Trentin "testa d'uovo" di Giampaolo Pansa

Trentin "testa d'uovo" I PROTAGONISTI DEL "POTERE SINDACALE,, Trentin "testa d'uovo" Il capo dei metalmeccanici della Cgil è nato in Francia durante l'esilio dei genitori e ha partecipato giovanissimo alla Resistenza - Lucido e tormentato, crede nel « pessimismo » dell'intelligenza e polemizza spesso, da posizioni « gauchistes », con i dirigenti del pc - Ha un solo rimpianto: di dedicare poco tempo agli studi (Dal nostro inviato speciale) Roma, maggio. Bruno Trentin avanza lesto nel corridoio, marciando a testa bassa, l'aria dell'atleta che la scrivania ha un po' ingobbito. Usciamo sulla grande terrazza della Fiom in cima ad un vecchio palazzo di via del Viminale. Il sole è al tramonto, c'è una polvere d'oro sui tetti di Roma, anche l'immensa fortezza del ministero dell'Interno appare un po' meno grigia. E' sabato sera. Gruppetti di sindacalisti parlottano in attesa di un incontro, due si indicano rìdendo la grande torre-radio ministeriale. Trentin passa rapido senza ascoltarli. Ha un abito da quattro soldi, cravatta orrenda, camicia spiegazzata. Si offre impacciato al fotografo, si è arreso soltanto perché sa che anche quello è un lavoro. E' alto, asciutto, i capelli cortissimi biondogrigi, gli occhi azzurri con una raggiera di minuscole rughe che si rivelano quando sul volto scoppia il sorriso. Un sorriso splendido, da bambino che per un attimo s'abbandona. Ricordo del padre Ma il suo viso ritorna subito serio e freddo. Ricordo le trattative al telefono. Trentin non voleva ricevermi: « No — diceva —, la vita privata non va messa in piazza ». Alla fine s'è convinto, ma anche adesso, nel suo ufficio di segretario generale della Fiom-Cgil, ripete le stesse cose. Poi accende la pipa e sfoglia in silenzio il regalo che gli ho portato: un opuscoletto clandestino, stampato nel '44, a Berna, dai Partilo d'Azione in omaggio di suo padre, Silvio. Parliamo di questo genitore entrato nei libri di storia. Trentin lo ricorda fisicamente diverso da sé, piccolo, tarchiato, un uomo austero. « con il marchio del professore universitario di allora ». ma dalla forte carica dì umanità. Veneto di San Dona di Piave, docente di diritto amministrativo a ca' Foscari, socialista di ori- gini radicali e già deputato con Bissolati. avrebbe potu- to accettare il fascismo co- me tanti, senza grosse in/a- ra diciottenne, sali in ban da con le formazioni di \ ce Giustizia e Libertà ». Lo I ascolto mentre narra con di stacco frammenti della sua ' t'ita partigiana (i rastrella- mie né grandi rimorsi. Ma, anche volendolo, non ci sarebbe riuscito: « La cosa che di mio padre più mi è rimasta dentro — dice Trentin — è il suo rigore morale senza limiti, per lui il confine fra impegno pubblico e vita privata non è mai esistito ». Cosi, nel 1925, sei anni prima che il regime imponga il giuramento agli accademici, il professor Silvio lascia cattedra ed agiatezza e va esule in Francia con la moglie e due figli. Il terzo. Bruno, nascerà nel dicembre del '26 a Pavie, un paesetlo della Guascogna: « L'aveva scelto mio padre per mettere su una piccola azienda agricola. Dopo due anni — racconta Trentin — era già fallito. Allora fece l'operaio tipografo ad Auch, e quindi il libraio a Tolosa ». Le difficoltà erano grosse, ma Trentin ricorda un'infanzia intensa e felice, gli amici del padre, Lussu innanzitutto, e poi Carlo Rosselli, Cianca, Amendola. Nenni, Saragat. Un tempo di battaglie e speranze, la nascita di « Giustizia e Libertà ». la guerra di Spagna, il Fronte Popolare, e poi l'occupazione. Vìchy. la Resistenza fatta anche dagli esuli: il professore col movimento « Libèrer et fédérer », il giovanissimo Bruno coi «Groupes