiona economica, potendo acquistarle a basso prezzo da una ditta di Montevideo, che le aveva destinate al mercato delle carni di Buenos Aires. Si racconta che portano cappelli d'ogni foggia, senza gradi, cavalcano su selle americane e, come scrive Dandolo, « sembrano inorgoglirsi del disprezzo per tutte le regole osservate dalle truppe regolari ». « La nostra Legione italiana e Garibaldi tanno prodigi », dice Mazzini. Il libro di Ivan Boris (56 anni, fiorentino che vive in Venezuela, dove si dedica a ricerche storiche sull'America latina) segue Garibaldi fino al suo ritorno in Italia. Informato, ricco di date, di cifre e di episodi, lascia spiegare ai fatti il nascere del mito garibaldino. Un po' alla volta emerge e si precisa la figura dell'uomo generoso e intelligente, dotato di una personalità eccezionale; dell'astuto stratega; del capo amato e ciecamente ubbidito dai soldati; del generale ammirato dai nemici. Ma anche del¬ pG«srbanvfisppapsgrd l'innamorato, e poi marito e padre premuroso. In questo periodo, infatti, Garibaldi incontra la sua « adorata Anita », come dirà spesso, parlando dell'inseparabile compagna, che conobbe in casa di amici dopo averla ammirata con un binocolo dalla tolda di una nave. Bella, vivace, coraggiosa fino alla temerità, lo segue sul campo di battaglia, impugna il fucile, comanda drappelli. E' capace di mettersi al timone di una barca, nel pieno d'un combattimento, sotto il fuoco nemico: a Laguna, la sua città natale, la ricorderanno come un'eroina, dedicandole una piazza. Ma non si trova a disagio tra le mura domestiche: fedele al suo uomo e un poco gelosa madre affettuosa e brava massaia, non si perde d'animo nei momenti difficili, in cui la famiglia si dibatte tra gravi ristrettezze economiche e le calunnie degli avversari. A entrambi, però, non viene mai a mancare il sostegno dei legionari, fedelissimi al loro capo, che seguono in qualsiasi impresa, in azioni che talvolta sembrano, e so no, impossibili, disperate. Sessantatré* di loro il 15 aprile 1848 s'imbarcano con lui sul brigantino Bifronte, frettolosamente ribattezzato da Garibaldi Speranza, col quale raggiungono l'Italia. Se finora hanno combattuto per amore d'avventura o perché a un certo punto ritirarsi dalla lotta non sarebbe più stato possìbile, da oggi lo faranno solo per amor di patria. a. s.