Tra i pionieri del Baltico di Giorgio Fattori

Tra i pionieri del Baltico IN POLONIA SEI MESI DOPO LA RIVOLTA Tra i pionieri del Baltico I polacchi parvero accontentarsi delle prudenti novità che seguirono la caduta di Gomulka; furono gli operai di Stettino a sconfìggere con lo sciopero i « duri » del partito - Si sfiorò il massacro: «Se la milizia avesse attaccato i cantieri, la città le sarebbe saltata addosso» - L'«evoluzione controllata» di Gierek deve tener conto di questo centro pilota - II capo dei sindacati ha imparato in Belgio la tecnica dell'agitazione (Dal nostro invialo speciale) Stettino, giugno. « Davanti ai cancelli sbarrati e tutto intorno ai cantieri occupati dagli operai c'erano reparti della milizia affluiti di notte dagli altri centri della regione: qualche migliaio di uomini armati che aspettavano un ordine. Sulle nostre teste volavano ogni tanto gli elicotteri dell'esercito e arrivavano voci che mezzi anfibi volevano prenderci aile spalle, risalendo l'Oder dal mare. Era come un assedio di guerra, stavamo giocandoci tutto. Nella rivolta di dicembre era stato più semplice. Allora l'intera città si era ribellata a Gomulka, ma adesso contro chi scioperavamo? Molta gente aveva interesse a farci passare da controrivoluzionari agli occhi del governo ». Nessun ritratto In una saletta dei cantieri navali Warski di Stettino — fiorì lilla sui tavoli e nessun ritratto di Gierek alle pareti, secondo le nuove regole contro il culto della personalità — ascoltiamo il racconto di Edmund Baluka, presidente del comitato di sciopero nelle due decisive giornate di gennaio che riaprirono all'improvviso la crisi polacca. Ha trentanove anni, è diplomato motorista nella marina mercantile. Da giovane capitò ad Anversa quando il porto venne bloccato da una grande agitazione operaia. « Penso che sia per questo — dice — che mi hanno eletto responsabile dello sciopero. Da noi non c'è esperienza di lotta sindacale e io in Belgio qualcosa avevo visto ». Malgrado il suo ruolo di leader (ora è segretario dei sindacati), non è iscritto al partito comunista. Lo farà, afferma tranquillo, quando avrà la garanzia « che gli articoli dello statuto non resteranno sulla carta ». Ci torna in mente l'incontro con i rappresentanti dei cantieri Lenin a Danzica dopo la grande rivolta di dicembre. Operai e sindacalisti parlavano con cautela di quanto era successo, palesemente preoccupati di esporsi troppo davanti ai nuovi capì di Varsavia. L'ex motorista, che guidò seimila scioperanti in una battaglia altrettanto cruciale, risponde invece con tina franchezza che è un segno della situazione particolare di Stettino, la città di confine oggi alla punta dell'azione di rinnovamento che con alterna fortuna prosegue in tutta la Polonia. Fu lo sciopero di gennaio a Stettino che provocò la sconfitta dei « duri » di partito, favorevoli dì fatto ad un gomulkismo senza Go¬ mulka. Danzica, in dicembre, aveva dato la prova del coraggio e Stettino a gennaio mostrò la forza compatta delle « élites » operaie. Nelle sparatorie di dicembre che coinvolsero tutte le città baltiche, a Stettino vi furono sedici morti e venne parzialmente distrutto il pa¬ lazzo del partito, che mostra ancora qualche toppa nella veloce ricostruzione. Nello sciopero del 23 e 24 gennaio non vi furono invece incidenti per l'intervento decisivo di Gierek. Ma si andò vicinissimi al massacro. « Se la milizia avesse attaccato i cantieri — dice un operaio 1 o l e e l e : n a, o fioil rrae, o o la ac ffild, naer di e, re ca el er ol— tutta la popolazione della città le sarebbe saltata addosso, e con la rabbia di vendicarsi delle infamie di dicembre ». Nessuna città della Polonia vanta lo spirilo di solidarietà di Stettino, unita dal I sentimento da pionieri dei suoi 350 mila abitanti. Metà sono nati qui, dopo la guerra: ma figli di emigrati dai territori perduti dell'Est, di profughi da Varsavia distrutta, di ex internati nei campi di lavoro hitleriani. Qui non c'era come a Danzica una minoranza polacca. Quando il 26 aprile del 1945 i carri armati sovietici entrarono nella città, li aspettavano fra le macerie soltanto quattromila tedeschi bambini e vecchi, abbandonati nella ritirata. Con i soldati russi arrivarono i primi camion dì profughi polacchi, poi tornarono migliaia di tedeschi sbandati, nella speranza che la città sarebbe rimasta alla Germania. Un nero passato. Senza ponti, treni, telefono. Stettino fu per un anno isolata dal mondo, sospesa tra le rovine del suo passato nazista e un incerto avvenire. Dopo il trattato di Potsdam i tedeschi se ne andarono definitivamente all'Ovest. Ex città protestante. Stettino è oggi cattolica e i suoi abitanti parlano il polacco