Com'era l'isola felice di Ugo Buzzolan

Com'era l'isola felice Com'era l'isola felice E' molto difficile rendere una precisa idea, a parole, dell'aggressiva bellezza e del fascino selvaggio dell'isola di Filicudi. L'isola appartiene, per così dire, alla zona occidentale dell'arcipelago delle Eolie: misura meno di dieci chilometri quadrati e guardandola da Vulcano o da Lipari la si vede come un ripido cono che emerge bruscamente dal mare. Se ci si avvicina, si è subito colpiti da una particolarità: per gran parte l'isola ha i fianchi scavati da terrazze coltivabili, opera lunga, paziente, dolorosa dell'uomo che durante i secoli ha lottato con tutte le sue forze contro una natura ostile e che ha ricavato tra roccia e roccia la terra necessaria per far crescere poche piante indispensabili a non morire di fame. Camminare in piano a Filicudi è quasi impossibile. Dal-lo sbarco abituale, Pecorini Porto, si fanno un centinaio di metri verso Sud e si sale sul piccolo promontorio di Capo Graziano (quota 174) dove sono stati rinvenuti i resti di un villaggio dell'età del bronzo. Se si va verso Nord, subito ci si deve ar-rampicare sulla montagna, per sentieri erti che a volte si trasformano in scalinate, Tra ì dirupi neri e rossa- stri, tra i fichi d'India e i capperi biancheggiano le case, povere e pulite. In alto domina la Fossa delle Felci (quota 773), il culmine, l'antico cratere spento da millenni (le felci ricoprono lar-ghi tratti dell'isola, chiamata dagli antichi, proprio per questo, Phoenicusa). Ovunque, salendo, c'è un silenzio irreale. Si sente solo il rumore del vento e il tuono lon-tano del mare. Attorno lo spettacolo è tale da togliere il fiato: ad Est il cono nero i di Alicudi, ad Ovest la verde Salina con le sue montagne gemelle, più in là Lipari, azzurra e rosa, e, avvolta nella foschia, Vulcano d'un sanguigno colore infernale. Ma i veri tesori di Filicudi bisogna cercarli in barca, sul marelungo la costa. Si tenga presente questo:che due delle meraviglie — e non è un modo di dire: sono autentiche meraviglie — dell'arcipelago si trovano a Filicucii. Una è la grotta del Bue Marino che si apre tra rocce di forme incredibili e di colori fantastici: c'è una porta a sesto acuto che immette in un grande atrio, quindi c'è lina seconda porta alta nove metri e alla fine si en ra nel- ta perfetta e pareti di lava rossastra. motoscafo, persino cone' e al fondo Si penetra con il col barc'è unaspiaggetta; l'acqua è limpida, si fa il bagno tra il buio della caverna e la luce intensa che viene da fuori; il leggero scrosciare delle onde si rifrange in mille echi miste- riosi, quasi voci sussurranti, Un chilometro e mezzo al Iargo si ùrizza La canna, sta/,cente scoglio; un obeli. sc0 isol,lto che dal pelo del- l'acqua va su per un'ottantina di metri. E' giusto quelche dicono a Filicudi, fissan- dolo da sotto si prova una specie di vertigine alla rovescia. Intorno una mitraglia di altri bellissimi scogli minori, un incalzare e un prorompere di rocce contorte e tormentate che assumono gli aspetti più bizzarri. Eccezionali i fondali: s'incontrano « sub » italiani e stranieri che li magnificano, e li preferiscono da anni. Il pesce è abbondante, è facile imbattersi in cernie di grosse proporzioni. E non sono da escludere ritrovamenti archeologici, oltre a quelli già avvenuti. Gli isolani sono di una dignità e di una fierezza straordinarie. Molti sono stati co¬ stretu ad emigrare in Austra. m rf t- nQn lamen. V» Potabile, la mancanza di luce elettrica, la mancanza di aiuti. Speravano, dopo secoli di stenti, in un promettente turismo, speranza che ora sembra assurdamente dover morire. Uno degli abitanti, Stefano Ferlazzo, ha telefonato ieri e con la voce rotta di pianto diceva: « Siamo disperati... siamo venuti via con le donne e con i bambini... per noi Filicudi è tutto... ma a Filicudi noh torneremo se non quando sarà ridiventata nostra... ». Ugo Buzzolan I. EOLIE o LIPARI Q Stromboli ^Panarea ^ ' q Ci ^Salina \] Alicudi Lipari j Si Vulcano ? M TIRRENO

Persone citate: Felci, Pecorini Porto, Stefano Ferlazzo

Luoghi citati: India, Lipari