Le nuove terapie del fegato

Le nuove terapie del fegato Congresso nazionale di farmacologia a Pisa Le nuove terapie del fegato Difficoltà di una diagnosi differenziata, condizione per qualsiasi tentativo valido di cura - Ricerche in eorso sull'efficacia di farmaci epatici nell'animale di laboratorio e nell'uomo, controlli e riscontri - Isolati ormoni che regolano la funzionalità biliare - L'eliminazione delle scorie che alterano il metabolismo epatico - Scoperta una nuova forma di vitamina B 12 Ultimamente si è molto I fparlato di sperimentazione aclinica, dei problemi inerenti i palla valutazione dei farmaci Itnell'uomo e in genere dei pio- ! pblemi che occorrono quando | un nuovo farmaco passa dalla sua iniziale fase di sperimentazione nell'animale a quella finale di sperimenta zione nell'uomo. Sono nate amiche molte polemiche a questo proposito e in genere, soprattutto i meno provveduti, rimanevano colpiti dal gran numero di domande in questo campo ancora insolute e dall'impressione di un conseguente disorientamento. In particolare si è fatto l'accento sulla scarsa sensibilità del mondo scientifico ai problemi inerenti alla sperimentazione clinica e alla impreparazione nell'affrontarli. Ricerche italiane Tutto ciò in parte è vero, ma per ciò che riguarda gli studiosi italiani bisogna dire che essi compartecipano di una situazione che non riguarda solamente il mondo scientifico italiano ma in' generale quello europeo e anche americano. A confronto di ciò che si fa negli altri Paesi, va rilevato che l'Italia in questo campo è fra le nazioni più avanzate. Cinque anni or sono a Milano fu fondata da un gruppo di ricercatori italiani la Società Italiana di Farmacologia Clinica il cui scopo era quello di affrontare i diversi problemi riguardanti la sperimentalità dei farmaci nell'uomo, i rapporti fra sperimentazione nell'animale e sperimentazione in clinica, le metodiche e le tecniche più appropriate a questo scopo e soprattutto di introdurre anche nella pratica clinica quegli schemi rigorosamente scientifici per la valutazione dei nuovi farmaci di cui già godevano altre branche specialistiche di indagine e la stessa farmacologia sperimentale. Lo scopo era quello di creare una nuova figura di sperimentatore, il farmacologo clinico capace di assumere in sé sia l'esperienza tecnica e metodologica del farmacologo, sia quella del clinico. Si trattava soprattutto di introdurre una nuova mentalità nel ricercatore, di spostarlo dalla sua abitudine di considerare la sensibilità soggettiva quale giudice pressoché esclusivo degli effetti benefici di una nuova terapia e si trattava in particolare, attraverso una maggior conoscenza di metodi strumentali di indagine, statistici e previsionali di impedire non solo errori di valutazione, ma anche errori' di impostazione dello stesso lavoro sperimentale del clinico. Il cammino della Società Italiana di Parmacologàa Clinica, costituita in quell'occasione, non è stato facile dovendosi combattere pregiudizi e posizioni acquisite, ma alla fine anche la farmaoologia clinica in Italia ha assunto una sua fisionomia, tanto è vero che ora appare anche come materia di insegnamento universitario. Soltanto dopo l'esempio italiano anche studiosi di altre nazioni si sono mossi con medesimi intenti. Fra questi la Francia, in cui, già da circa tre anni, esiste una società francese di farmacologia clinica, poi la Germania e la Svezia e l'Inghilterra quest'anno, e da ultimo il Belgio. Negli Stati Uniti d'America questo tipo di studi è stato iniziato prima che nel nostro Paese, ma anche là solo ora si vanno creando dei centri di farmacologia clinica e ancora non esiste una organizzazione a gruppo unitario di farmacologici clinici. Se è quindi giustificato l'interesse e in alcuni casi l'allarme che si è andato creando in questi ultimi tempi nell'opinione pubblica nei riguardi della sperimentazione clinica, non è giustificato credere che non si stia lavorando con serietà su questi problemi, ma anzi è da ribadire che proprio in Italia questi per primi sono stati affrontati in maniera organica é scientifica. Gli epatoprolettori Una dimensione di ciò viene data anche dal prossimo Congresso della Società Ita-liana di Farmacologia Clinica che si terrà a Pisa il 5-6 giugno. Il tema che verrà dibattuto in questa riunione è infatti uno dei più attuali e scottanti della terapia. Si discuterà infatti del trattamento farmacologico delle epatopatie. Come è noto è estremamente difficile poter valutare l'efficacia di un farmaco con proprietà l'osi dette epato protettrici. Alle volte è suf- fidente il riposo a letto, una appropriata dieta perché di per .sé migliori una sintonia-tologia