Fantasmi romantici

Fantasmi romantici I PREZIOSI SAGGI DI MACCHIA Fantasmi romantici All'inverso di quello che un accorto pressagent di solito consiglia nel caso di un film a suspense, inviterei il lettore, davanti a questo Fantasmi dell'Opera di Giovanni Macchia (Mondadori Editore), a ripercorrere a ritroso le tappe che tanto finissimo c prezioso saggista c scrittore ha disegnato per racchiudere in simboli ed emblemi il mito dei romanticismo. Questo invito sembrerà meno un paradosso appena si comprenderà che i passi obbligati di questo racconto (che di racconto vero c proprio si può parlare, pure se il campo è quello del saggio letterario) sono compiuti su un ideale palcoscenico, alla luce di ben dissimulati riflettori, e non sui binari obbliganti c tediosi del discorso accademico. Lo spettacolo può essere gustato benissimo dal principio, ma a lasciarlo miracolosamente riavvolgere dentro di sé dalla fine, l'idea che l'ha guidato splenderà di maggior significato, più limpidamente se ne scorgerà il genio sottile. Ecco: i lumi in ribalta, invece di affievolirsi al cader del sipario, per uria impennata accortamente predisposta, risplendono più vigorosi, e vediamo entrare, muovendosi all'indietro, con andamento fascinosamente umano, le grandi e fino allora immote figure di Baudelaire, Chateaubriand Balzac. Vanno verso le tele di un imprevedibile antenato: nientemeno che Watteau, misterioso e mai ben conosciuto pittore di Gilles, deWEmbarquement pour Cythère e delì'Enseigne de Gersaint. Commistione spericolata o congestionata di letteratura e pittura? Giovanni Macchia è troppo artista e saggista di troppi scrupoli, per cedere a suggestioni occasionali, o a maldestri dilettantismi. I suoi due recenti volumi sulla Letteratura francese dai primordi a tutta l'età del classicismo (San soni Editore) stanno a dimo strado in abbondanza. * * Dunque, al punto di veder coincidere le immagini di tre grandi, come appunto Balzac Chateaubriand e Baudelaire, e i significati complessi della loro opera, e non solo della loro, ma il senso e la direzione d tutto quel rivolgimento che fu il romanticismo, dentro i pannelli, ora diafani ora rabbrivi diti da una inquietudine per sino ineffabile, di Watteau, ci troveremo a misurare la forza di una intuizione critica e la sua resa plastica. Da dove vengono i grand romantici? Da « un territorio sconvolto e accidentato ». La luce violenta e rivoluzionaria «sotto i lampi della virtù nell'esaltazione della forza » riesce a stento a mostrarci in teramente l'ampiezza dell'orizzonte. Le fantasie musicali più sbrigliate accompagnano quel le visioni: l'intemperanza Beethoven, il miele denso d Berlioz, e di lontano già ri suonano i singhiozzi arcanamente divinatori del Tristano « Flusso continuo di umori sentimenti ossessivi colpiscono un mondo sempre in fermento dove sono in giuoco la natura, umana e demoniaca, il paesaggio piti solare e calcinoso e quello notturno, la realtà e il sogno, la vita e la morte. E i fantasmi che vagano tra quei due estremi, tra il Nord e il Sud, tra l'infinito e il finito, prendono forme e nomi diversi, assistono alla nascita di altre opere. Possono chiamarsi le grazie e le streghe, le quali, più che situarsi in lotta tra loro, coesistono per esprimere moderni ideali di bellezza ». Dal punto più spericolatamente lontano di tanta rivoluzione, anzi, laggiù dove essa sembrava essersi placata negli schemi di quel che è detto l'ordine borghese, ecco avanzare un dandy, il capo rasato come un ghigliottinato, « con pose fredde e puntigliose », « silenziosi gesti come un prete*: è Baudelaire. Disperato e solo, perseguitato dall'affetto crudele della madre, è « il figlio eterno », che sogna di medicare, sbarcando su un'isola di benedizione e di pace, le ferite che la famiglia e la vita gli hanno inferto. Ma la realtà non perdona a quel sognatore: appena poserà il piede sulla terra desiderata, scoprirà che è « terra di impiccati »: « Quelle est celle ile triste et noire? I C'est Cythère». hateunil gegotaevchdpdnmddbddurivpcl'ppWaGddXrrflcpsrdanlptictlscspdicl1 Appresso a lui, c i suoi passi hanno qualcosa di raffreddante, quasi di statua scossa da un torpore irrimediabile, viene il visconte