L'ultima poesia di Bertolucci di Giuseppe Antonio Borgese

L'ultima poesia di Bertolucci L'ultima poesia di Bertolucci Attilio Bertolucci: « Viaggio | mod'inverno », Ed. Garzanti, \ Qu pag. 143, lire 2000. Diceva Giuseppe Antonio Borgese che non c'è nulla di più diffìcile, nella poesia ita liana, che catturare la vita quotidiana per quel che essa chezza D fe fe L, poesia che tira - subli. me in maniera fin troppo esplicita, tira all'emblemati co per lo meno, o, se proprio si accosta al quotidiano, vi si a2C0sta con 1,esca dell'iròdastaqucuè e lasciarla parlare in tutta la sua complessa e arcana ne¬ nia. Per . questo, di fronte ai versi che aprono viaggio dinverno' di Attilio Bertolucci, più di un lettore potrà re- stare sconcertato: l'intonazione è del tutto inconsueta. « Questo è un anno di papaveri, la nostra I terra ne traboccava poi che vi tornai I fra maggio e giugno, e m'inebriai I d'un vino così dolce cosi fosco... ». Lo sconcerto potrà anche accrescersi quando si verrà scoprendo che. lungo tutto il volume, i temi restano l'amore coniugale, l'amore paterno, l'amore per il paesaggio che ci vede vivere: essi descrivono l'arcoscenico del « teatro domestico ». Allo stesso modo, il registro linguistico, medio e feriale come quello di nessun altro, potrà sorprendere. Se pensiamo agli incontri che abbiamo avuto e abbiamo mlo inla ni scdapopari« offniincofounscgiculositrbidgichriresuvoimrgec, rconsuetamente con la poesia i m ermetica e postermetica.men-1 p! te di pm differente e meata- j m i logabile avviene con Berto- | a |lucci. 11 1uale si muove in un orizzonte personalissimo, dove la luce è ferma e incide gli oggetti che bagna con poe i tica esattezza vermeeriana. Sessantanni, una vita trascorsa tra Parma, dov'è na- I 1 to e dove continua a tornare j appena può quasi la città sia i Per lui dolce mania, e I Roma; una cultura singolare, i che nasce all'incrocio di una frequentazione assidua degli inglesi (di cui è finissimo dcda a e l a l oeeo i n oci o neti Ile arti figurative (è stato allievo di Roberto Longhi), Attilio Bertolucci non è poeta che si sia fatto molto legge- ctgre, ma che ha meditato sul-1 dl'alea dell'esprimersi assai di j pdpiù di quanto sembri. Torna oggi in libreria dopo quindici anni di assenza. La capuana indiana, la sua raccolta che precede questa, nella seconda edizione ampliata, porta la data del '55, ma vide la luce nel '51, anno in drptEI cui venne proposta al vasto \ 1 pubblico dei lettori dal Pre- i mio Viareggio. In tutto questo tempo. Ber- ! tolucci. dalla primitiva e in- j discutibilmente nativa purez- j za di cento, è venuto acqui- stando una densità affatto nuova e inquietante. Sempre fedele ai temi che ho detto, vi è come sprofondato all'interno, scoprendone confini slomanati, più impalpabili. E' a- n ! Kc',f delle ore ». a la sua una poesia che ci ar-1 riva da una ben definita re- gione di affetti, la quale però, | fuori di ogni calcolo, per un | imprevisto cambiamento del- j la fisiologia, si è fatta estra nea a se stessa. Un fortuna e- : le l'ha sconvolta, ma l'eco di esso è ormai velato dal « voi-1 culmo ma inevitabile La posizione dì chi scrive i- j e di sospensione. « Scrivo per i-1 esorcizzare un male in cui di i credo e non credo». E in e, n o questo dubitare non vi è nulla di più rabbrividente e necessario che l'insorgere di un interrogativo. « Scendendo il .liti., i yj ri " . 11 uLtjimutiu a a f[enUe percìw imi(.0 fm gU s-1 o, di ldi ni nn- altri I mi giravo con sforzo e manovra difficile a stringere I con le mani la scala dolorosa? ». ^ifevo che questa di Bertolucci è una regione su cui ha imperversato una tempesta. Il viaggio invernale è j IIciò che sta dietro i versi | stessi come una memoria ri- mossa; e di quanta infelicità Quel viaggio sia stato colmo, da quante angosce contra stato, ce lo suggeriscono i fre quenti raptus straziati con cui si liberano le poesie d'a- more: « Non mi lasciare solo se io I ti lascio sola I e ntorno a le la luce I è quela che fa piangere I dei giorni ordinari... ». Oppure: « Lasciami sanguinare sulla strada I sulla polvere sull'antipolvere sull'erba I il cuore palpitando nel suo ritmo feriale... ». Per Bertolucci, è « l'amore una ricchezza che offende, un privilegio indefinibile ». Questa nota di rimorso, investita di virgiliana pietas, colora il volume da cima a fondo, e gli dà il timbro di un religioso dolore. Il tra- scorrere del tempo, il balu- ginare di ore e stagioni in cui il poeta ha quasi perso lo sguardo, si sconta per l'an sia di qualcosa che sta ol tre esso, e cui si è irresistibilmente chiamati. L'unica risorsa che si schiude dietro la replicata vertigine, o dietro la continua richiesta di certezza, è la laboriosa accettazione dell'esistere, in tutta la gamma delle sue alternanze. Poeta per nulla esclamativo, che fuori dell'area delle immagini e dello stile ricerca giustificazioni e ragioni alla propria avventura espressiva, Bertolucci è l'unico, nel panorama contempo raneo italiano, che viva il manzoniano contrasto fra pessimistica delusione e tati morjta fiducia che abbia una aitrettanto acuta non percezione del buio in cui si muove il cuore umano, senza inorridire o inveire. Enzo Siciliano

Luoghi citati: Parma, Roma, Viareggio