Insurrectionnels Francois »: « Erano anarchici — spiega ridendo — e adesso lo scriva, cosi mi rovina... ». Afa entrambi guardavano all'Italia. Cercarono di arrivarci dall'Africa del Nord, passando per la Spagna, e durante la traversata dei Pirenei il professor Silvio ebbe il primo attacco di cuore. Dovettero attendere il 4 settembre del '43. arrivarono in Veneto e quattro giorni dopo, con l'armistizio, ritornarono alla macchia. Cominciava una guerra di cui Trentin padre non avrebbe visto la fine. Arrestato a Padova, ebbe altri attacchi, fu rimesso in libertà, però il suo cuore ormai era andato e lui morì il 12 marzo 1944, a 59 anni. Bruno Trentin, non anco- menti sul Grappa c sul Consiglio, poi la guerriglia in pianura e a Milano) e mi domando che cosa gli è rimasto del padre. C'è una descrizione di Garosci: « Silvio Trentin, a differenza di Salvemini, era uno spirito inquieto e tormentato ». Si attaglia anche a lui? Trentin rifiuta le risposte generiche e tace perplesso. Rigore e ambizione Chi lo conosce, invece, risponde di si. Inquietudine, rigore e anche ambizione: questo è Bruno Trentin. Tra il '45 e il '46 lavora a Milano con Riccardo Lombardi nel Giornale di mezzogiorno. Nel '47 (ormai si stava staccando dal P. d'A.) si laurea in legge a Padova, la tesi è sulla filosofia economica della Corte Suprema degli Stati Uniti, frutto anche di un viaggio in America, ospite dì Salvemini ad Harvard. Poi, alla fine del '49. sulla scia di Foa. l'ingresso nell'ufficio studi della Cgil e. un anno dopo, l'iscrizione al pei di cui, più tardi, sarà anche deputato. Intelligente e preparatissimo, il più preparato del sindacalismo italiano, Trentin è da anni uno dei « cervelli pensanti » della Cgil. Anni di studi, di ricerche, di esami autocritici, destinati a porre le basi della svolta sindacale del Sessanta, con uno sbocco quasi obbligato: il salto nella trincea più esposta, la guida dei 460.UUU metalmeccanici della Fiom. Una scelta compiuta in un momento di fuoco, il 1962, l'unno dello scoppio di rabbia di piazza Statuto a Torino, l'anno dei primi grandi scioperi in preparuzione del contratto del 1963. Una esperienza ti traumatica ». Trentin ne ricorda gli aspetti «esaltanti» f« l'essere messi alla prova, il poter toccare con mano i propri errori e la validità di certe scelte »l, ma anche le difficoltà: « Soprattutto quelle di trovare il rapporto giusto con gli operai, di esprimere in concetti semplici dei ragionamenti politici complessi, di scoprire un linguaggio che non sia aristocratico e che nello stesso tempo non banalizzi il risultato delle riflessioni, dello studio ». Trentin si confessa con passione e cautela. Allo stesso modo, credo, deve vivere la sua vita nel sindacato. E' una vita non facile, irta di ostacoli. Ci sono, innanzitutto, quelli esterni: dicono che il rapporto con il gruppo dirigente del pei sia reso ruvido dal suo te gauchismo» problematico, dalle sue punte di comunista di sinistra (è stato ingraiano per molti anni) e di sindacalista di sinistra, anzi, di « pansindacalista ». La sua ultima polemica, con Amendola, e di due settimane fa. ed è stata condotta in piena luce, sulle pagine di Rinascita. Il deserto intorno a e , o i a a n ù U . n , e i er ri e ie uiei mnoo lo Poi ci sono gli ostacoli che riguardano l'uomo. Un timido molto preso di sé. ambizioso, democratico più per obbligo e convinzione che per temperamento come accade ai primi della classe. La sua statura intellettuale e la sua personalità dominante hanno sempre fatto il deserto attorno a lui. con il risultato che Trentin è una « testa d'uovo » sterile, che non forma quadri. Mettiamoci, infine, una certa angoscia esistenziale e il suo lucido pessimismo, ed avremo