anche seriamente eom- promessa. Ci sono dei far- maci che vengono usati in nu merosissime forme di malat tie di fessalo di diversa ori gine, la cui efficacia non sem pre è dato di cogliere. Per questo tra numerosi studiosi si è andata instaurando la convinzione dell'inutilità di ricorrere a una terapia farmacologica nelle epatopatie. Soprattutto il mondo anglosassone ha pressoché totalmente escluso dal proprio armamentario terapeutico i cosi detti farmaci epatoprotet tori. Esiste, d'altra parte, un gran numero di studiosi, i quali sono dell'avviso che è pericoloso generalizzare sulla inefficacia del trattamento farmacologico nelle epatopatie e come invece esista per ogni forma di epatopatia la possibilità di un suo trattamento specifico e come sia appunto in questa esatta scelta la ragione del successo o dell'insuccesso di una terapia. La messa a punto di questo problema si presenta interessante non solo perché riguarda la verifica di diversi schemi terapeutici ma anche collateralmente, perché va temi to presente come anche economicamente questo settore di farmaci rappresenta un importante costo nel quadro dell'economia sanitaria. Esperimenti sull'uomo Le ricerche più recenti in questo campo tendono a dimostrare come a ogni forma di malattia epatica possa corrispondere un adeguato trattamento farmacologico e come alle volte l'inefficacia di alcuni farmaci non sia tanto dovuta alla loro scarsa atti- I vita quanto invece a una er- rata loro applicazione. A ogni ! specifica epatopatia deve corrispondere quindi un altretj tanto specifico tipo di tera' pia con farmaci adatti. Certamente questo non sempre ! è facile. I meccanismi patoI genetici di certe alterazioni ! epatiche sono infatti ancora ; da chiarire così come non me j ben chiaro il meccanismo con è i e e e i d e i l cui sperimentalmente con certe metodiche si riesce a provocare una lesione del tessuto epatico. Il divario tra sperimentazione nell'animale e nell'uomo in questo campo è infatti ancora più grande che in altri campi della patologia. So- \ lo ora si stanno isolando alcuni ormoni che regolano la funzionalità biliare, e altri più attivi di questi ne sono Stati sintetizzati. Il campo delle ricerche in questo set- j tore è reso ancora ^più complicato da quando ^si è sco- ì perto che alcune sostanze agiscono solo indirettamente in quanto capaci di indurre un'attività di certi enzimi la cui deficienza o mancanza di attività è alla base di mol- i te disfunzioni. Questi farmaci non appartengono a una sola categoria chimica, ma a categorie diverse e possono essere diversissimi tra loro. Questo capitolo dell'induzione enzimatica in rapporto alla terapia delle epatopatie rappresenta ima delle sessioni su cui verterà il Congresso di farmacologia clinica di Pisa. Di non minor importanza vi è un altro capitolo che sarà pure discusso: quello riguardante l'impiego degli imI munosoppressivi e dei farmaci ar.tireazicnaii nella terapia di certe ferme di epatopatie. E' stato trovato ad esempio che l'impiego degli immunosoppressivi può in molti casi risolvere il corso di epatopatie solitamente ad andamento fatale. Un altro tema che verrà ampiamente discusso è quello dei mezzi che possono essere utilmente impiegati peT eliminare le scorie tossiche che l'alterato metabolismo epatico riversa nel torrente circomotorio. Fra i diversi mezzi usati acquista un particolare significato quello dell'impiego delle resine a scambio ionico che con meccanismo fisico sono in grado di captare ed eliminare direttamente dal sangue oppure dall'intestino metaboliti tessici provenienti dal fegato alterato. Favorevoli effetti Naturalmente un grande risalto verrà pure dato alle metodiche da impiegare per la valutazione di questi favorevoli effetti farmacologici. Attraverso queste metodiche rigorosamente scientifiche verrà segnalato a esempio come sia possibile portare a una rivalutazione della vec- chia terapia con gli estratti epatici o con i fattori tra- smetilanti. A questo propo- sito va detto come la scoperta di una nuova forma di vitamina B 12 e del suo meccanismo di azione possa giustificare l'azione epatoproteltrice in molti casi riconosciuta alla vitamina B12. La discussione quindi su questi diversi argomenti si presenta assai ampia e di grande interesse anche pra tico. Ma è proprio con queste aperte discussioni tra studiosi di diversa tendenza che si possono chiarire molti punti ancora oscuri della terapia e gettare le basi di un razionale impiego dei farmaci attualmente in nostro possesso o che in futuro la ricerca potrà mettere a nostra disposizione. Aldo Bertelli Direttore Istituto di Parma- , cologla - Università di Pisa 1

Persone citate: Aldo Bertelli