La grande collera dell'Etna

La grande collera dell'Etna Il vulcano della Sicilia è in attività dal 5 aprile e non accenna a fermarsi La grande collera dell'Etna Per ora non c'è alcun pericolo per la popolazione, ma i danni cominciano a farsi gravi - La colata lavica è frazionata in varie correnti e avanza con lentezza; al suo passaggio distrugge ogni cosa - Investiti poderi e cascinali - Timori nel comune di Sant'Alfio - Perché non sembra accettabile la proposta del professor Tazieff di bombardare con alto esplosivo le bocche eruttive - Necessità di mantenere una continua osservazione L'Etna è il più grande vulcano d'Europa, bello e imponente come il Fusij ama, una gigantesca massa di roccia che si eleva a 326S metri di fronte al Mar Jonio, alta sui dorati agrumeti di Catania e Taormina. Non è un vulcano particolarmente « cattivo », non ha mai provocato terrificanti esplosioni come quelle del Krakatoa nel Mar della Sonda fra Giava e Sumatra (1888), allorché le ceneri emesse dalla montagna impazzita fecero più volte il giro della Terra, e a Roma il sole si vide oscurato, né catastrofi come quella di La Pelée (1902) nell'isola Martinica delle Piccole Antille, quando un'intera popolazione di 30 mila pescatori fu distrutta tra fuoco e fiamme. E neppure, nella storia dell'Etna, c'è una tragedia come quella di Pompei ed Ercolano, trasformate in città morte dall'improvvisa incontenibile ira del Vesuvio nel 79 dopo Cristo. Ma è egualmente un vulcano pericoloso, molto pericoloso. Nei tempi storici, vale a dire per quanto indietro si faccia la memoria dell'uomo, l'Etna è sempre stato in attività; non senza ragione gli antichi vi posero la sede (Mongibello) delle officine di Efesto e dei Ciclopi. Negli ultimi secoli, poi, ha presentato un accesso di attività (parossismo, come dicono i vulcanologi) all'incirca ógni tre anni. E talvolta il parossismo ha causato distruzioni e vittime; l'eruzione più catastrofica fu quella del 1669, che diede origine ai monti Rossi, presso Nicolosi, distrusse 15 tra casali e villaggi ed investì, rovinandola in parte, la stessa Catania. Come pure arrecò gravi danni l'eruzione, a noi ormai vicina nel tempo, che nel 1928 seppellì del tutto Mascali. (Fu in questa occasione, quando già l'Etna dava preoccupanti segni d'inquietudine, che Mussolini, trovandosi in Sicilia, volle visitare il cratere. Ministri, prefetti, podestà e gerarchi si arrampicarono per sei ore c mezzo sui dirupi di lava; ebbero appena il tempo di affacciarsi alla bocca che la terra cominciò a scuotersi e a ribollire. Dalla voragine salì una spaventosa colonna di fuoco, cenere e pieire incandescenti, nella fuga molti prefetti e podestà si ferirono, quasi tutti smarrirono il fez. Mussolini fu irritatissimo, come per una mancanza di riguardo, e in Sicilia non tornò più). Si trattò, in quel novembre 1928, d'una eruzione veramente impressionante. La crosta della montagna si spaccò per una lunghezza di mezzo chilometro e il fiume di magma si precipitò fino al mate come una cascata; una immensa nube copri l'intera costa. Piovve per tre giorni. Dopo di allora, si ebbero pochi anni di calma. Nel 1942 l'attività riprese. Nel 1950-51 un'eruzione durò 372 giorni e lasciò un cratere largo ottocento metri; le co-ilate laviche discesero fino j ai casali più vicini e li di- strussero. Nell'aprile 1956, j durante tre giorni, le espio-1 sioni si susseguirono al rit-1 mo di sessanta al minuto, le fiamme si innalzarono fino a 300 e 400 metri e l'aspetto del cratere fu completamente trasformato. Il 17 luglio 1960 si ebbe una nuova eplosione di grande rilievo. Mancavano pochi minuti al mezzogiorno, alcune decine di turisti inglesi e francesi che si trova- vano ai margini del crate- re avvertirono improvvisamente che il terreno aveva preso ad oscillare. Ebbero appena il tempo di buttarsi a corsa pazza giù dalla china. Si udì un fragore immenso (un osservatore lo paragonò all'incursione di un migliaio di bombardie- ri), il basamento di roccia [csi sbriciolò come sotto una poderosa spallata e fu lette ralmente scagliato in alto, Pietre, gas, lapilli e ceneri salirono ad un'altezza che venne calcolata di circa diecimila metri. Randazzo, Linguaglossa, Bronte, corsero un pericolo mortale. E adesso, ancora una volta, l'Etna è in piena eruzione. Per fortuna, si tratta di un sommovimento piuttosto lento (la lava è cominciata a sgorgare dalle viscere della montagna il 5 aprile scor- matinllna So, con una velocità media di 35 metri al minuto, con soste e riprese; il gas soffia a 600 chilometri l'ora) anche se come volume di magma espulso dall'interno del cono sembra si tratti di un fenomeno fra i più ampi sinora registrati. Di fatto, via via che l'eruzione si protrae (e negli ultimi giorni si nota una ripresa) le notizie di danni, in un primo tempo limitati ad un pilone della funivia e all'Osservatorio dell'Università di Catania, invaso dalla lava fino al primo piano, si fanno più gravi: poderi distrutti, case rurali devastate, noccioleti e vigneti inutilizzabili per molti anni. In particolare sembra ora minacciato il comune di Sant'Alfio. Di fronte al pericolo, è naturale che tutti si domandino che cosa si può fare. In casi del genere la grande accusata è sempre la scienza. Non è possibile preve- I dere le eruzioni? Non è possibile modificarne il corso? Pino a che punto conoscia-1 "prsdRptvztLlqmiuìstrpdsmo le cause e le ragioni di1 un fenomeno vulcanico? La risnosta è ohe dei vul-1La risposta e che dei vul- ; ncani sappiamo molto, ma inon abbastanza. Nessuno ad esempio è in grado di dire, tino ad oggi, se c'è un rap- ; porto, e quale, fra vulcani e j terremoti. Persino la « carta dei vulcani » sulla quale sono segnate tutte le zone eruttive della Terra, non è completa. Essa registra 600 vul- cani attivi in epoca storica, ma molte eruzioni minori avvenute nei continenti extraeuropei sono passate inosservate e soprattutto finora ci siamo trovati nell'impossibilità di scoprire l'attività eruttiva sottomarina se appena si manifesta ad una profondità nella qua- le la pressione idrostatica è j superiore alla pressione cri- ! tica dell'acqua. Ed è assai '- difficile sapere ciò che acca- | de sotto la superficie terre- j stre. I pozzi più profondi i non superano i settemila me-1 tri (trivellazioni petrolifere), I fenomeni vulcanici sono evidentemente legati al com-1 plesso gioco delle forze che agiscono all'interno del pia- neta. In pratica, l'unica cosa che si può fare è studiare a fon- do ogni singolo vulcano. Co- me ha detto il prof. Alfred Rittman, presidente dell'Istituto internazionale di vulcanologia dell'Università di Ca- tania, « ogni vulcano ha la sila personalità che bisogna conoscere; l'Etna, purtrop- po, lo studiamo solo da po- chi anni ». Trattiamo in altra parte dei giornale, dei metodi di cui attualmente la scienza dispone per « tentare di pre-vedere », con qualche ora o al massimo qualche giorno di anticipo, le eruzioni vul- caniche. Accenniamo soltanto, per la sua novità, alla proposta avanzata dal professor Haroun Tazieff, diret- tore dell'Istituto di vulcano- logia di Parigi, di lanciare bombe - di aereo sulle boc- che del vulcano apertesi nel- le ultime settimane al fine di dirottare, mediante canaloni e argini artificiali, le co- 1 late di lava che in futuro j potrebbero minacciare di ! avviarsi in direzione di cen'- tri abitati, | E' una proposta suggestij va, questa di bombardare il i vulcano a scopo preventivo, 1 ed indubbiamente valida; dal lato tecnico non ci sa rebbe alcuna difficoltà. Ma1 è una misura da usarsi, ri teniamo, solo in caso estre mo. Del resto i precedenti non sono molto incoraggian- ti. Un esperimento del ge nere di quello suggerito dal prof. Tazieff è stato già ten- tato nel 1920 sul vulcano hawaiano Mauna Loa, ma non ebbe successo. Il magma seppellì in parte la città di Hil e si spinse in mare co me una lingua di fuoco, L'unica cosa da farsi è un controllo continuo dei l'Etna, sistematico, minuzio so, accompagnato da una co stante analisi dei campioni di gas e di magma espulso dal sottosuolo. L'applicazio ne periodica degli scannerà — rilevatori agli infrarossi — sarebbe egualmente ne- cessaria. Ma qui, ancora una volta, ci troviamo di fronte a quella difficoltà che tante volte tronca le ali alle ini- ziative più ambiziose, quella dei soldi, E naturalmente, come qua si sempre avviene, finirà che, per voler risparmiare qual- | che cosa oggi, si spenderà di più domani. Non dimentichiamo che j la violenza d'un vulcano in-1 furiato, come dei terremoti, può essere terrificante così da andare al di là delle mi- j sure umane: l'esplosione dell'Etna del 17 luglio 1960, alla quale abbiamo già accennato, pur non disastroi sa, riversò scorie, lapilli e j ; sabbia su oltre 300 chilometri quadrati di terraferma; tenendo conto, così come è possibile, dei materiali caditti in mare, si ritiene che complessivamente siano stati emessi, in quell'occasione, dieci milioni di metri cubi di elementi magmatici. E' chiaro che ogni misura protettiva, anche se costosa, sarà sempre per sua natura, in queste circostanze, anche economicamente redditizia. ! E se per ora non c'è pericolo per le popolazioni, non è detto che sarà sempre co-1 sì. E' bene essere previdenti. Umberto Oddone -f— USTICA Monti M Mutue) A R Satin* 8 I Strèma M R B N o Catania Aeroporti ' | l] Catania. Colata di lava fotografata con il teleobiettivo da Trecastagni nella notte sul 14 maggio (Foto Ap)