più puro della nazione: non c'è dialetto perché non esiste un passato in comune. Contadini dell'Est e pìccoli artigiani di Cracovia e di Lodz si sono lentamente fusi in una città nuova, abbastanza prospera (quindici per cento in più del reddito medio polacco) che gravita attorno ai cantieri navali sull'Oder. Gente dura, unita dalle sciagure della guerra e poco incline ad arrendersi, come dimostrò a gennaio quando il resto della Polonw sembrava accontentarsi con disciplina delle prudenti novità del dopoGomulka. « Decidemmo lo sciopero — dice Edmund Baluka — perché con le ribellioni di dicembre non era cambiato nulla. Qualche dirigente era saltato, ma molti responsabili difendevano il posto dando false informazioni al governo sulla situazione degli operai. Cosi ci barricammo nei cantieri e avvertimmo il partito: apriremo i cancelli solo quando Gierek verrà a parlare con noi ». Gierek arrivò all'improvviso il pomeriggio del 24 gennaio accompagnato dal primo ministro, mentre i reparti della polizia e dell'esercito attendevano da un momento all'altro un segnale da Varsavia. Era pallido e teso, dal suo incontro con gli operai di Stettino dipendeva il futuro politico del paese. « Rimase nove ore a discutere — racconta l'ex presidente del comitato di sciopero —. Bevve acqua del rubinetto, mangiò con noi pane raffermo. Non avevamo altro da offrirgli, eravamo assediati e non volevamo prendere niente dai magazzini del cantiere. Fu un dibattito pubblico: avevamo altoparlanti nei cortili e tutti i seimila operai in sciopero poterono ascoltare le franche promesse del nuovo segretario del partito ». I primi successi Promesse mantenute? «Abbiamo soprattutto ottenuto una maggiore democrazia intema, oltre al ribasso dei prezzi. Ora i premi di produzione li dividiamo con plebisciti di fabbrica, così che i dirigenti prendono meno di una volta a vantaggio dei salari bassi. I premi rappresentano in media il trenta per cento della paga e senza queste integrazioni è difficile tirare avanti. Il criterio è di distribuire le gratif.-'he senza interferenze politiche e sulla base del rendimento. Naturalmente sono problemi complessi, ma decidiamo tutti insieme in un'atmosfera completamente diversa dai tempi di Gomulka ». Quali sono l rapporti gerarchici fra sindacato e partito dopo gli scioperi? « Ai cantieri Warski collaboriamo sullo stesso piano, nelle altre città polac¬ chziridnmiltemuvshpclcsstmmpcWcdzrGtnpriaps che può darsi che la situazione sia diversa ». Dopo gennaio si sono verificate nuove interruzioni di lavoro? « Ce ne sono ancora. Giorni fa gli operai del reparto metallurgico hanno fermato il lavoro per due ore, protestando contro il trasferimento di alcuni di loro in un reparto dei cantieri dove i premi di produzione sono più bassi. I dirigenti hanno dovuto annullare il provvedimento ». Queste interruzioni significano una tecnica nuova di lotta sindacale nelle fabbriche polacche? « Cerchiamo soluzioni giuste per il nostro lavoro, senza trascurare gli obbiettivi della produzione e nemmeno dimenticare i durissimi e inutili sacrifici del tempo di Gomulka ». A Varsavia qualcuno dice che gli operai dei cantieri Warski sono privilegiati, perché hanno paghe più alte della media e possono avanzare nuove richieste incoragghiti dalla protezione di Gierek. « Non ci hanno dato niente per niente, questa è la nostra risposta. E poi quali privilegi? Nei nostri cantieri lavorano undicimila operai, di cui tremila donne, e abbiamo un solo asilo nido per novanta bambini. Manca un circolo ricreativo, i servizi sociali sono scarsi. Ci battiamo adesso per queste cose e soprattutto per gli alloggi popolari, il problema più grave. Anche a Stettino c'è parecchio da cambiare, ma l'importante è che sindacati e consigli operai discutano a viso aperto con i dirigenti dello Stato ». Fabbriche inquiete Questi sono i primi bilanci deil'élite operaia dei cantieri Warski, centro pilota di rivendicazioni che non si sono esaurite con la rivolta. Il ruolo futuro dei sindacati in Polonia forse si deciderà qui. fra i pionieri delle città baltiche. Gierek punta a un'evoluzione controllata, senza strappi pericolosi ma che non sottovaluti le esperienze di gennaio. I tradizionalisti, ancora forti in alcune province, reagiscono invece con automatica ostilità alle inquietudini delle fabbriche. Tornare all'immobile centralismo di un tempo sembra comunque assai difficile, per ì nuovi meccanismi in movimento. « Come tanti altri a Stettino — dice l'ex motorista Baluka — sono ottimista. Sapevamo da un pezzo che doveva andare cosi e speriamo di non fermarci ». Giorgio Fattori * o i —lavdndsstgddscQzc1 Varsavia. Traffico in una via del centro (Foto Team - Garrubba)