"Di là nessuno è tornato"

"Di là nessuno è tornato" RISPONDE GIULIETTA MASINA "Di là nessuno è tornato" Uno studente universitario di Padova, Marco D., ateo convinto, dice lui, dalla testa ai piedi, mi scrive commentando l'inchiesta svolta tra i lettori di alcune riviste americane del Nord sudl'esistenza della vita nell'aldilà. I dati raccolti, e da Marco riferiti, rivelano che il 43 per cento « è emeora così stupido da credere nell'esistenza ultraterrena », che il 38 per cento ti ha il buon senso di non crederci », mentre il restante 19 per cento «ritiene che U problema non sia interessamte ». Pertanto Marco nutre speranza (ma io no) che « questo porco mondo migliori ». Perché dovrei sperare una speranza tanto poco resa attendibile dalle sue stesse premesse? L'uomo non è certo peggiorato da quando fu convinto, dall'insegnamento cristiano, della sua sopravvivenza spirituale. Oggi, riepilogando duemila anni di storia, è facile osservare quanto di male caratterizzò quel tempo dimenticando il bene che fu tantissimo. E tra i « beni » reali industriosamente costruiti dal cristianesimo io pongo proprio quanto Marco D. deplora: la fede misteriosa, interiore, fortissima, nella sopravvivenza individuale dopo morte. Premetto che per quanto mi riguarda, senza forse avere idee chiare, o certezze di paradiso e d'inferno, io faccio parte di quel 43 per cento che non dubita del suo futuro immortale. Potrò non i , , accettare per buona la planimetria dell'aldilà secondo i disegni di certa teologia; però, qualcosa di me si protende oltre, cerca differenti misure, non si appaga della realtà terrena, ne intuisce e ne prevede altre. Uno stato d'animo, se vogliamo chiamarlo così, tuttavia abbastanza diffuso. Marco D., nella sua lettera, sostiene che tale posizione « erroneamente ritenuta spirituale » è irrazionale, è basata sulla cattiva educazione impartita dalla Chiesa e da genitori poco intelligenti. Lui contesta tutto, mi sia concesso di contestare la sua diagnosi: chi crede, e chi non crede, sono in parità allorché pretendono di fornire prove concrete a sostegno delle rispettive tesi: nessuno è tornato da dopo morte documentando quanto esiste, o non esiste, lassù o laggiù. Nella migliore delle ipotesi, dunque, l'irrazionalità è comune ai credenti e agli atei. Nel campo, però, delle prove astratte, io penso che il credente abbia riferimenti più intensi, più intimi, non so spiegare con maggiore chiarezza, di quelli del non credente. Il « non » credente giudica sulla scorta del visibilepochissimo, se si calcola che solamente ora l'immensamente piccolo e l'immensamente grande raggiungono i sensi dell'uomo e si mostrano a lui, addivengono nella sua coscienza; mentre il credente forse anticipa infiniti sbagliati, piega a sua simiglianza imprevedibili forze che non gli assomigliano, oppure si, perché negarlo a « priori »? ma è comunque ricco della sua stessa aspirazione all'eterno. Differenza che, se non altro, concede ai credenti immaginazione, fantasia, intelligenza creatrice, istinto dell'immenso, poesia. Dicono, da qualche tempo, che Dio è morto, il che significa che qualcuno, a tempo debito, lo inventò. Un uomo meraviglioso, sicuramente, quell'inventore che contemporaneamente a Dio inventava quanto da lui ne discende: spirito, morale, giustizia, fraternità, amore. Un' inventore che preferisco a quanti oggi si limitano . ad argomentare che quell'invenzione è inesistente, è un trucco, una beffa. Giulietta Masina

Persone citate: Giulietta Masina

Luoghi citati: Padova