di Chateaubriand: Come un vecchio che, spìngendo lo sguardo sul suo lungo passato, in una rappresentazione ridotta ai casi e agli eventi, non gli resti negli occhi che un luccichio intenso d'insegne, di armi, di divise, per poi ricadere nella solitudine ». * * Cosa ha celebrato costui nelle sue pagine insieme immote e fluenti, come al chiaro della luna appare la corrente di un vasto fiume? Ha xelebrato un ideale aristocratico dell'arte, in cui segni e detriti della storia vengono portati in una zona « dove muore la storiati. Sembra che egli abbia voluto liquidare il proprio tempo nell'alta cerimonia consacrante del proprio stile, nell'ascolto rapito dei rintocchi profondi e regolari della sua prosa. Eppure, nell'insegna che Watteau dipinse per il suo amico mercante di quadri, Gersaint, « l'ultima sua gran de opera », avviene qualcosa i simile. « La liquidazione dell'epoca e dello spirito "Louis XIV" è ormai definitiva. Un ritratto del sovrano, dalla parrucca nera e dal solito cipiglio funesto, viene incassato simbolicamente per essere spedito chissà dove... e sola vivente protagonista di questo quadro senza protagonisti, è la pittura, di cui Watteau, alla fine della vita, quasi come in un addio celebra la consacrazione ». Cosa resterà per Balzac, colui che a detta di Oscar Wilde partorì dalla propria fantasia tutto l'Ottocento? Su quale immagine andrà a incollarsi, come a specchio, il fatale tea tro dell'esistenza che egli voi le mettere in scena? invitò il suo pubblico « a partecipare come protagonista al grande spettacolo di reinvenzione del presente », tutti vittime ignare di un giuoco di cui si ignora il senso, come tanti attori.., Al punto in cui formuliamo questa ipotesi, anche Balzac ha varcato a ritroso « il delicalo arco d'ingresso » che Watteau idealmente dipinse. Gilles « l'immagine immortale del l'attore, quotidianamente offerta alle risa dei suoi simili, inconsapevole vittima», l'ha chiamato a sé, è un richiamo complesso, che porge il destro a differenti richiami: quel Giles, « bianco come l'innocenza o l'imbecillità », mormora dal suo silenzio ben altro che canzoni d'amore nei parchi, Giovanni Macchia scrive che nel romanzo di Balzac, « nell'ossessione per certi temi: il denaro o le forze spietate che muovono il mondo, sembra d'avvertire il suono cupo, maledetto e continuo che nei tragici del Seicento si prestava alla parola "amore". Ma, lon tano dal far cadere un roman o in un pamphlet con personaggi e immagini, egli non può non notare la bellezza esaltante e funebre di un simile spettacolo ». Con questo si viene a dire che Balzac, scrittore tanto carico di avvenire, come Baudelaire o come Chateaubriand, si spieghi solo con gli occhi volti all'indietro? . Assolutamente no. Nel mostrare come tanto Balzac, che Chateaubriand o Baudelaire, possono venire attratti in Watteau, Giovanni Macchia ha mostrato pure l'eventualità del cammino inverso. E cioè, che Watteau possa, dalla sua limpida melanconia, essere attirato in un futuro che sembra non gli appartenga. La questione,'l'interrogativo del saggista va a porsi proprio davanti alle pieghe segrete di quella melanconia, situata all'incrocio del futuro e del passato, crogiolo di entusiasmanti avventure dello spirito, o coagulo e riflusso di quel che 10 spirito lasciò estinguere. Dobbiamo aggiungere che 11 significato ultimo di questo racconto dei miti romantici sta in una idea ben precisa della storia della cultura, che Macchia, sulla linea di altri francesisti quali Ferdinando Neri o Pietro Paolo Trompeo, col tiva. La cultura come un tutto presente, fruibile secondo un criterio di istantaneità: che è poi il criterio dell'arte e non quello delle scienze propriamente storiche. In questo sen so, essa aderisce a un bisogno di vita, oltre che a un bisogno di conoscenza. Non è un caso che lo scrittore abbia messo ad epigrafe del suo volume questo detto di Proust, che suona come uno spasmo, e dall'accento appena credibile oggi: «La vera vita, la vita in fine scoperta e schiarita, la sola vita per conseguenza realmente vissuta, è la letteratura quella vita che, in un certo senso, abita in ogni istante presso tutti gli uomini così co me presso l'artista ». Enzo Siciliano