la figura di un intellettuale tormentato e insoddisfatto per il quale l'avvenire è sempre più fosco di quel che appare agli altri, che non dice mai « è andata bene », bensì « è andata bene. ma... ». che. risolto un problema, ne scopre perennemente un altro. Che cosa pensa di questo ritratto? « Certo — risponde —, dietro il fumo c'è sempre il fuoco ». Ammette di essere estremamente ansioso. « ma tormentato nel senso di indeciso, no. Nel sindacato la zona del grigio è impossibile. Ogni cosa deve approdare al bianco o al nero. E c'è modo e modo per approdarci, dipende dall'età, dalla formazione, da tante cose. Io credo molto nel pessimismo dell'intelligenza, credo che non si ecceda mai nell'essere pessimisti nell'analisi: sviscerare le difficoltà a me dà sicurezza ». Parliamo degli altri due segretari dei metalmeccanici, assai più giovani di lui, Camiti di 10 anni, Benvenuto di 11. « Siamo diversi in tutto. Camiti va all'assalto. Trentin è un po' più prudente. Benvenuto ha l'anima dell'uno e dell'altro. Ma ci sono anche delle cose non contingenti che ci uniscono, parlo degli altri, non di me: un modo di concepire l'impegno nel sindacato che prescinde largamente da un problema di fortune personali, quella è gente che non è li per fare carriera, che non inforca un cavallo perché sa che è vincente. E questi, mi I creda, sono grossi valori... ». Espone con molto controllo, attento a non dire una parola in più. ha una voce calma, dalle curiose cadenze liguri. E' la « freddezza » di Trentin, riflesso del carattere e cortina protettiva. Protegge soprattutto la sua vita privata: « Non scriva niente, la prego ». Poi ne offre dei brandelli: sposato, due figli, casa in Trastevere, stipendio di 270 mila lire al mese, parla scioltissimo francese e inglese, legge « molto, molto di meno » di quel che vorrebbe. Quel che gli pesa di più sul piano intellettuale è il dilemma non risolto tra il fare ciò che fa e fare il ricercatore. Me l'hanno detto in molti: avrebbe potuto essere un economista di valore, ma da tempo non produce (lui corregge: « non pubblico ») più. Il suo ultimo libro, Le ideologie del neocapitalismo, è del 1962. Poi c'è una lunga relazione ad un convegno del « Gramsci » sulle tendenze del conflitto sociale in Europa, qualche articolo e bastu. « Ho tanti morticini nel cassetto — (immette sorridendo —, tentativi di sistemare le letture che sono abortiti ». Un anno decisivo « Il mio difetto più grosso — confessa — è la discontinuità nell'impegno di studio. In questo sono diverso da mio padre che a To'osa, dopo otto ore di libreria, si chiudeva nella retrobottega e scriveva trattati di diritto, fino a mezzanotte, tutte le sere, immancabilmente. La mia è una situazione paradossale: l'at¬ tiututeti« nsomsvsscridpmipfzclmvzp tività nel sindacato ti offre una quantità di stimoli culturali, ma poi ti toglie il tempo per svilupparli ». E di tempo, forse, Trentin ne avrà sempre meno. « Il 1971 — dice — è un anno di estrema importanza: sono convinto che i prossimi 3-4 anni si giocano adesso, questi mesi sono decisivi. Non credo che nessuno stravinca, ma o una certa spinta politica e sociale si consolida o, anche per errori e debolezze nostre, c'è il rischio di un riflusso moderato. Fermi non si sta: si può andare avanti lentamente o retrocedere molto in fretta ». Trentin uomo ha delle preoccupazioni personali? Riflette: « L'unica preoccupazione del Trentin uomo, ma credo anche di altri, è quella di non sbagliare... ». Stiamo in silenzio, mentre da via del Viminale sale il ronzio della Roma immemore e pasticciona in marcia verso un altro weekend. Giampaolo Pansa o i i e c e l a ae i, aa Roma. Bruno Trentin, leader della Fiom (Foto Team-Frassineti)